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Cosa sappiamo sulla morte del richiedente asilo diciottenne ucciso a Canelli. Poteva essere evitata?

Si poteva fare qualcosa per prevenire la rissa? E’ stato fatto tutto il necessario perchè non si ripetesse in serata lo scontro tra le due parti?

Gabriele Farina

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CANELLI – La morte di Nafugi Manneh, il ragazzo di 18 anni originario del Gambia ucciso il 30 aprile in centro a Canelli durante una rissa tra richiedenti asilo, sta sollevando diverse questioni su come è stata gestita la situazione e se quanto accaduto si sarebbe potuto evitare.

Cosa è accaduto

Sebbene le indagini siano ancora in corso è piuttosto chiaro quanto accaduto. Una rissa tra richiedenti asilo del Gambia e richiedenti asilo del Pakistan è degenarata, una catena da bicicletta è stata usata come frusta per colpire il malcapitato ed è costata la vita al giovane Nafugi Manneh. Chi impugnava quella catena e come l’ha utilizzata sarà compito degli inquirenti definirlo (sappiamo che un ragazzo di 20 anni è stato arrestato per omicidio volontario subito dopo i fatti e che un altro migrante pakistano di 24 anni è stato denunciato per rissa aggravata).

Come si è arrivati allo scontro

Quello che a questo punto sarebbe il caso di comprendere è come si è arrivati allo scontro e se questo poteva essere evitato. La Cooperativa che gestisce il Cas di Cassinasco, che abbiamo provato ad interpellare, non rilascia dichiarazioni, ma pare appurato che la tensione tra i due gruppi fosse alta da giorni, forse una settimana. I motivi potrebbero essere piccoli screzi all’interno della struttura o qualcosa di più serio, quel che conta è che la tensione fosse evidente.

Si poteva fare qualcosa per prevenire la rissa?

E’ quello che si chiede Paolo Hutter, Presidente dell’Associazione Eco delle Città, che si occupa tra le altre cose proprio di gestione dei richiedenti asilo. “Sappiamo che la tensione era evidente da una settimana – ci racconta Hutter – E’ possibile che non si potesse disinnescare? E’ stato fatto qualcosa per prevenire?”

C’è poi un’altra questione. Esclusi i fermati, i due gruppi la sera del 30 aprile sarebbero tornati al centro Cas di Cassinasco, con il rischio che lo scontro si riaccendesse. Il traferimento dei richiedenti gambiani è avvenuto solo nella giornata di ieri, 2 maggio.

“Nessuno si è posto il problema di trasferirli subito? La cooperativa, la prefettura, i carabinieri?”, si chiede Hutter, che poi analizza la questione alla base. “C’è sicuramente un problema di risorse scarse, ma è probabile che in questo caso ci sia stato anche un problema di gestione di queste risorse”

In definitiva quello che è il caso di capire è se quanto accaduto poteva essere evitato e se si è fatto tutto il necessario perchè non si verificasse una seconda tragedia nelle ore successive.

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