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Cronaca

Incassavano l’Assegno Sociale dell’INPS dei parenti defunti o senza risiedere in Italia: denunciati sei cittadini stranieri

Fino ad oggi, l’indagine dei Carabinieri ha portato alla denuncia in stato di libertà di sei cittadini stranieri e ha avviato le procedure per la revoca delle somme percepite illecitamente, per un totale che supera i 220.000 euro

Elena Prato

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TORINO – Il Nucleo Carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro di Torino ha intrapreso un’indagine complessa e strutturata, mirata a contrastare le frodi ai danni degli enti previdenziali e assistenziali, con un focus specifico sull’Assegno Sociale erogato dall’INPS.

 

Questa inchiesta ha coinvolto l’analisi approfondita di circa 900 posizioni di cittadini stranieri residenti nella Città Metropolitana di Torino, portando alla luce l’irreperibilità di alcuni di loro sul territorio italiano. È stato inoltre verificato che questi individui non hanno effettuato vaccinazioni o controlli medici durante la pandemia e non sono iscritti presso un medico di base, elementi che hanno contribuito a confermare la loro mancanza di diritto alla percezione del beneficio.

 

Le verifiche condotte dai Carabinieri si sono concentrate su specifiche attività di monitoraggio presso le ultime residenze dichiarate dai soggetti coinvolti, oltre che sui medici di famiglia, e hanno incluso un controllo incrociato tra diverse banche dati. Questo ha permesso di constatare che alcuni beneficiari, nonostante riscuotessero regolarmente l’Assegno Sociale, non risiedono più in Italia da tempo. In collaborazione con Ambasciate e Consolati, è inoltre emerso che alcuni percettori indebiti risultano deceduti, mentre altri vivono stabilmente all’estero. In alcuni casi, è stato appurato che gli eredi, pur consapevoli dell’irregolarità, hanno continuato a prelevare i fondi destinati ai parenti defunti.

 

Fino ad oggi, l’indagine dei Carabinieri ha portato alla denuncia in stato di libertà di sei cittadini stranieri e ha avviato le procedure per la revoca delle somme percepite illecitamente, per un totale che supera i 220.000 euro. I reati contestati sono di notevole gravità e comprendono la percezione indebita di erogazioni a danno dello Stato, l’uso illecito e la falsificazione di strumenti di pagamento, nonché la truffa aggravata.

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