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Cronaca

Intervista a Monica Gallo, garante dei detenuti a Torino: “i reclusi hanno perso la pazienza. Le proteste pacifiche sembrano finite, la voce si sta facendo più grossa”

Violenza degli agenti per reprimere le rivolte? “Non ci è arrivata nessuna segnalazione”. Perché proprio in queste settimane? “Caldo torrido, stop alle attività, l’estate alza il livello di conflittualità”

Sandro Marotta

Pubblicato

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TORINO – “La stagione delle battiture e delle proteste pacifiche sembra finita, la voce si sta facendo più grossa”: così analizza l’attuale situazione carceraria Monica Gallo, che riveste il ruolo di garante delle persone private della libertà personale a Torino. Perché i detenuti protestano proprio ora? Che richieste arrivano al garante? Ci sono state violenze sui detenuti rivoltosi? Lo abbiamo chiesto a Gallo, a distanza di poche settimane dalla rivolta nel carcere minorile Ferrante Aporti e dalle proteste al Lorusso e Cutugno (qui l’ultimo episodio).

Monica Cristina Gallo, i detenuti hanno segnalato episodi di repressione violenta dopo le proteste delle scorse settimane?

Innanzitutto devo precisare che sia io che i miei collaboratori stiamo andando in carcere regolarmente per i colloqui nonostante il periodo complesso la nostra attività non si è interrotta. Detto questo, non ci sono arrivate segnalazioni di repressione violenta durante i disordini. Al Ferrante Aporti ho assistito personalmente al trasferimento di alcuni detenuti che avevano protestato e gli agenti hanno agito adottando empatia. Indubbiamente le persone private della libertà ci dicono che sono situazioni molto complesse di vivibilità.

Cioè?

A noi si rivolgono soprattutto coloro che non condividono i metodi delle proteste o delle rivolte, ma che in qualche modo ne sono coinvolti. Ci sono arrivate narrazioni di detenuti che non hanno partecipato a queste azioni, ma che trovandosi nella stessa sezione  hanno inevitabilmente respirato fumi di materassi bruciati. Iniziano ad esserci delle difficoltà di convivenza.

Che richieste le sono arrivate dai detenuti più violenti?

In realtà quasi nessuna, chi mette in atto proteste, anche violente non è predisposto a percorsi di dialogo e mediazione e quindi difficilmente si rivolge al garante.

Non hanno fiducia?

Non saprei se si tratta di fiducia, penso piuttosto che il ruolo del Garante non sia visto come indipendente e quindi con difficoltà da parte di alcuni detenuti di confronto. Periodi di grande difficoltà come questo rendono anche meno effettivo ed impattante il ruolo di garanzia dei diritti, è difficile dialogare con chi vive la detenzione con rabbia e frustrazione.

Perché?

Hanno perso la pazienza. C’erano delle attese in particolare di misure deflattive. Ad esempio la liberazione anticipata (presentata alla Camera dal deputato Giachetti nel 2022 e attualmente ancora ferma in Commissione ndr); anche nell’attuale decreto (d.l. 92/2024 anche detto “decreto carceri” ndr) non vedono misure immediate che permettano loro di vivere meglio. C’è anche molta frustrazione: un detenuto con problemi di tossicodipendenza potrebbe, ora,  andare a scontare il resto della pena in comunità riabilitativa, ma sa bene che la lista dei luoghi per accedere non è ancora attiva e ci vorrà ancora tempo. La stagione delle battiture e delle proteste pacifiche sembra finita, la voce si sta facendo più grossa.

Che cosa le dicono i detenuti giovani durante i colloqui?

É più facile che lo prendano come un momento di sfogo. Spesso mi raccontano il loro viaggio che li ha portati ad entrare in carcere, il loro percorso di vita. La maggior parte degli incontri avviene in gruppo in modo che per i ragazzi sia più semplice raccontare e raccontarsi .

Alcuni detenuti fanno parte della scena rap/trap torinese. Le è mai capitato di ricevere richieste di giovani musicisti che vorrebbero tempo e attrezzatura per provare a trasformare il proprio talento in un lavoro una volta fuori?

No, anche questo tipo di richieste non ci arriva. Forse si confidano maggiormente con i formatori.

Perché protestano proprio in questo periodo?

L’estate è un periodo molto difficile per chi è in carcere. Sia per il caldo torrido, sia per l’interruzione delle attività di studio, formazioni, culturali e ricreative. Per molti lo stop a queste attività dà inizio a un periodo di profonda riflessione che senza supporto a volta alza il livello di conflittualità.

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1 Commento

1 Commento

  1. Avatar

    roberto

    23 Agosto 2024 at 22:23

    Lo Stato, la Meloni, il giullare e il Nordio non solo sono fuori dalla realtà e non comprendono la gravità della situazione, ma istigano e continuano a non voler capire e sentire, facendo dichiarazioni che vanno ben oltre il buon senso, lo stato si deve prendere cura di tutti i suoi cittadini AGEVOLANDO LE CONDIZIONI AFFINCHE’ CHI SI RITROVA IN UN PERIODO DI DIFFICOLTA’ POSSA RECUPERARE IL DISLIVELLO….invece questi dividono e catalogano, imponendo repressione e a tutti, ma soprattutto a chi per loro ha sbagliato….privandolo di tutti i diritti.

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