Ambiente
Nascono petizioni e raccolte firme per chiedere il divieto totale di utilizzo di PFAS nelle industrie
L’opinione pubblica sta prendendo coscienza della preoccupante situazione della presenza di PFAS nelle acque in Piemonte
TORINO – L’opinione pubblica sta prendendo coscienza della preoccupante situazione della presenza di PFAS nelle acque in Piemonte, con particolare attenzione a quanto sta accadendo nell’alessandrino e nella Val di Susa. Così, dopo le prime denunce di Greenpeace e i rilevamenti di Arpa, ora comincia a muoversi in maniera decisa un movimento per chiedere il divieto totale di utilizzo di PFAS nelle industrie.
Cosa sono i PFAS
Utilizzati dalle industrie per produrre abbigliamento, cosmetici, packaging per alimenti e in tanti altri prodotti di uso comune, vengono riversati nei nostri fiumi e nell’aria dove inquinano acqua e coltivazioni, arrivando fino alle nostre tavole. I PFAS sono un gruppo di migliaia di sostanze chimiche di sintesi prodotte dalle industrie, ancora oggi ampiamente usate perché in Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Introdotti sul mercato globale nel secolo scorso, hanno trovato ampia applicazione perché idrorepellenti, stabili e resistenti alle alte temperature. Una volta dispersi in natura, possono rimanere nell’ambiente per tantissimo tempo.
Petizioni e raccolta firme
La stessa Greenpeace ha aperto una petizione per chiedere al governo italiano la messa al bando totale dell’utilizzo di PFAS nell’industria. Ma anche i cittadini si stanno muovendo e il Comitato di Salute Pubblica ha aperto una raccolta firme con particolare attenzione alla Val Susa.
“Il fatto che in Val di Susa valori vistosamente più elevati siano stati riscontrati principalmente in alta valle (Chiomonte, Gravere, Bardonecchia), – si legge nella petizione – è anomalo trattandosi di zone di montagna ma fa pensare alla presenza di alcuni grossi cantieri. In particolare quelli di costruzione della galleria per il TAV (Chiomonte) e del raddoppio del tunnel del Frejus (Bardonecchia). Non esistono ancora prove concrete, ma questa ipotesi può essere esclusa solo dopo che gli organi preposti abbiano effettuato un accurato controllo sulla composizione dei prodotti usati in quei cantieri. E che l’esito dei controlli sia stato reso noto alla popolazione.”
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