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Scuola e formazione

UniTo: c’è chi vuole di più dall’incontro Geuna-occupanti di Palazzo Nuovo. “La riunione deve includere anche gli studenti non occupanti”

Un gruppo di studenti chiede che siano inclusi nel confronto con il rettore anche un rappresentante per ciascuna organizzazione iscritta all’albo di UniTo

Sandro Marotta

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TORINO – Non basta un incontro tra il rettore di UniTo Stefano Geuna e una delegazione di studenti che stanno occupando Palazzo Nuovo. Un gruppo di 300 studenti non occupanti vuole partecipare con una piccola delegazione all’incontro con il rettore, “per ascoltare voci discordanti e trovare una soluzione condivisa” e con lo scopo di “portare avanti insieme il dialogo con i vertici della comunità accademica e una battaglia in cui tutt* crediamo”.

Il virgolettato qui sopra è tratto da un appello di 4 pagine firmato da circa 300 studenti che, pur non occupando gli spazi di Palazzo Nuovo, vogliono che i vertici dell’Università rivedano gli accordi siglati con gli atenei israeliani. L’obiettivo, comune ai due gruppi di studenti, è evitare che gli atenei partecipino in progetti diretti a creare materiale “dual use“; il Ministero degli Affari Esteri spiega (qui) che “per prodotti a duplice uso s’intendono i prodotti, inclusi i software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare”.

La proposta concreta avanzata oggi (venerdì 31 maggio) al Senato dell’Università di Torino è di far partecipare almeno un delegato per ogni associazione studentesca iscritta all’Albo anche se non ha studenti eletti negli organi accademici come, appunto, il Senato.

Un’alternativa è che l’incontro venga trasmesso in streaming, così da consentire a tutta la popolazione studentesca di assistere (o partecipare) all’incontro.

“Quello del 5 giugno sarà un momento importante – spiega a QP una studentessa di Scienze del Governo, firmataria della richiesta – perché finalmente discuteremo nel merito, parleremo degli accordi tra la nostra università e gli atenei di Israele. Non si discuterà solo di occupazione sì o occupazione no, per questo crediamo sia importante portare la voce di tutti all’interno del confronto.”

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