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Cultura

Blonde Angel, la persuasione del cuore secondo Elena Genero Santoro

L’intervista con l’autrice

Gabriele Farina

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TORINO – Può un romance portare a riflettere anche su temi sociali attuali e non limitarsi a scaldare i cuori di lettrici e lettori? La risposta naturalmente è si. Lo dimostra Blonde Angel, la persuasione del cuore, il nuovo romanzo di Elena Genero Santoro, prima collaborazione dell’autrice con Land Editore.

Lea sta cercando di ricostruire la sua vita dopo aver perso il suo amore Michele (non siate bramosi di scoprire che fine ha fatto, lo si scoprirà pian piano). Tra i due era nata quasi per caso una bella storia d’amore, bruscamente interrotta da qualcosa. Il romanzo si muove, nella sua prima parte, raccontando vicende che avvengono a distanza di un anno: la nascita del suddetto amore e la nuova vita di Lea dopo che questo amore è finito. Una storia però pian piano rincorre l’altra fino a raggiungerla e a chiarire il mistero iniziale. Non preoccupatevi però, perchè a quel punto di mistero ne esploderà uno ben più grande e traumatico.

Intorno a Lea e Michele si muovono altri personaggi che sono in fondo anch’essi protagonisti. Abbiamo Akio, studente arrivato dal Giappone che dimostra una cultura molto diversa da quella italiana, la sorella di Lea, Laura e suo figlio Manuel, l’amica Valentina e ancora il suo fidanzato Zeno. Un gruppo limitato di personaggi ben caratterizzati, che creano lo spazio necessario a raccontare la vicenda.

Ma torniamo alla domanda iniziale. Può un romance portare a riflettere anche su temi sociali attuali e non limitarsi a scaldare i cuori di lettrici e lettori? Questa è un’operazione che Elena Genero Santoro ha sempre portato a termine con successo nei suoi romanzi. Con Blonde Angel ci guida a riflettere sulle diversità di cultura e su quelle fisiche, sui pregiudizi, fino a buttarci nel nero baratro di uno dei crimini più odiosi che si possano immaginare. Lo fa con naturalezza, creando attesa e confronto, creando immagini e mostrando risposte.

L’intervista con Elena Genero Santoro

Lea e Michele sono i protagonisti principali di questa storia. Chi sono i tuoi due personaggi?

Sono due ventenni, due studenti, che si innamorano grazie alla musica. Lea è concreta, logica, studia materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) alla facoltà di statistica. Sogna una professione scientifica, per sfatare il mito che le donne non sono portate per la matematica. È una ragazza libera, mentalmente aperta, appartiene a una famiglia allargata, dove manca il padre ma c’è posto per una sorellastra e un nipotino. Michele è più sognatore, trascorre le giornate suonando la chitarra classica, ed è davvero talentuoso. La natura lo ha dotato di una bellezza fisica elegante e indiscutibile, ma la vita gli ha tolto presto i genitori biologici e il piede sinistro. Arriva dall’est Europa, forse è russo, a quattro anni è stato adottato da una famiglia italiana e cammina con una protesi. Lea e Michele hanno due background diversi, ma si trovano in sintonia su molti aspetti. La loro relazione comincia a in modo naturale e spontaneo e si consolida molto in fretta.

Il romanzo ha una struttura temporale particolare, con due storie che cominciano in momenti diversi e pian piano si raggiungono. Come mai questa scelta?

Nel romanzo c’è un tempo presente e un tempo passato, che distano tra loro alcuni mesi. Nel passato c’è l’inizio della storia tra Lea e Michele, intrisa di romanticismo, di tenerezza, di complicità. Nel presente Michele è sparito, lui e Lea non stanno più insieme e lei ancora fa i conti con gli avvenimenti avvenuti in precedenza. Così il lettore si domanda: cosa sarà mai successo? Come è stato possibile che una relazione partita tanto bene si sia interrotta in modo così drastico e drammatico? Lo scoprirà a poco a poco. Anticipo che in effetti è accaduto un fatto grave, c’è stata un’accusa infamante e la fiducia reciproca è crollata. A un certo punto, dopo che gli eventi sono stati svelati, il salto temporale sparisce e la storia si avvia alla conclusione.

La vicenda si muove da Torino e ci porta fino a Barcellona. Quali sono i tuoi legami con queste due città?

