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Ambiente

Peste Suina, il comparto suinicolo vive l’incubo del “suo” Covid-19

Il settore chiede depopolamento dei cinghiali e ristori per danni diretti e indiretti

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CUNEO – “Se dal 2020 anche nel nostro Paese abbiamo dovuto iniziare i fare i conti con un’emergenza sanitaria di proporzioni immani e dalle conseguenze che ben tutti purtroppo conosciamo, adesso la filiera suinicola locale e nazionale si trova in una situazione per certi versi simile, con le dovute proporzioni, a quella generata dalla pandemia del Covid-19 e servono misure allo stesso modo urgenti ed eccezionali. Pur ribadendo che la Pesta Suina Africana è una malattia virale che non si trasmette all’uomo, numerose e nefaste conseguenze le sta avendo invece sull’intera economia zootecnica e non solo. Attualmente si stimano oltre 20milioni di euro al mese di perdite dirette per la filiera suinicola nazionale, ma in realtà sono molte di più”. Il presidente di Confagricoltura Cuneo, Enrico Allasia, lancia l’ennesimo monito sulle gravi ripercussioni che l’epidemia di PSA ormai diffusa in molte aree del Nord Italia sta avendo su una delle più preziose risorse dell’agroalimentare della Granda e del Piemonte.

I dati del comparto

Secondo i dati dell’Anagrafe Zootecnica Nazionale, al 30 giugno scorso in Piemonte si contano 1.164 allevamenti suinicoli, di cui 737 in provincia di Cuneo, per un totale di quasi 1 milione e 300 mila capi (930mila allevati in Granda). La nostra regione, secondo l’ultimo rapporto di ISMEA, è al secondo posto (16%) per consistenza di suini dopo la Lombardia, dove viene allevata circa la metà del patrimonio nazionale di maiali. In Italia sono censiti oltre 26 mila allevamenti, ma negli ultimi cinque anni si è registrata l’uscita dal mercato di oltre 6.000 di essi (-19% tra il 2019 e il 2023) a causa delle criticità che hanno interessato il settore, accentuando un processo di concentrazione già in atto. In Italia nel 2023 la produzione agricola suinicola ha generato un valore di 4,3 miliardi di euro mentre la trasformazione è arrivata a 9,1 miliardi di euro (il 4,7% del fatturato dell’industria agroalimentare).

“Se ancora ce ne fosse bisogno, questi dati evidenziano in modo chiaro come siamo al cospetto di un comparto che non può essere considerato secondario e che nella nostra provincia non solo esprime numeri significativi, ma anche produzioni di elevata qualità, quasi interamente destinate al circuito delle DOP – prosegue Allasia –. Le misure introdotte della nuova ordinanza commissario straordinario per la PSA, Giovanni Filippini, sono estremamente impattanti sugli allevamenti e in mancanza di adeguati ristori a breve molte aziende saranno costrette a chiudere i battenti. L’epidemia, infatti, avanza e porta con sé numerose questioni da risolvere: dai costi per lo smaltimento degli animali fermi in allevamento, alla necessità di estendere la cassa integrazione ai lavoratori delle aziende colpite dalla crisi, alla mancanza di reflui necessari al funzionamento degli impianti a biogas e molto altro”.

Cosa vuole il settore?

“Continuiamo a chiedere un cambio di passo che, se nei provvedimenti normativi c’è stato, ancora non si è tradotto in risultati concreti ed efficaci tali da garantire una prospettiva meno grave per il comparto. Purtroppo, i numeri parlano di un aumento esponenziale di cinghiali infetti in tutta Italia e, di conseguenza, il contagio non può che continuare ad estendersi portando sempre più aziende sul lastrico. Occorre imprimere con forza una svolta nel depopolamento dei cinghiali, principali vettori della malattia, con provvedimenti che superino le normative vigenti e i regolamenti di ATC e CA, oltre ad adottare ogni misura utile a ristorare dei danni diretti e indiretti le aziende che oggi risiedono all’interno delle aree coinvolte”, conclude Roberto Abellonio, direttore di Confagricoltura Cuneo.

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