Cultura
Primo Levi e la montagna, apre la mostra a Torino per il Giorno della Memoria
Durante l’intera durata dell’esposizione saranno organizzati laboratori dedicati agli studenti delle scuole secondarie di I e II grado
TORINO – Venerdì 26 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, apre al pubblico la mostra Le ossa della Terra. Primo Levi e la montagna ideata e prodotta dal Museo Nazionale della Montagna di Torino.
Il percorso espositivo – a cura di Guido Vaglio con Roberta Mori e sviluppato in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino – invita a scoprire il legame poco conosciuto tra Primo Levi e la montagna, nato negli anni dell’adolescenza e tragicamente legato al destino dello scrittore. Fu infatti in Valle d’Aosta che avvenne il suo arresto nel dicembre 1943, che lo condurrà alla deportazione nel campo di Auschwitz. All’indomani dell’8 settembre 1943, l’espressione “andare in montagna” era infatti diventata sinonimo di una precisa scelta di campo, quella di aderire alla lotta partigiana. Dopo la guerra, sarà ancora la montagna a favorire e consolidare l’amicizia di Levi con altri due protagonisti del Novecento: Mario Rigoni Stern e Nuto Revelli, testimoniata in mostra dalla pietra con incisione della poesia A Mario e a Nuto, proveniente dalla Fondazione Nuto Revelli di Cuneo. Levi fece incidere la poesia su una pietra di fiume per suggellare una sorta di patto «di cui la montagna da cui quella pietra veniva costituiva in qualche modo il testimone» – scrive Marco Revelli nel catalogo della mostra – «come se la montagna rappresentasse l’occasione di un nuovo inizio».
La mostra
La mostra si compone anche di fotografie storiche, oggetti, documenti, volumi, manoscritti ed estratti video provenienti da archivi pubblici e privati, oltre che dai familiari dello scrittore, dal Centro Primo Levi e dal Museo. Per la prima volta esposto al pubblico, proveniente dagli archivi di famiglia, un paio di sci di Primo Levi che testimonia la sua breve esperienza partigiana. Gli sci furono lasciati dallo scrittore ad Amay, in Valle d’Aosta, dove fu arrestato il 13 dicembre 1944 insieme con altri partigiani della piccola banda di Giustizia e Libertà. Furono poi utilizzati dal partigiano Ives Francisco per fuggire in Svizzera.
I documenti Le cronache di Milano e I Libri segreti provenienti dall’archivio di Massimo Gentili-Tedeschi forniscono invece uno spaccato inedito del 1942, periodo in cui Levi trovò un impiego alla fabbrica Wander di Crescenzago e si trasferì a Milano, ospite della cugina Ada Della Torre. Qui trascorse, con altri sei giovani torinesi, un breve ma intenso periodo di vita in comune, fatto di incontri, di discussioni politiche e culturali, di fervore creativo, di serate conviviali e gite sulle montagne lombarde. Disegni, caricature, filastrocche e vignette raccontano la vita di quel periodo con leggerezza e ironia, pur nella consapevolezza della situazione in cui si viveva, il cui esito tragico non avrebbe tardato a manifestarsi.
Le citazioni di Primo Levi
Ad accompagnare il visitatore nel percorso espositivo sono le citazioni di Primo Levi. Natura, Materia, Letteratura, Trasgressione, Riscatto, Amicizia, Scelta, Liberazione sono le otto parole-chiave attorno a cui si articola la mostra e che rappresentano l’essenza dell’amore dello scrittore per la montagna. Per Levi le escursioni in montagna significarono molte cose insieme: l’incontro con la natura e con la materia, la nascita di amicizie profonde, la sfida con se stesso, l’orgogliosa rivendicazione di libertà, l’allenamento alla fatica e alle privazioni.
Durante l’intera durata dell’esposizione saranno organizzati laboratori dedicati agli studenti delle scuole secondarie di I e II grado, con l’obiettivo di sensibilizzare, sviluppare l’empatia e consolidare i legami tra i giovani cittadini. Il risultato di questo impegno si concretizzerà in un progetto grafico comune e in un’attività di scrittura basata sulla rielaborazione dei testi e delle citazioni di Primo Levi.
In foto: Primo Levi alla Capanna Margherita, sulla vetta della punta Gniffetti al Monte Rosa, anni Sessanta.
Crediti: Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino, per gentile concessione della famiglia Levi
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