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“Viva la Repubblica!” La storia raccontata dai piemontesi in occasione del 2 giugno

A Torino, culla della dinastia, mentre i monarchici accettano la sconfitta con compostezza, i repubblicani festeggiano la loro vittoria

Alessia Serlenga

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TORINO – Il 2 giugno 1946, alla fine della guerra i torinesi, come tutti gli italiani, furono chiamati alle urne dove si teneva il Referendum sulla forma di Stato: Monarchia o Repubblica? Ma anche l’elezione del Parlamento incaricato di dare una nuova Costituzione all’Italia.

In città, una leggera pioggerella bagnava le ordinate e pazienti fila dei torinesi in coda fuori dalle scuole, per mettere quella fatidica “X”. Un semplice segno di matita che avrebbe definito per sempre, il futuro della corona.
L’esito del voto era chiaro anche se, la proclamazione ufficiale della Repubblica avvenne nella giornata del 5 giugno, per via di un caos nei conteggi nel resto del Paese.

E mentre la vecchia aristocrazia sabauda si eclissava nello sconforto, liberali, socialisti, parte dei democristiani e comunisti gioivano: drappelli di manifestanti pacifici manifestarono con il tricolore privo dello stemma sabaudo per via Roma, Piazza San Carlo e di fronte a Palazzo Reale, in Piazza Castello, simbolo per eccellenza del vecchio potere.

Come i Savoia si sentirono “traditi” dalla loro città

I giornali dell’epoca dissero che alle ore 16 del 5 di giugno 1946 i voti per la repubblica furono 309.699 mentre la monarchia si fermò sui 226.688. Nella “vecchia culla della libertà in Italia” come il cinegiornale definisce Torino, “la pioggia non è riuscita a scoraggiare gli elettori”; alle urne si recano in 891.522, il 90,02% degli aventi diritto. Un dato superiore a quello nazionale, che registra un’affluenza del 89,08%.
Nonostante la secolare convivenza con i Savoia, gli abitanti di Torino e provincia superano il dato nazionale nelle preferenze a favore della Repubblica: in Italia coloro che votano per la fine della Monarchia rappresentano il 54,27% dei voti validi, nella provincia torinese gli elettori repubblicani sono 489.290, il 58,24% dei voti validi, contro i 350.883 che votarono per il mantenimento della forma istituzionale del vecchio Stato Monarchico.

1946: finalmente le donne votano per la loro seconda volta!

Il diritto di voto dal 1946 al 1975 era riservato ai maggiori di 21 anni. Le donne che allora hanno potuto votare, oggi hanno dai 91 anni in sù.
Un cinegiornale dell’Istituto Luce rivela un particolare interessante: in molti seggi, in quel fatidico 2 giugno, ci furono più elettrici che elettori. Nel video si riconoscono inoltre, anche due giocatori del Grande Torino: Felice Borel e Guglielmo Gabetto.

A differenza di quanto comunemente si ricorda, il suffragio femminile in Italia non iniziò infatti con il referendum del 2 giugno 1946 per scegliere tra Repubblica e Monarchia, svolto in contemporanea alle elezioni per scegliere i membri dell’Assemblea Costituente, bensì alcuni mesi prima in occasione delle elezioni amministrative: il 10 marzo del 1946.

Testimonianze:

“Sentivamo la gioia di essere finalmente libere, come italiane e come donne”

“Una lunghissima attesa davanti ai seggi elettorali. Sembra di essere tornati alle code per l’acqua. Ripassavamo mentalmente la lezione: una crocetta accanto al nome. Stringevamo quelle schede a noi come biglietti d’amore. Si vedevano molti sgabelli pieghevoli infilati sotto al braccio di donne timorose di stancarsi. Le conversazioni che nascono tra donne e uomini hanno un tono diverso, alla pari”.

“Al seggio dovevamo andare senza rossetto alle labbra. Siccome la scheda doveva essere incollata, non doveva avere alcun segno di riconoscimento: le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto”

“Mi ricordo, andai con mia mamma a votare. Ricordo che la gente diceva che bisognava scegliere per la repubblica”

“Io votai la prima. Allora ero monarchica, quindi rimasi delusa quando seppi l’esito del referendum. Ma con l’andare del tempo ho cambiato idea. L’ho cambiata io come tanti altri: con il procedere degli anni siamo diventati tutti repubblicani”

(Informazioni tratte dal Polo del ‘900 e dalle Teche Rai)

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