Mi piace ambientare le mie storie in posti di cui conosco il modo di vivere. Torino è la città in cui abito e, anzi, a questo giro non è nemmeno Torino il vero focus. Barcellona è una delle capitali europee che conosco meglio – turisticamente, architettonicamente, urbanisticamente – e che amo di più. Inoltre Blonde Angel è stato concepito nell’agosto 2018, in vacanza, mentre stavo percorrendo La Rambla. Avevo delle idee vaghe, avevo studiato alcune situazioni e alcuni personaggi, ma non sapevo come combinarli insieme. Sulla Rambla, alla vista delle statue viventi, ho avuto una folgorazione come sulla via di Damasco. Sono ancora in contatto con El Angel de la Rambla, una gentile signora che sulla Rambla interpreta un soave angelo di bronzo. Lei è stata la mia vera ispirazione, ha voluto una copia del libro e l’ha anche mostrato su Instagram.

In realtà uno dei pesonaggi vive ad Avigliana, con la protezione della Sacra di San Michele. Un aspetto particolare della vicenda…

Si gioca tutto tra sacro e profano. San Michele, nella dottrina cattolica, è un arcangelo molto potente. Marisa, la madre adottiva di Michele, gli è molto devota e infatti ha chiamato così il figlio. Ritiene che San Michele l’abbia aiutata in molte situazioni. E questa è la parte sacra, che si fonda sulla fede, per chi è credente. La madre di Lea possiede un ristorante sul lago di Avigliana e vive quindi ai piedi della Sacra che, per chi non fosse pratico, è un monumento notevole nella provincia di Torino. Michele ha un aspetto quasi angelico, è biondo, ha gli occhi azzurri e quando era piccolo sua madre a carnevale lo vestiva sempre da angioletto. Lui invece, già che era senza un piede, avrebbe preferito travestirsi da pirata. Tuttavia nello svolgersi della vicenda, tornerà a impersonare l’angelo (profano) e si renderà conto che l’imprinting che ha avuto da sua madre è più radicato di quanto egli stesso supponesse.

Come sempre nei tuoi romanzi porti il lettore a riflettere su alcuni temi importanti. Qui si parla di diversità culturali, diversità fisiche e di temi ben più drammatici. Ritieni che il romance sia lo strumento anche per proporre temi sociali importanti?

Diciamo che la vita è intrisa di eventi drammatici e che siamo tutti diversi e tutti imperfetti. Nell’atto di ideare una storia non posso che tener conto anche di questo. Michele è bello, educato, ed è un eccellente chitarrista, ma è un amputato, ha una disabilità fisica vistosa che lo affatica, lo fa sentire diverso. In più su di lui grava sempre il sospetto che la sua prima infanzia da orfano possa condizionare il suo presente. Quindi non è un dio, non è un vero angelo, non è una creatura mitologica. Nelle sue imperfezioni è molto umano. Akio, il collaboratore giapponese della mamma di Lea, arriva da una realtà culturale molto diversa e ha delle reazioni che vengono percepite come bizzarre. In un romanzo, come nella vita, bisogna far quadrare tutte le storture e limare tutte le divergenze per raggiungere un punto di equilibrio.

Se è vero che Blonde Angel è senza dubbio un romance è possibile però leggerlo anche come un thriller… o quanto meno lasciarsi coinvolgere dai misteri che vengono disseminati nel corso della storia. Ma tu… credi nei generi letterari?

Voglio ribaltare il punto di vista, giacché oltre che autrice sono anche recensora per Gli Scrittori della Porta Accanto: per un lettore è più stuzzicante un romanzo di genere con una struttura standard o qualcosa di contaminato? Come autrice sono consapevole che molte volte i romanzi di genere vengono preferiti e magari venduti meglio dei romanzi a genere misto o dei mainstream. Come lettrice mi rendo conto di avere una certa età, perché non riesco più a recensire libri di mero intrattenimento. Ho bisogno di essere sorpresa, alla fine scrivo articoli su libri che mi sono piaciuti moltissimo o pochissimo, ma che mi hanno dato modo di far girare le rotelle del cervello. Nella stessa misura, quando scrivo non riesco a rimanere su binari precostituiti, non mi divertirei abbastanza e spero in questo modo di appagare e sorprendere anche il lettore.

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