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Cultura

L’incredibile storia del commendatore Giacomo Chiuminatto

Giacomo nasce a Bolzaneto, in provincia di Geno­va ma è nel Canavese che si trova la culla della famiglia Chiuminatto

Alessia Serlenga

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TORINO – La vita di Giacomo Chiuminatto è stata per lungo tempo dimenticata, tuttavia, grazie al recupero di documenti storici, di vecchi articoli giornali e delle dirette testimonianze dei suoi discendenti è stato possibile riportare alla luce la sua vita.

Giacomo Chiuminatto nasce il 15 aprile 1884, a Bolzaneto, in provincia di Geno­va, nonostante la sua famiglia provenga da Cintano, in provincia di Torino. Due possono essere le ipotesi per spiegare questa strana circostanza: la prima è che le famiglie piemontesi erano solite andare in villeggiatura in Liguria, il mare loro più vicino, oppure la seconda è che il padre di Giacomo, Antonio Chiuminatto, costruttore edile di professione, come lo sarà in seguito anche il figlio, era solito spostarsi per lavoro, quindi è possibile che in quel periodo tutta la famiglia si tro­vasse a Bolzaneto.

Tuttavia, è nel Canavese, più precisamente a Cintano, che si trova la culla della famiglia Chiuminatto. Ancora oggi, in quel piccolo comune tra le colline piemonte­si, esiste Via Chiuminatto e, poco distante, Villa Aurora, residenza storica della famiglia.

Nonostante non fosse il primogenito, è lui a prendere il posto del padre nell’a­zienda di famiglia a Cintano ed è proprio in quel comune che, nel 1910, si sposa per la prima volta. Resta vedovo poco tempo dopo e, il 12 novembre del 1914, si risposa con la diciassettenne Angiolina Leonardo, di tredici anni più giovane di lui. È la figlia di un noto pasticcere, che aveva lavorato presso la Corte dei Savoia, ma che decise di lasciare Torino per tornare a Castellamonte ed aprire una propria pasticceria.

Nel periodo della Prima Guerra mondiale la vita per Giacomo, ormai più che trentenne, è difficile ma esaltante allo stesso tempo. Si occuperà della costruzione di strade e ferrovie per il trasporto dei soldati e della logistica. Un ruolo che si rivelerà fondamentale, tanto che gli viene conferita l’onorificenza di Commendatore.

In quello stesso periodo la sua vita privata attraversa un periodo buio: dopo la perdita dell’amata sorella minore, Marta, a causa di una lunga malattia, si scontra con la dolorosa possibilità di non poter diventare padre, dato che la moglie, malgrado sia rimasta incinta diverse volte, non riesce a portare a termine nessuna gravidanza. Così, quando la moglie gli comunica di essere rimasta nuovamente incinta, la fa trasferire in albergo per assicurarle un assoluto riposo. Nasce infatti Antonio, seguito da Maria e nel 1923, nasce la loro terzogenita, Bianca.

La collabora­zione tra Chiuminatto e Gussoni

Il Commendatore e l’architetto Gussoni progettano insieme la Villa sita ancora oggi, tra Corso Trento e via Galliano, con l’intento di farne un edificio talmente maestoso da lasciare incantato chiunque gli passasse a fianco.
In questo progetto compaiono elementi nuovi, che sembrano voler sottolineare il prestigio e il mestiere dei Chiuminatto. Come per Villa Aurora a Cintano, dove sul parapetto dei balconi sono disegnati elementi che rievocano il mestiere edilizio, ad esempio un compasso e un martello, anche nella villa a Torino sono presenti affreschi interni che rappre­sentano un chiaro richiamo a quella professione. Sempre negli affreschi interni, un riferimento ancora più diretto alla figura di Chiuminatto, sembra scorgersi nei tratti dell’uomo dagli occhi azzurri e dai capelli castano chiaro. Nonostante non si possa dimostrare l’effettiva somiglianza dell’uomo ritratto con il vero Giacomo Chiuminatto, possiamo senz’altro coglierne le similitudini in alcuni tratti, come gli occhi azzurri e i capelli castano chiaro.

La Seconda Guerra Mondiale

Dal 1923 al 1927 la ditta edilizia Chiuminatto si occupa della costru­zione del ponte in ferro e della galleria del tratto ferroviario Gioia Tauro-Sinopoli, nei pressi del paese Sant’Eufemia di Aspromonte. Il suo cantiere porta lavoro e consente al piccolo paese di Sant’Eufemia una inattesa prosperità, tanto che la cittadinanza decide di onorare Chiuminatto intitolando una strada del paese a suo nome.

In ambito notarile, per diversi anni, si perdono le tracce dell’elegante villa torinese; si ritrovano nel 1933 nelle carte di una causa legale per mancato pagamento dei fornitori e degli arredatori della casa, in cui è lo stesso Chiuminatto a discono­scerne la proprietà. In seguito, la Villa riappare nei registri notarili solo nel 1937, quando un certo Gino Burgagni, fratello del Capitano reggente della Repubblica di San Marino Nelson Burgagni acquista la Villa.

La famiglia di Giacomo è costretta a trasferirsi nella casa dei genitori di Angiolina, a Castellamonte; è lì che trascorrono la loro infanzia Mirella ed Er­minia, le ultime figlie della coppia, completamente ignare dei lussi che avevano caratterizzato quella del fratello e delle sorelle maggiori.

Nel 1943 in uno dei tanti rastrellamenti effettuati dalle SS naziste, Giacomo, ormai sessantenne, viene colpito alla schiena da un proiettile tedesco. Sopravvive, ma sarà costretto a rimanere in carrozzina per il resto della sua vita, e il suo fisico ormai stanco non si riprenderà mai completamente da quell’evento.

Giacomo Chiuminatto si spegnerà nella Città Eterna nel 1951, a sessantasette anni.

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