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Interviste

Tra i reparti del Regina Margherita di Torino: il racconto della dottoressa Franca Fagioli

Franca Fagioli, direttrice del dipartimento di patologia e cura del bambino del Regina Margherita di Torino ci accompagnerà in questo viaggio

Alessia Serlenga

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TORINO – Comincia oggi il nostro viaggio negli ospedali torinesi, facendo come prima tappa il Regina Margherita: tra i principali ospedali infantili italiani.

A rispondere alle nostre domande la professoressa Franca Fagioli, direttrice del dipartimento di patologia e cura del bambino.

 

In cosa si distingue il Regina Margherita?

L’Ospedale si caratterizza per l’alta specialità pediatrica che garantisce diagnosi e cura di eccellenza, ma l’arma vincente è senza dubbio l’umanizzazione che si articola in una presa in carico globale del bambino, dell’adolescente e della sua famiglia a merito di un meccanismo olistico in cui sono presenti i professionisti delle diverse discipline e il Terzo Settore (Fondazione Maria Teresa Lavazza, UGI OdV, Sermig, Casa Oz). Quest’ultimo, da sempre, assicura domicilio per i nostri pazienti, trasporto da e per l’ospedale e ci aiuta nella proposte di attività ludico-ricreative e nelle attività di inclusione sociale (ad es. alfabetizzazione per le famiglie straniere). Inoltre all’interno del nostro ospedale è presente la Scuola per ogni ordine e grado (compreso Asilo nido), punto di forza, che assicura continuità e serenità ed è elemento tangibile di un percorso di cura che diventa percorso di guarigione.
L’ospedale è centro di riferimento regionale e interregionale per oltre 30 diverse patologie pediatriche rare e complesse (ad es. le malattie oncologiche, la fibrosi cistica e il diabete) e per alcune specialistiche pediatriche esistono ampie collaborazioni nazionali (es. Rete Nazionale Tumori Rari) ed internazionali (es. ITCC – Innovative Therapies for Children with Cancer), con partecipazione a reti europee (PaedCan, Endo ERN, ERN EURO-NMD).

 

Durante un ricovero come deve essere l’approccio medico, bambini, genitori e malattie?

Si tratta di un approccio olistico alla malattia, secondo il principio che curare non basta, ma occorre prendersi cura. Oltre alla medicina, sono fondamentali il supporto psicologico, scolastico educativo e ricreativo, non solo per il paziente, ma per l’intera famiglia.

 

La prevenzione infantile è possibile? Quanto incide l’inquinamento?

Con i dati attualmente a disposizione quello che si può suggerire è la messa in atto di un approccio precauzionale nei confronti di bambini, adolescenti e donne gravide rispetto ai rischi ambientali per la salute, accertati o sospettati. Sarebbe infatti auspicabile l’adozione del principio di precauzione con l’adozione di interventi di sanità pubblica volti a prevenire l’esposizione dei bambini a sostanze possibilmente cancerogene, attraverso uno sforzo integrato della famiglia, della scuola e dei pediatri di libera scelta. Interventi prioritari dovrebbero essere rivolti a proteggere i bambini dall’esposizione a fumo passivo di tabacco e gas di scarico da motori diesel e benzina, perché si tratta di miscele di numerose e diverse sostanze dannose e perché la riduzione dell’esposizione avviene solo attraverso il miglioramento della qualità dell’aria che avrà sicuramente effetti benefici sulla salute delle nuove generazioni e dovrebbe essere un obiettivo perseguito da ogni società lungimirante. Sarebbe inoltre importante che le famiglie ricevessero informazioni sui controlli degli acquedotti che servono le loro abitazioni e che si proseguisse con i carotaggi per definire il grado di contaminazione delle falde acquifere. Appare anche opportuno implementare indagini analitiche di approfondimento epidemiologico, volte ad identificare le cause che hanno contributo a determinare gli eccessi evidenziati. Mentre l’associazione tra disturbi respiratori nell’infanzia e l’inquinamento atmosferico è ampiamente documentata, è al momento difficoltoso individuare i fattori ambientali specificamente associati all’insorgenza dei tumori infantili. Ciò è dovuto in parte al fatto che le esposizioni rilevanti possono riguardare il genitore, il bambino nel grembo materno, o il bambino dopo la nascita, e poiché i tumori, in particolare quelli infantili, possono essere il risultato di una combinazione di cause genetiche e ambientali.
AIEOP conferma che l’epidemiologia è omogenea su tutto il territorio nazionale. Attualmente sono circa 1380 e 780 rispettivamente i bambini e gli adolescenti che ogni anno in Italia si ammalano di tumore maligno, pari a 164 casi per milione di bambini e 269 casi per milione di adolescenti, senza differenze sostanziali per area geografica. Quando si analizza il rapporto osservati/attesi per regione di residenza o loro aggregazioni in macroaree, questo risulta molto simile nelle varie aree geografiche: 64% al Nord, 70% al Centro e 63% al Sud e nelle Isole. Al momento non esistono dunque fenomeni di disequilibrio sul territorio nazionale.
In una nota del 12 gennaio 2016 del Direttore Dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria, lo stesso Istituto Superiore di Sanità aveva ribadito che “la mortalità di bambini e adolescenti è analoga a quella dell’intera Regione”: non è vero che bambini e adolescenti della Terra dei Fuochi muoiono di più ma, si ammalano e vengono ricoverati in misura maggiore rispetto al resto della Campania. Nella stessa nota, si ribadisce anche che i dati presentati alcuni anni fa dall’ISS derivano da uno studio di epidemiologia descrittiva che non può arrivare a nessuna conclusione e a nessuna individuazione di rapporti di causa-effetto perché manca la fase fondamentale della valutazione del rischio che consegue all’esposizione agli inquinanti.

