Piemonte
Innovazione e ricerca, il Piemonte è 82mo nella classifica TEHA
L’Italia risulta tra gli ultimi Paesi al mondo per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione, con un notevole ritardo rispetto a Paesi come Regno Unito, Svizzera, Germania e Francia
STRESA – Il tema dell’innovazione è di assoluta centralità in un’ottica di crescita e competitività di un sistema-Paese, soprattutto alla luce dei recenti sviluppi dell’Intelligenza Artificiale che stanno trainando l’intero settore della tecnologia (e non solo). L’Italia, tuttavia, risulta tra gli ultimi Paesi al mondo per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione, con un notevole ritardo rispetto a Paesi come Regno Unito, Svizzera, Germania e Francia.
Questo è quanto emerge dal TEHA – Global Innosystem Index 2024, contenuto all’interno dell’InnoTech Report realizzato dalla InnoTech Community di The European House – Ambrosetti e presentato nel corso del Technology Forum 2024 che si è svolto a Stresa il 30-31 maggio. L’indice ha confrontato 37 Paesi ad alta performance innovativa, ampliando il campione d’indagine che, nell’edizione 2023, aveva valutato 22 Paesi.
Singapore fa il suo esordio nella nuova, più ampia classifica, con un punteggio di 5,41 (su una scala da 1 a 10), seguono poi Israele (5,21) e l’Estonia (5,17). Rispetto al TEHA-GII 2020 (indicatore ricalcolato per consentire di fare un confronto rispetto all’evoluzione del posizionamento di ciascun paese alla luce dei nuovi indicatori considerati), Singapore conferma il proprio posizionamento di leadership a livello mondiale. Israele guadagna una posizione, mentre l’Estonia ne perde una.
Anche in questo scenario più ampio, l’Italia si colloca nella parte più bassa della classifica, risultando 24ª con 3,19 punti e perdendo una posizione rispetto al 2020, dove era 23ª con 3,57 punti. L’Italia precede Spagna (3,18) e Grecia (3,02).
La posizione dell’Italia
Il confronto tra il nostro Paese e le variabili input (ossia le variabili che valutano la presenza degli elementi abilitanti dei processi di innovazione) configura un quadro fortemente negativo che rappresenta un’Italia nelle retrovie dell’innovazione. 32ª per l’innovazione dell’ecosistema e 28ª per capitale umano, si classifica leggermente meglio, 24ª, per lo sviluppo di un ecosistema attrattivo, confermando la carenza rilevata già nel 2023. Infine, per risorse finanziarie a supporto dell’innovazione, il nostro paese si colloca al 22° posto. L’unica variabile che dà fiducia è rappresentata dall’efficacia dell’innovazione dell’ecosistema (variabile di output, che valuta la capacità di un paese di generare innovazione), per cui l’Italia scala la classifica fino al 10° posto per la produzione di nuove idee e per il loro impatto economico.
Anche quest’anno, il TEHA – Regional Innosystem Index (ARII) esegue una valutazione delle performance degli ecosistemi innovativi di 242 regioni europee, aggiungendo 3 nuovi indicatori alla valutazione rispetto agli 8 del 2023. I KPI sono stati raggruppati in 4 categorie: sviluppo economico, capitale umano, talento per l’innovazione e infrastrutture digitali e tecnologie, per un totale di 31.944 osservazioni. Dall’analisi emerge che la Lombardia è la 1ª tra le regioni italiane a guidare l’innovazione, guadagnando 4 posizioni nella classifica europea rispetto al TEHA-GII 2020 (nel 2024 si posiziona in 39ª posizione). La Provincia Autonoma di Trento, invece, perde due posizioni passando dalla 46ª alla 48ª posizione, seguita dalla regione Lazio (49ª) che guadagna una posizione.
L’Emilia-Romagna, al contrario, scivola di 10 posizioni classificandosi 76ª, non varia, invece, il trend negativo di Basilicata (179ª), Sicilia (180ª) e Calabria (191ª).
In generale, le Regioni italiane continuano a collocarsi molto al di sotto delle top 10 regioni classificate in quasi tutti gli indicatori di performance considerati.
Gli aspetti da migliorare su cui l’Italia dimostra ancora grandi difficoltà riguardano l’ambito educativo e lavorativo: la percentuale di persone che possiedono un titolo di studio STEM, la percentuale di soggetti impiegati nell’ambito della ricerca, il numero di lavoratori nel campo della scienza e tecnologia, oltre a considerare un maggiore stanziamento di risorse a sostegno delle attività di ricerca e sviluppo.
