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Ambiente

Una petizione e un appello di due docenti di Unito per salvare il Parco del Meisino a Torino

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Dopo che la petizione online promossa dal comitato Salviamo il Meisino, ha raccolto oltre 11 mila adesioni, c’è stato un appello di due docenti dell’Università di Torino: Vittorio Martone e Dario Padovan, che insegnano rispettivamente sociologia dell’ambiente e del territorio e sociologia generale, che hanno realizzato un documento in cui denunciano l’atteggiamento del Comune sulla situazione del Parco del Meisino.

La lettera aperta di Vittorio Martone e Dario Padovan

Se salviamo il Meisino salviamo (un po’ di) democrazia ecologica
Da almeno due anni Torino è tornata a essere sede di diffuse mobilitazioni a tutela del suolo e del verde urbano. Comitati spontanei e collettivi studenteschi, organizzazioni della società civile e abitanti, talvolta accanto a storiche organizzazioni ambientaliste e coordinamenti nati in precedenti stagioni di attivismo, stanno difendendo alberi e prati da tagli e riduzioni (es. i casi di Corso Belgio e Corso Umbria, del pratone Parella e dei Giardini Reali) e contestando la trasformazione di parchi e boschi urbani per investimenti privati (come nel caso del Parco Artiglieri da Montagna o il Giardino Prinz Eugen) anche quando mascherati da finalità pubbliche (l’ospedale alla Pellerina, il Parco dello Sport al Meisino). Una vicenda ci sollecita particolarmente, il progetto del cosiddetto Parco dello Sport e dell’educazione ambientale al Meisino. Il Parco del Meisino è l’area di 245 ettari compresa tra l’ansa del Po e le confluenze di Stura e Dora Riparia, dal ponte Sassi fino al confine con San Mauro Torinese. Istituito come riserva naturale nel 1990 con legge regionale, la realizzazione del Parco avvenne nei primi anni del 2000, anche grazie alla mobilitazione di abitanti e associazioni ambientaliste. Oggi è una Zona a protezione speciale (ZPS), che include l’Isolone di Bertolla, ed è inserita all’interno di Rete Natura 2000. L’Ente di gestione delle Aree Protette del Po piemontese la definisce una “vera oasi naturalistica in città”, in cui negli anni sono state censite 215 specie di uccelli. Ebbene, nel 2022 l’amministrazione comunale di Torino ha presentato un progetto per realizzare qui un “Parco dello sport”, ottenendo poi il finanziamento di 11,5 milioni di euro a valere su fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Come si legge nel portale Torino cambia, il progetto è suddiviso in due lotti: “Parco dello Sport” e “Riqualificazione dell’ex Galoppatoio militare”. Nel primo si dice che “Verranno realizzate strutture polivalenti, ad uso sportivo (per la pratica di fitwalking cross, arrampicata sportiva, tiro con l’arco, orienteering, biathlon, skiroll cross, cricket, pump track, ciclocross, mountain bike, Disc golf, corsa campestre, percorsi fitness inclusivi), ma anche destinate alla didattica ambientale, all’inclusione e agli sport a basso impatto”. Nel secondo si prevede la “realizzazione di locali spogliatoi, servizi igienici, locali ristoro e locali accessori alle attività sportive praticate nel Parco dello sport”. Il progetto viene presentato in consiglio comunale nel novembre del 2022 e solo in aprile 2023 viene finalmente esposto alla cittadinanza, in un’accesa assemblea pubblica con gli assessori allo sport e al verde, ovviamente senza possibilità di ridiscutere o di incidere sulla sostanza dell’opera. Anzi. Fino a oggi, nonostante l’opposizione di associazioni e comitati, abitanti e componenti della Consulta per il verde del Comune di Torino, il confronto è stato sistematicamente eluso. Così come i pareri dell’Ente di gestione delle Aree Protette del Po piemontese, che aveva definito non conforme il piano d’area e successivamente, con la richiesta di Valutazione di incidenza ambientale (Vinca), si era espresso con parere fortemente condizionato in merito all’impatto del cantiere. Nulla di fatto. Il progetto “definitivo” sarebbe in via di approvazione e tra qualche settimana (chissà) cominceranno i cantieri che per 18 mesi (almeno) copriranno circa 394 mila metri quadri di questa “oasi naturalistica in città”, con un via vai di mezzi, merci, attrezzature e addetti ai lavori. Altro che Zona di Protezione Speciale! Come recita il portale Torino Cambia, “il piano va veloce”, e non vuol sentire ragioni. Neanche quelle di oltre 8.400 persone firmatarie della petizione contro il Parco dello Sport promossa dal “Comitato Salviamo il Meisino”, che dall’estate del 2022 ha prodotto – anche nella rete Resistenza Verde – documentazione e comunicazioni puntuali sulle anomalie dell’opera, organizzato convegni, seminari, passeggiate informative e giornate al parco, sollecitando gli enti preposti a partecipare e a confrontarsi. Enti che hanno accuratamente glissato, inquadrando tali opposizioni come problema di ingovernabilità e di ordine pubblico, irrazionali ed emotive, che non comprendono le promesse di un futuro green disegnato dalla spinta modernizzatrice della transizione ecologica. Non solo dissentiamo profondamente da queste miopi e faziose interpretazioni, ma ci preme mettere in luce la profonda ignoranza e pregiudizio che guida tali giudizi. Al di là della poco comprensibile scelta di localizzare un’opera di questo tipo in una riserva naturale, la vicenda del Meisino contiene molte delle storture ravvisabili nel governo del verde urbano. L’uso frenetico delle risorse del Pnrr, giustificato da ragioni di necessità e urgenza e dalle scadenze del Piano, che escludono ogni possibile processo inclusivo e partecipato. La transizione ecologica intesa come mera opportunità economica, che trasforma aree protette in luoghi di consumo e di pratiche sportive avulse dal contesto. Un’idea di natura che gioca su coppie concettuali consuete, come produzione e conservazione, pieno e vuoto, decoro e degrado, ordine e disordine. In questa lettura, il parco del Meisino merita sì “conservazione”, ma per trovare i finanziamenti occorre metterne porzioni crescenti “a produzione”, farne sedi di opere, eventi, attività commerciali, ludiche e sportive. Come giustificare queste pratiche in una riserva naturale? La si rappresenta come interamente vuota e abbandonata, inutilizzata, che urge riqualificazione. Ovviamente il vuoto si associa a un luogo pericoloso, oscuro, potenziale sede di pratiche immorali o criminali. Ma il parco del Meisino è davvero un vuoto pericoloso? Decisamente no. Aree verdi e zone umide, ricche di avifauna e biodiversità, in cui proprio un certo “abbandono” ha reso possibile processi biofisici di rinaturalizzazione o ricolonizzazione boschiva. Eppure, ci serve questa idea di disordine da riordinare, che è anche un’idea di società e di controllo sociale. Trasformare le “erbacce” in giardini per l’intrattenimento e lo svago è anche un modo per disciplinare il comportamento di chi attraverserà quei giardini facendo sport competitivi e sparando ai bersagli, anziché passeggiare, sedere, meditare. Vuota, abbandonata, caotica e ripugnante, la ‘natura’ del Meisino esigeva dunque interventi “tecnici” per essere aiutata a sopravvivere a sé stessa. Interventi assicurati dalla competenza di funzionari, consulenti e progettisti, ponendo chi abita di fronte a opere progettate da “esperti” o “tecnici” considerati i profili più adatti per gestire le questioni ambientali. Non si tratta qui di scadere in forme di relativismo radicale o in posture anti-scientifiche ispirate da atteggiamenti emotivi. Piuttosto di ricordare a chi giustifica il Parco dello Sport al Meisino dietro argomenti presuntamente scientifici, che i modi con cui si affrontano problemi come la qualità della vita urbana sono influenzati dalla loro definizione. Se il Meisino viene definito un luogo vuoto, disfunzionale e problematico, sottratto alla logica della commercializzazione, allora va piegato a esigenze aliene al luogo stesso. La logica del commercio lo deve pervadere, come si fa con il resto della città, si tratti di turismo o di sport, di eventi o di centri commerciali. Invece di chiudere ogni dialogo, chi progetta il “cambiamento” dovrebbe arricchire la propria conoscenza con altre forme di saperi, anche con quelli dell’esperienza di chi da anni vive, attraversa e osserva il parco del Meisino. In questo modo si co-produce non solo la conoscenza, ma anche le circostanze sociali e politiche di integrazione degli interessi di chi abita. Con questa riflessione intendiamo dunque difendere il Parco del Meisino non solo per difendere quel residuo di natura urbana che vuole essere ulteriormente colonizzata, ma anche per reclamare coinvolgimento diffuso e partecipazione sostanziale, per denunciare l’esclusione delle comunità locali dalle decisioni politiche finalizzate alla realizzazione di opere che andranno a ricadere proprio sui territori e su chi li abita. Questioni che, a ben vedere, esprimono una domanda politica – e di politica – che pur di fronte a temi cruciali non trova canali per esprimersi, e che invita a riflettere sui dilemmi della rappresentanza e sulla capacità delle democrazie di tollerare e integrare il dissenso.

