Cultura
Ennio Tomaselli ci racconta Uno come tanti
L’intervista con l’autore
TORINO – Si intitola Uno come tanti ed è il nuovo romanzo di Ennio Tomaselli, edito da Manni. Tomaselli è un ex magistrato che ha lavorato a Torino soprattutto in ambito minorile e con questa storia molto articolata ci porta nel mondo che conosce bene.
Fabrizio è infatti un giovane che sta affrontando il concorso per entrare in magistratura. Con lui lo affronta anche la fidanzata Donata, ma proprio quel concorso e la morte contemporanea del padre di Fabrizio rivoluzionerà copletamente le loro vite.
Il nostro scopre infatti che ha un padre biologico diverso da quello che ha sempre pensato e che questo padre era un magistrato, scomparso prima della sua nascita. Partirà per un viaggio nello spazio e nel tempo che lo porterà a contatto con storie dimenticate (ma non da tutti) e gli farà scoprire in maniera violenta uomini e donne, ‘ndrangheta e terrorismo, i mali dell’Italia.
E’ un viaggio di crescita, di avvicinamento, di rinascita, la scoperta di mali che Fabrizio riteneva lontani nel tempo e che scopre invece ancora ben presenti. Un romanzo che racconta una storia ma racconta anche tanto della Storia d’Italia.
L’intervista con Ennio Tomaselli
Un romanzo di crescita, di conoscenza, di rinascita, di scoperta… “Uno come tanti” è tutto questo?
Sì, “Uno come tanti” è tutto questo, e forse anche altro, perché è un romanzo che si rispecchia in una realtà estesa, variegata e complessa, nell’intreccio fra l’oggi e un periodo emblematico del Novecento italiano. Conoscenza, scoperta, crescita, per giovani come Fabrizio, Rosaria, Martina, ma anche Frank, Alessandro… Mentre per Matteo, il padre del protagonista, Fabrizio, si tratterà di riemergere: un impegno individuale, legato alla sua storia, ma nel quale verrà affiancato dal figlio, destinato a riceverne il testimone. C’è, quindi, anche il tema della riparazione, della ricucitura richiamata dalla copertina del libro.
Che personaggio è Fabrizio Martini?
Fabrizio Martini è, con il padre Matteo, uno dei due protagonisti del romanzo e il personaggio che maggiormente vi compare. È presente in 22 dei 25 capitoli, nella prima e nell’ultima pagina del libro. Ho impostato la storia partendo dal proposito di Fabrizio di entrare in magistratura e lasciando aperto, al riguardo, il finale (anche se l’autore ˗ come, spero, il lettore ˗ “tifa” per lui, e non solo). È un personaggio che nel romanzo compie un grande percorso: sul territorio (Piemonte, Calabria, di nuovo Piemonte, poi il trasferimento e il matrimonio in Sicilia, con la prospettiva, in caso di superamento del concorso, di nuovi trasferimenti) e soprattutto dentro di sé, sotto forma di una sempre maggiore consapevolezza, acquisita grazie alle sue risorse personali nonché al confronto con gli altri e con realtà spesso dure e financo tragiche, quale la fine di tutte le figure genitoriali (il padre biologico Matteo, la madre Franca, in precedenza il padre che l’ha cresciuto, Ernesto). Mi sembra, comunque, un personaggio credibile, anche per quegli aspetti di fragilità, impulsività, reattività, a volte eccessiva, che lo connotano soprattutto prima della “scoperta”, in tutti i sensi, di Matteo.
Nel romanzo si passa dalla ‘ndrangheta al terrorismo, alcuni dei mali che hanno caratterizzato e ancora caratterizzano il nostro Paese. Quanto è difficile raccontare queste storie?
Per me la narrazione è stata complessa, e in questo senso difficile, perché ho dovuto inserire l’agire, in tempi anche significativamente diversi, dei miei personaggi di fantasia in contesti che, sia per il passato (terrorismo) che per il presente (criminalità organizzata, nel suo divenire soprattutto dagli anni Ottanta; illegalità variegata e diffusa…), fossero aderenti alla realtà, “riconoscibili” da parte dei lettori al di là delle loro rispettive fasce d’età. Compiuta la scelta di fondo, in direzione di un intreccio narrativo comprensivo sia di passato che di presente, non mi restava che impegnarmi al massimo.
Fabrizio nel corso della storia incontra diversi personaggi dalle caratteristiche più disparate. Quali sono quelli fondamentali nel suo percorso di crescita?
Ritengo fondamentali per Fabrizio quattro figure, due maschili e due femminili: il padre Matteo (con cui Fabrizio inizia a rapportarsi già prima dell’incontro in Calabria, attraverso la lettura del diario, di un racconto e della sentenza di Corte d’Assise), la poliziotta Martina (con cui si creerà, fra alti e bassi e non pochi scontri, un legame affettivo assimilabile a quello fratello/sorella maggiore), l’ex poliziotto calabrese Gregorio (che lo guida a lungo e fra mille complicazioni, creando anche in questo caso un legame affettivo) e Rosaria, che “parte malissimo” ma tira fuori via via, anche qui fra svariati problemi, risorse ˗ affettive ma anche d’iniziativa/inventiva ˗ che contribuiranno non solo alla formazione della coppia ma ad arricchire il percorso di maturazione, in tutti i sensi, di Fabrizio.
Uno dei temi principali del romanzo è il rapporto tra legalità e giustizia, con la magistratura che deve fare da arbitro in situazioni che difficilmente sono o bianche o nere. Il bene e il male nella vita reale non sempre sono divisi da un confine netto?
Nella mia esperienza, in cui è stato cruciale il servizio in magistratura (con varie funzioni dal 1978 al 2013), il confine fra il bene e il male, pur segnato dalle “carte” (le norme) e anzitutto dalla coscienza e spesso dal semplice buon senso, diventa talvolta meno riconoscibile in concreto, soprattutto se si creano intrecci “perversi” per uscire dai quali si finisce per imboccare percorsi non rettilinei, forieri di problemi ulteriori. A livello narrativo, in “Uno come tanti” la storia di Matteo è emblematica di tutto ciò.
Con “Uno come tanti” ci porti in un mondo che conosci bene: cosa significa per te essere un magistrato?
Significa soprattutto aver compiuto un percorso, di servizio alla collettività, che ho scelto di svolgere attraverso vari “mestieri” di magistrato: giudice di tribunale ordinario, giudice minorile, pubblico ministero minorile (poi anche dirigente della Procura della Repubblica per i minorenni di Torino), sostituto procuratore generale (e, dunque, pubblico ministero in grado d’appello). Da questo punto di vista ho provato empatia, rispetto ai personaggi del romanzo, non solo nei confronti di Matteo (assai prossimo a me anagraficamente) ma anche per chi, a partire da Fabrizio, decide di impegnarsi su ciò che può essere più arduo di un tema d’esame, di confrontarsi con realtà sempre nuove e, tendenzialmente, sempre più complesse. Uno come tanti è un romanzo ma, nell’ideazione e nella scrittura, ha certamente influito molto la realtà della mia esperienza in magistratura (non è un caso che dal 2015 al 2024 siano usciti cinque miei libri: da un saggio sulla giustizia minorile a una sorta di “trilogia” narrativa minorile, a “Uno come tanti”).
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