Le Università italiane
Molto bene invece le università italiane, che contano la presenza di 11 di queste nella top 100 europea. Positivi i segnali anche rispetto al numero di domande di brevetto depositate, per la prima volta l’Italia supera quota 5.000 con una crescita del 38% nella decade 2014-2023 (dai 3.649 del 2014 ai 5.053 del 2023). Risultati positivi per l’Italia anche nel tasso di successo dei brevetti di applicazione, che si colloca al 5° posto nelle top 25 country a livello mondiale.
Nonostante la capacità creativa nel fare innovazione, l’indagine di quest’anno fotografa l’Italia come Paese che fatica a evolvere nel campo dell’innovazione: nonostante gli sforzi impiegati, permane una grande disparità con altre regioni europee.
Le aree da migliorare
L’analisi dei risultati TEHA-GII ha identificato 4 aree su cui l’Italia deve prestare attenzione per aumentare la sua capacità innovativa.
In primis il capitale umano. Nonostante l’Italia si classifichi al 12° posto per numero di ricercatori, i laureati nelle materie STEM sono ancora una quota contenuta (21,1% rispetto al numero totale dei laureati) rispetto ad altre nazioni come la Germania, in cui le STEM rappresentano il 35%.
Investimenti maggiori verso il settore dell’educazione sono altresì necessari per aumentare la dimensione di capitale umano, proprio come fa la Svezia, che alloca il 61,7% di risorse in più rispetto all’Italia. La stessa disparità tra le due nazioni si rileva anche nella percentuale di adulti che possiedono competenze base nell’ambito digitale.
La seconda area critica è rappresentata dalle risorse messe in campo per la ricerca e sviluppo. L’Italia, in 25ª posizione, è lontana non solo dai primi in classifica, ma anche da Belgio, Svezia e Austria, le nazioni europee più performanti.
Volendo fare un paragone con il Regno Unito, la Nazione investe il triplo dell’Italia nella Ricerca e Sviluppo e 38 volte di più nel finanziamento del capitale di rischio.
Le nuove aziende e gli “unicorni” rappresentano un’altra criticità su cui in Italia occorre investire maggiori risorse: nel 2024 è 19ª con un punteggio di 3,0 sulla quantità di nuove aziende ogni 1.000 abitanti. Questo dato, rispetto all’Estonia, leader della classifica, è 8 volte minore; inoltre, a livello italiano, ci sono solo 3 startup che sono state valutate più di un miliardo nell’ultima decade.
Infine, l’ultima area critica è rappresentata dall’attrattività del Paese. Solo una piccola parte del flusso netto in entrata nel Paese deriva dagli investimenti diretti esteri; al contempo solo una piccola percentuale dei prodotti esportati sono di tipo tecnologico, il 184% in meno rispetto a Singapore, leader della classifica.
La classifica delle regioni europee più innovative
Anche quest’anno, The European House – Ambrosetti ha analizzato gli ecosistemi dell’innovazione a livello regionale, prendendo in esame 242 regioni europee in relazione ad 11 indicatori. Non sono presenti grandi novità sul podio: la francese Ile-de-France si conferma al primo posto (con un punteggio di 7,37 su una scala da 1 a 10), guadagnano una posizione (rispetto al TEHA-RII 2020) la regione di Stoccolma (Svezia) e Hovedstaden (Danimarca), rispettivamente con un punteggio di 6,47 e 6,09. Al contrario, perde due posizioni la regione di Helsinki-Uusimaa, che si trova adesso ai piedi del podio.
L’Italia rientra nelle prime cinquanta regioni del TEHA – RII 2024 con tre regioni: la Lombardia si posiziona al 39° posto, guadagnando 4 posizioni rispetto al TEHA-RII 2020; la Provincia Autonoma di Trento perde invece due posizioni e si trova nel ranking di quest’anno in 48° posizione, seguita dal Lazio (49°) che guadagna una posizione. Ampliando l’orizzonte di analisi entro le prime 100 posizioni, troviamo l’Emilia-Romagna (76°) che perde 10 posizioni rispetto al TEHA-RII 2020, il Piemonte (82°), la Toscana (90°) e il Friuli-Venezia Giulia (97°). Guardando al fondo della classifica, le regioni italiane più critiche restano quelle del Mezzogiorno, ancora indietro Puglia (178°) che risale leggermente, Basilicata (179°), Sicilia (180°) e Calabria (191°).