La petizione NO al “Parco Dello Sport” nell’ex Galoppatoio militare di Torino

Il progetto andrebbe a danneggiare irrimediabilmente una riserva naturale ricchissima di biodiversità, un polmone verde prezioso a pochi passi dal centro di Torino (una delle città, purtroppo, più inquinate d’Europa).
Un piano enorme, impossibile da realizzare senza tagliare alberi e danneggiare la natura e la quiete del parco dove verrebbero, inoltre, costruite strade e parcheggi per far arrivare le numerose persone. Tutto questo a danno della fauna, della flora e della pace del posto.
Realizzare un progetto simile porterebbe scompiglio all’interno di un parco (modifica l’ambiente e danneggia la fauna), sia in fase di costruzione sia successivamente quando centinaia di persone arriverebbero per usufruire di tali servizi.
Un progetto del genere avrebbe una più ragionevole fattibilità  in un’area urbana dismessa, come una vecchia fabbrica o simile. In tal senso avrebbe un valore di arricchimento per la città e i cittadini senza danneggiare un habitat naturale ed il suo equilibrio.
Inoltre nelle immediate vicinanze sono già presenti numerosi centri  sportivi (ad esempio, Sport Club  Meisino via Nietzsche 155 che offre la possibilità di giocare a calcio a cinque, calcio a otto, beach volley e padel. Il Motovelodromo Fausto Coppi in C. Casale 144  appena ristrutturato e aperto dove, tra le altre cose si può praticare arrampicata, atletica, tennis, volley, bici su pista, padel. Bside Climbing Village V. Amedeo Ravina 28 dove si può fare arrampicata e dove offrono corsi per bambini e ragazzi di tutte le età. Sono presenti diverse Bocciofile che offrono anche servizio di bar e ristorazione. Inoltre, alla Colletta e vicinanze, sono presenti piscina, pista di pattinaggio, impianto palestra comunale Crescenzio dove si praticano arti marziali, yoga, ginnastica e tanto altro…  Tutto a pochi passi!

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