Cultura
A Torino, la storia degli ascensori condominiali a pagamento
Negli anni ’60 e ’70, durante il boom economico, emerse l’idea di istituire ascensori a pagamento nei condomini
TORINO – Torino, città simbolo del progresso industriale e culturale italiano, ha visto nel corso degli anni un’evoluzione significativa dei suoi edifici e delle infrastrutture. Tra queste, gli ascensori condominiali svolgono un ruolo cruciale nella vita quotidiana dei torinesi, specialmente in un contesto urbano caratterizzato da numerosi palazzi storici e da una topografia collinare che spesso complica l’accesso ai piani superiori. Con il passare del tempo, è emersa una particolare tipologia di servizio: gli ascensori condominiali a pagamento, che hanno suscitato dibattiti e considerazioni sociali ed economiche.
Le origini degli ascensori condominiali a Torino
L’introduzione degli ascensori nei palazzi torinesi risale alla fine del XIX secolo, quando le nuove tecnologie iniziarono a rendere possibile il superamento delle limitazioni legate all’altezza degli edifici. Inizialmente, l’ascensore era un lusso riservato a pochi, ma con l’espansione della città e la costruzione di nuovi condomini, la necessità di attrezzature per facilitare la mobilità verticale divenne sempre più evidente.
Negli anni ’60 e ’70, il boom economico portò a una massiccia urbanizzazione, e molti condomini iniziarono a dotarsi di ascensori. Tuttavia, non tutti gli edifici avevano le stesse capacità economiche o strutturali per mantenere un servizio costante e gratuito. Fu in questo contesto che emerse l’idea di istituire ascensori a pagamento, con l’obiettivo di coprire le spese di gestione e manutenzione.
L’implementazione del servizio a pagamento
L’implementazione degli ascensori a pagamento avvenne progressivamente. Le prime sperimentazioni risalgono agli anni ’80, quando in alcuni condomini vennero installati tornelli o sistemi di accesso che richiedevano il pagamento di una piccola somma per utilizzare l’ascensore. Questo modello si è diffuso soprattutto nei condomini con un elevato numero di residenti e dove le spese di manutenzione risultavano onerose.
Il sistema ha suscitato reazioni miste tra i residenti: da una parte c’era chi approvava l’idea di un servizio che garantiva la sostenibilità economica degli ascensori, dall’altra chi riteneva inaccettabile pagare per un servizio considerato essenziale. Le discussioni si infiammarono, portando anche a controversie legali in alcuni casi.
Impatto socioculturale e normativo
Nel corso degli anni, il dibattito sugli ascensori condominiali a pagamento ha sollevato questioni non solo pratiche, ma anche socioculturali. L’accesso agli ascensori è diventato un simbolo della segregazione sociale, dato che le famiglie con minori disponibilità economiche potevano trovarsi svantaggiate. Questa situazione ha portato a una richiesta di regolamentazione da parte delle autorità competenti, con l’obiettivo di garantire un accesso equo ai servizi.
Nel 1991, il Comune di Torino ha cercato di normare il settore, stabilendo che l’uso degli ascensori condominiali non poteva essere vincolato a un pagamento, salvo eccezioni giustificate da particolari necessità economiche o strutturali. Questo ha portato l’amministrazione a riflettere su soluzioni alternative, come la creazione di fondi comuni per la manutenzione degli ascensori, coinvolgendo inoltre le associazioni di categoria e i residenti.
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