Cuneo
La linea mortale, Bruno Vallepiano racconta gli esordi di Mauro Bignami
L’intervista con l’autore
TORINO – Salto indietro nel tempo per Bruno Vallepiano, che ci porta a scoprire che faceva il suo Mauro Bignami nel 2006, quando comincia la sua avventura da indagatore. Ne La linea mortale, Golem Edizioni, ritroviamo alcuni dei personaggi che abbiamo imparato a conoscere e scopriramo le loro abitudini e il loro carattere in età più giovane.
I primi che incontriamo sono proprio Mau e Paolo, intenti a preparare un’scursione in montagna che non faranno mai, perchè i loro zaini vengono erroneamente caricati su un bus diretto a Lourdes. Da qui comincia l’avventura perchè su quel bus, al ritorno, verrà trovato un cadavere che in qualche modo è legato proprio a Bignami, che incontriamo già professore.
Il morto (avvelenato) è il proprietario di una nota azienda del paese, personaggio discusso. Bignami comincerà a ragionare sugli indizi, scoprendo una innegabile passione per l’indagine, commettendo alcuni errori ma anche entrando nel vivo delle vicenda e consegnando agli inquirenti alcuni spunti utili.
L’intervista con Bruno Vallepiano
Salto indietro nel tempo e troviamo Mauro Bignami all’inizio della sua carriera. Com’è nata l’idea di raccontare gli esordi del tuo personaggio?
Lo stimolo è arrivato da due diverse direzioni. Il primo a farmi venire quest’idea è stato un lettore durante una presentazione, il quale mi ha chiesto: “Ma com’era Mauro Bignami da giovane?” Ho risposto in modo generico, perché una mezza idea ce l’avevo, me l’ero immaginato il Mau del periodo in cui non aveva ancora conosciuto quella che è diventata poi la sua compagna, Cecilia. Un tipo abbastanza spregiudicato. Tuttavia ne avevo un’immagine piuttosto sfocata, non mi ero mai concentrato abbastanza su tutto questo.
Il secondo input è stato di carattere pratico. Dopo sei avventure nate e sviluppatesi in un paese piccolo, come la immaginaria Gariola, mi sembrava di saturare troppo la linea temporale contemporanea, così ho colto la palla al balzo e ho fatto un salto indietro nel tempo di quasi vent’anni attribuendo una fisionomia un po’ più definita al mio personaggio di quell’epoca e ai suoi storici amici.
Con lui ci sono già Paolo e Clotilde. Che ruolo hanno nella vita di Mau?
Paolo e Clotilde in questo romanzo sono una coppia in fase di consolidamento ed entrambi sono già amici di Bignami. Lo manifestano in molti modi e lo faranno sempre, anche nelle varie storie successive. Rappresentano un caposaldo nella vita di Mau, una delle certezze sulle quali si poggiano le cose importanti della vita. Mauro ci farà conoscere nel tempo altri amici, giovani e vecchi, ma nessuno sarà importante come questi due. Rappresentano quello che, a mio avviso, succede nella vita: gli amici veri, quelli che non ti abbandonano mai, alla fine sono sempre molto pochi.
Com’è cambiato il tuo personaggio negli anni?
Mauro è cresciuto. In questo romanzo è un trentenne in cerca di certezze in ambito sentimentale, ma sbatte sempre contro qualche spigolo perché non è ancora pronto. Nelle storie successive, al di là delle trame gialle, la vita di Bignami si evolve col passare degli anni: invecchia, il suo carattere matura e la sua stabilità sentimentale lo aiuterà molto in tutto questo. Ciò avviene dopo l’incontro con Ceci; anche con lei l’inizio è incerto e tormentato, ma poi si scoprono molte affinità, i due sono fatti uno per l’altra e crescono insieme. Nell’ultima storia (in ordine di narrazione, non di pubblicazione) Mau è un cinquantenne e non è più scapestrato come agli inizi.
La vicenda è ambientata in un piccolo paese dove tutti si conoscono. Come influisce questo aspetto su un racconto giallo?
Ci sono i pro e i contro ad ambientare storie in un piccolo paese. Per questa ragione io non ho utilizzato un paese reale, ma ne ho inventato uno nuovo. Gariola non esiste, ma potrebbe essere un qualunque piccolo paese della media montagna piemontese, intorno ai mille metri di quota. Ero consapevole del fatto che ambientare una vicenda, sebbene di fantasia, in un borgo reale è rischioso proprio perché qualcuno può essere indotto ad immedesimarsi o a sentirsi chiamato in causa. La piccola realtà sociale di Gariola mi da modo di muovere i miei personaggi in un ambiente dove, appunto, tutti si conoscono e nessuno si riconosce (forse); dove esistono solidarietà e invidie, sostegno e piccole vendette che viaggiano di pari passo. L’ambiente della grande città è molto più asettico e dispersivo da questo punto di vista.
Qual è il tuo rapporto con il territorio che racconti?
Amo i posti dove vivo e ai quali mi ispiro per scrivere, perché li conosco bene. Cerco di non indulgere mai in descrizioni edulcorate né del territorio né della gente che lo abita, ma cerco di avere un occhio disincantato per osservare l’insieme. Tento di descrivere il bello ed il brutto, le eccellenze e le meschinità, la bellezza della natura e l’obbrobrio di certe scelte edilizie per esempio. La realtà vera, insomma, che alla fine non è quasi mai consolatoria.
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