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Codacons fa ricorso al Tar del Lazio contro i dispositivi per filtrare l’acqua: ecco perché è una storia che riguarda anche il Piemonte

Stanno aumentando le persone che acquistano apparecchi per il filtraggio dell’acqua, ma ci sono delle controversie su chi debba controllare la loro qualità

Sandro Marotta

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TORINO –  Il Codacons ha fatto ricorso presso il Tribunale regionale del Lazio riguardo agli apparecchi per il filtraggio delle acque e ha chiesto che venga introdotto l’obbligo di controllo da parte delle autorità sanitarie indipendenti.

In un periodo in cui in Piemonte si è tornato a parlare di PFAS e di acqua potabile inquinata, questo caso giudiziario potrebbe rappresentare un precedente che potrebbe ripetersi anche nella nostra regione. Infatti, stanno aumentando le persone che acquistano questi depuratori nel tentativo di bere acqua più pulita, specie se si vive in città. Ci sono però delle questioni da chiarire, prima fra tutte il responsabile dei controlli sulla effettiva qualità del filtraggio.

La vicenda in Lazio

“Negli ultimi anni – spiega il Codacons in questo comunicato – si è registrata nelle case italiane e negli esercizi pubblici come i ristoranti una crescente diffusione di dispositivi destinati al trattamento di acque finalizzate al consumo umano. Trattamenti che non hanno lo scopo di rendere potabile un’acqua che non lo sia già morfologicamente, ma di consentire modifiche nelle caratteristiche organolettiche, ossia di “raffinare” le acque per utilizzi domestici”.

Qui però interviene l’oggetto della controversia, ovvero l’obbligo di sorveglianza sulla qualità di filtraggio di questi apparecchi. Secondo il Ministero della salute infatti obbliga questi strumenti a garantire la qualità dichiarata al consumatore e delega i controlli al produttore stesso, non alle autorità sanitarie indipendenti.

I rischi per la salute

Paradossalmente, secondo il ricorso presentato dal Codacons, il filtraggio rischierebbe di avere un effetto boomerang e rendere l’acqua potabile pericolosa per l’essere umano. “L’utilizzo di apparecchiature per il trattamento delle acque – si legge nella nota – può avere anche ripercussione sul fronte sanitario: a seconda delle tecniche usate, può ridurre o anche eliminare minerali come ad esempio il calcio e/o il magnesio (nella tecnica a osmosi inversa), nonché comportare al contrario un aumento del sodio”.

La corretta informazione

La vendita di questi apparecchi deve essere supportata da una completa informazione (ad esempio riguardo alla composizione dell’acqua, ai trattamenti applicati e ai suoi effetti), perché l’obiettivo dovrebbe essere quello di evitare che il consumatore consideri che l’“acqua trattata” possa essere simile o anche migliore o più salutare dell’acqua minerale.

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