 

Cosa accade a livello emotivo del bambino durante un ricovero?

Paura del dolore, di non tornare più a casa, di non vedere più famigliari e amici, di non essere più il bambino di prima.
Comunicazione e ambiente sono fondamentali per sconfiggere le paure. Le attività devono ricalcare più possibile il quotidiano di prima.
L’esperienza dell’ospedalizzazione provoca in pazienti e famiglie un inevitabile disagio, spesso amplificato se il genitore in assistenza non dispone di una solida rete famigliare o se i genitori sono stranieri, arrivati in Italia nella speranza di una cura. È possibile poi che all’esperienza di malattia si aggiungano eventi esterni altamente stressanti per i pazienti e le famiglie, spesso imprevedibili, come la pandemia da Covid-19 che ha investito le Strutture sanitarie. In questo senso, l’ambiente ospedaliero assume una valenza fondamentale, sia per la protezione e la sicurezza dei pazienti, sia per il contenimento di possibili ansie scaturite nel bambino a causa del ricovero. La letteratura sostiene infatti che la presenza di un ambiente gradevole, confortevole e luminoso, con un maggior fascino estetico favorisce un miglior stato d’animo nei pazienti e nelle famiglie, contribuendo significativamente al loro percorso di adattamento alla cura. Inoltre, la possibilità per i bambini e gli adolescenti di usufruire in ospedale di spazi per il gioco, per l’educazione e per lo svago in generale, impatta positivamente sul percorso di guarigione dei malati.

 

Come spiegare la diagnosi ad un genitore e ad un bambino?

In oncologia pediatrica la comunicazione della diagnosi è probabilmente il momento più importante, un primo atto di cura e di empatia nei confronti del bambino e della sua famiglia. Il bambino malato e la sua famiglia non devono mai essere lasciati soli con le loro angosce, le loro incertezze, i fantasmi delle loro fantasie, ma deve iniziare per loro un cammino il più strutturato e supportato possibile. A tal fine, durante la comunicazione della diagnosi è sempre presente oltre al medico oncologo anche lo psicologo che ha il compito di sostenere le famiglie, attenuando il più possibile ansie e paure. È sempre auspicabile adottare con bambini e famiglie una comunicazione sincera ed aperta che li aiuti a capire e gestire la malattia. Occorre ovviamente rispettare l’età del bambino, ma l’esperienza clinica ci insegna che ogni bambino anche se piccolo merita una comunicazione veritiera utilizzando un linguaggio adeguato ed una comunicazione non verbale appropriata. Le parole, gli scritti, i disegni sono forme diverse che utilizziamo per relazionarci con i bambini, per spiegare loro la malattia e le cure che dovranno fare. Essere attenti e sensibili, sostenere la speranza, inizia dal poter avere un rapporto sincero con i pazienti. Un’attenzione specifica va poi sempre dedicata a spiegare la malattia e il percorso di cura oltre che a genitori e paziente ai fratelli e alle sorelle “sane”, limitando il loro isolamento e facendoli sentire così partecipi anch’essi del percorso di cura.

 

Com’è la quotidianità di un bambino, dei medici e dei genitori in ospedale?

Al mattino giro visita ed esami vari. Tutti noi cerchiamo di rendere la quotidianità il più possibile simile a quella che sia aveva prima con la scuola al mattino e al pomeriggio le varie attività con i volontari e le associazioni. È fondamentale la riabilitazione fisica dei nostri bambini e ragazzi con i terapisti e i fisioterapisti dedicati.
È importante donare sollievo ai genitori che possono concedersi momenti fuori dalla stanza. Ripresa delle visite dei parenti e degli scambi tra i genitori post covid.

 

La scuola in ospedale

Presso il Centro di Torino la Scuola in Ospedale (SIO) entra a far parte del percorso del paziente subito dopo la comunicazione della diagnosi e gli insegnanti sono parte integrante dell’equipe di cura e assistenza. La SIO rappresenta un elemento di normalità: l’ingresso in ospedale rappresenta una perdita del benessere psico-fisico precedente ed una rottura con l’ambiente familiare e con il mondo esterno. La scuola ospedaliera è presente in OIRM: 1967 con la Scuola primaria “Vittorino da Feltre”; 1994 con la scuola secondaria di primo grado “Amedeo Peyron”; 1999 con la scuola secondaria di secondo grado ITCS “Libera e Vera Arduino”; 2005 con la scuola dell’infanzia dipendente dalla Direzione Didattica “Vittorino da Feltre”; 2017 Sezione nido di infanzia presso il reparto di oncologia pediatrica (Intesa san paolo): la ricerca mostra come la partecipazione all’asilo nido potenzi lo sviluppo psicologico e cognitivo. La scuola in ospedale è presente anche in alcuni centri spoke della rete di oncologia pediatrica di Piemonte e VdA così da assicurare la possibilità di studiare anche ai pazienti che fanno i controlli e alcune terapie più vicino a casa. Grazie al progetto scuola in ospedale integrata promosso dalla FONDAZIONE Agnelli i bambini possono connettersi con la scuola di appartenenza. La nostra struttura attualmente offre la possibilità di frequentare la scuola ospedaliera per ogni ordine e grado e da alcuni anni è inoltre presente l’Asilo Nido con due educatrici che si occupano dei bambini nella fascia di età 6 mesi-3 anni grazie al contributo di Intesa.

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