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Biella

Nomen Omen, un caso irrisolto che torna dopo 30 anni, l’intervista con Daniela Gusi

L’intervista con l’autrice

Gabriele Farina

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TORINO – Vogliamo chiamarlo “cold case“? In fondo è proprio quello che ci racconta Daniela Gusi con il suo Nomen Omen, Neos Edizioni, un giallo ambientato nella provincia di Biella che si snoda nel corso di 30 anni.

Siamo nel 1993 ed una facoltosa imprenditrice viene rapita. Il marito paga il non esagerato riscatto ma la donna non viene restituita. A quel punto l’uomo si rivolge alla polizia e comincia un’indagine che sembra non avere appigli certi. Niente indizi, niente movente, niente corpo della vittima. Viene però fuori un ritratto familiare e lavorativo inquietante fatto di invidie e tradimenti, a cui si somma uno spaccato di provincia non certo brillante.

Il corpo della vittima viene ritrovato solo 30 anni dopo e il caso ormai dimenticato affidato al migliore degli ispettori su piazza: l’ispettore Caruso. Anche lui però fatica a tirare le fila di un mistero che sembra non avere nè testa nè coda. In 30 anni nessuna delle persone coinvolte ha cambiato stile di vita. Che fine hanno fatto i soldi del riscatto?

Il giallo che ci propone Daniela Gusi è di ampio respiro temporale. L’autrice dissemina indizi ma è compito del lettore (e dell’ispettore Caruso) tirare le fila e capirci qualcosa. Quello che è chiaro è lo spaccato di squallore che coinvolge i protagonisti della vicenda, dal marito della vittima alla vittima stessa, dal benzinaio fanatico religioso al collega innamorato e vendicativo, al barista lascivo all’albergatore che sfrutta le debolezze dei suoi clienti.

Intervista con Daniela Gusi

Un giallo che si snoda su 30 anni non è una scelta usuale. Come è nata questa storia?

Quando i miei genitori sono venuti a mancare ho svuotato casa loro e ho recuperato i miei manoscritti degli anni 90: uno di questi parlava per l’appunto del rapimento di una giovane imprenditrice, americana (ero nel mio periodo esterofilo), e mi è sembrato uno spunto da cui era possibile ricavare qualcosa di valido. Inizialmente non era mia intenzione utilizzare due collocazioni temporali diverse, ma uno degli elementi fondamentali delle indagini era dato dal fatto che il marito non dovesse essere rintracciabile dai rapitori in modo immediato, e nell’era dei cellulari non sarebbe stato credibile. E visto che le indagini dovevano essere svolte da Caruso e Guardincasa (che sono già stati i miei investigatori nei due precedenti romanzi che ho autopubblicato su Amazon) non era possibile ambientare la storia solo nel 1993. Quindi, l’unica cosa possibile, era raccontare un cold case.

Non è usuale nemmeno che l’eroe, l’ispettore Caruso, compaia a metà romanzo. Ci racconti il tuo personaggio?

Come spiegato prima, Caruso è già stato il protagonista di due miei precedenti lavori. Mi è uscito dalla penna in modo casuale, anche perché nella sua prima avventura non è proprio lui l’attore principale, recita per così dire in secondo piano, pur arrivando alla fine a risolvere l’indagine che gli viene affidata. Mi stimolava l’idea di vederlo di nuovo all’opera, e nel secondo libro non ho avuto esitazioni a dargli in mano le chiavi del caso, a lui e a Guardincasa, da sempre suo fidato assistente. E’ un attento e coscienzioso ufficiale di polizia, senza particolari elementi distintivi: marito e padre di famiglia, non sopporta le soluzioni a metà, per risolvere un caso tutti gli elementi devono andare al loro posto, come se si trattasse di un gigantesco puzzle. E se questo non avviene, vuol dire che il caso non è stato chiuso nel modo corretto. La genesi del suo nome è data dal cognome del tenore Enrico Caruso, che era tanto caro al mio papà, e dal nome di mio marito, Giuseppe, che ho preferito usare nel diminutivo di Pino. So che c’era anche un attore degli anni 70/80 che si chiamava proprio Pino Caruso, ma si tratta di una coincidenza non voluta.

La particolare struttura del romanzo fa sì che ci troviamo di fronte a due inchieste con diversi inquirenti. Non temi che il lettore possa affezionarsi ad un personaggio più che ad un altro?

Non mi sono posta il problema. Credo che ogni persona che si approccia ad un romanzo lo faccia in maniera soggettiva, ed è ovvio che si possano creare simpatie o antipatie esattamente come nella vita reale. Non ritengo però che affezionarsi di più ad un personaggio piuttosto che a un altro sia negativo. Ognuno di loro ha delle peculiarità che spero di aver ben descritto nel romanzo, l’immedesimarsi in uno o nell’altro spetta a chi legge.

Lo spaccato sociale che viene fuori dal romanzo racconta una provincia inquietante. Abbiamo una coppia che si tradisce bellamente, un barista lascivo, un benzinaio fanatico religioso, un gestore di Motel che sfrutta le debolezze dei clienti. Che mondo è quello che racconti?

Mi piace il termine che hai usato, ‘provincia inquietante’! Non penso che verrebbe mai usato lo stesso aggettivo per una metropoli, perché in qualche modo ci si aspetta già che lo sia, per il tasso di criminalità ed i vari problemi di civica convivenza. Era proprio il messaggio che volevo far passare: la provincia, che in linea di massima consideriamo più tranquilla, è in realtà lo scenario ideale per lo svolgimento di crimini che non dovrebbero avvenire.
In uno dei suoi romanzi, Agatha Christie (autrice che adoro alla follia!) fa rispondere così Miss Marple a suo nipote che le aveva in modo sarcastico fatto notare che viveva in un paese che sembrava uno stagno morto: “La similitudine non è molto felice, caro Raymond, se non sbaglio non c’è nulla di più brulicante di vita della goccia d’acqua di uno stagno sotto la lente del microscopio.” Un delitto in provincia, in un paese, in un posto in cui tutti si conoscono, è un fatto che desta scalpore, ed era proprio la sensazione che cercavo.

Trovi che i “cold case” abbiano un fascino particolare?

Sì, anche perché dal punto di vista narrativo danno molti spunti e la possibilità di collegare elementi diversi tra loro. I ricordi e le sensazioni rivissute dopo tanti anni dai protagonisti rendono a mio avviso più interessante il racconto, e anche le indagini. Soprattutto perché spesso, a distanza di tempo, cambia le emozioni che scatena in loro.

Ci saranno nuove avventure per l’ispettore Caruso?

Sì, lui e Guardincasa sono già alle prese con un’altra indagine nel prossimo libro a cui sto lavorando. Anche perché, come si dice? Squadra vincente non si cambia.

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