Nel dettaglio, la Provincia Autonoma di Trento emerge come Regione italiana con il maggior numero di lavoratori impiegati nella ricerca (l’1,1% dei lavoratori è impiegata nell’ambito della ricerca), mentre l’Emilia-Romagna investe la maggior quota di risorse nelle attività di Ricerca e Sviluppo, il 2,1% del PIL regionale. Il Lazio, invece, si riconferma nell’ambito della formazione terziaria (26,7%) e per maggior numero di persone che lavorano nel settore scienza e tecnologie (33,8%) e la Provincia Autonoma di Bolzano per tasso di partecipazione nell’istruzione e formazione (14,6%).
L’ecosistema dell’innovazione: quattro nuove proposte
Nel Rapporto, la classifica data dal TEHA – Global Innosystem Index e i risultati dell’indagine condotta da The European House – Ambrosetti su un campione selezionato di top manager di aziende italiane e internazionali hanno permesso di sviluppare quattro proposte per contribuire a dare una spinta all’innovazione in Italia.
Massimizzare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo.
In Italia solo l’1,45% del PIL viene allocato per la ricerca, il budget che deriva dal settore pubblico è ancora troppo limitato (1,18% è destinato alla Ricerca e Sviluppo) e, nonostante i ricercatori italiani siano i secondi più premiati in Europa dai bandi di eccellenza ERC, l’Italia slitta al quarto posto tra i Paesi che ospitano i programmi di ricerca premiati. Per massimizzare gli investimenti è necessario allinearsi quantomeno al 3% di spesa in rapporto al PIL, target definito dall’Unione Europea e che l’Italia non ha ancora raggiunto. Inoltre, occorre migliorare i finanziamenti e l’accesso agli incentivi per le imprese che investono in innovazione e tecnologie, stimolando in particolare gli investimenti in beni immateriali previsti dal piano Transizione 4.0. Infine, finanziare e creare programmi di ricerca di lungo periodo permette di rendere il sistema di ricerca nazionale più attraente e minimizzare la fuga di cervelli.
Migliorare i processi di trasferimento tecnologico e rendere l’Italia un paese per gli “unicorni”.
In Italia, nel 2023, gli investimenti dedicati a startup e scaleup (Private Equity e Venture Capital) sono sensibilmente diminuiti, passando da 23,7 miliardi di euro a 8,2 miliardi di euro. Sono nati solo 3 “unicorni” su un totale di 109 in Europa e i TTOs (Technology Transfer Offices), che giocano un fondamentale ruolo nell’innovazione, sono ancora sottodimensionati.
Il nostro Paese deve introdurre meccanismi che permettano di ridurre il divario tra ricerca e sviluppo per sviluppare progetti che soddisfino i bisogni del mercato, facilitare la creazione di startup rendendo più semplice accedere ai finanziamenti e rafforzare i TTOs adottando modelli internazionali che in media prevedano strutture organizzative 10-15 volte più numerose di quelle italiane.
La presidenza italiana del G7 e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Sebbene l’Italia si collochi al 28° posto con solo 0,03 iniziative pubbliche di IA ogni 10.000 abitanti e presenti uno squilibrio negativo tra domanda e offerta di talenti nell’ambito IA, la presidenza italiana del G7 rappresenta una grande opportunità per il nostro Paese, con l’IA come uno degli argomenti centrali della discussione. Sfruttando questa opportunità, l’Italia potrà guidare lo sviluppo di modelli di governance che rispettino i principi di fiducia, sicurezza e trasparenza. Contestualmente, è necessario migliorare l’educazione STEM e supportare l’uso dell’IA nelle aziende, allineandoci con la media europea (In Italia solo il 5% delle imprese utilizza l’IA vs 8% media UE).
Lanciare un New Deal delle competenze per creare una società sostenibile e digitale.
Oltre la metà delle aziende italiane ha difficoltà a reperire risorse con adeguate skill e la percentuale di laureati STEM è solo del 21,1% rispetto al totale dei laureati. Inoltre, si stima che l’Italia abbia bisogno di formare oltre 2 milioni di dipendenti con competenze digitali di base entro il 2026 per stare al passo con le esigenze del mercato. È fondamentale che vengano definiti nuovi programmi per l’insegnamento delle competenze digitali lungo tutto il percorso di formazione e che vengano rafforzati corsi digitali ad hoc negli Istituti Tecnici Superiori (ITS), in particolare quelli che permettono agli studenti di lavorare con i dati, essenziali per la specializzazione nelle professioni della Data Economy. Nelle Università bisogna potenziare le lauree professionalizzanti anche prevedendo nuovi percorsi di studio con elementi legati alla transizione digitale ed ecologica, mentre nel mondo del lavoro serve definire meccanismi di aggiornamento continuo delle competenze dei lavoratori (Lifelong Learning).
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