Cultura
Zombie Revival, quando gli zombie arrivano a Torino
L’intervista con l’autrice del libro
TORINO – Vi è capitato di ritrovare vecchi compagni di classe su Facebook e di conseguenza decidere di organizzare un ritrovo decenni dopo l’ultima volta che vi siete visti? Si, immagino vi sia capitato (a me è capitato). Mi auguro però che il vostro ritrovo non si sia trasformato in uno Zombie Revival come capita nel curioso e divertente racconto che Francesca Mogavero ha scritto per Nero Press (a me questa parte non è capitata, almeno non fisicamente).
Il racconto ci arriva per voce di Rebecca, una delle protagoniste che si presenta al ritrovo in casa di Ludovico, per il quale ai tempi della scuola provava un certo interesse. Quando il gruppetto si ritrova però cominciano i problemi. Affiorano vecchie ruggini, si scoprono gli altarini e soprattutto la villetta viene assediata da un’orda di zombie decisamente affamati.
In una manciata di capitoli l’autrice riesce ad infilare una serie impressionanti di temi. Abbiamo la pandemia da Covid, i vecchi amori che ritornano, i segreti mai detti dei tempi della scuola, le invidie (soprattutto) tra donne, atti di bullismo rimasti sopiti nel tempo. Poi naturalmente l’invasione zombie, un pizzico di gotico e di satanismo e Mogavero trova il tempo per mostrarci (naturalmente in chiave macabra) anche il suo amore per i gatti. Tutto ciò con una scrittura ironica e coinvolgente, cinica a tratti. Un manipolo di personaggi ben caratterizzati che si muovono tra invidie, ricatti e momenti di romanticismo inattesi.
Sullo sfondo una Torino lontana, che rimane staccata dagli eventi, quasi ad osservare impotente quello che accade ai protagonisti.
L’intervista con Francesca Mogavero
Da Francesca Mogavero tutto mi sarei aspettato fuorchè un racconto di zombie. Da dove è sbucata questa passione nascosta?
Sono passata al lato oscuro (risata malvagia). A essere più precisa, se non suonasse un tantino inquietante, dovrei dire che nel lato oscuro ci sono nata: la passione per l’orrore, sulla carta e su pellicola, è una tradizione familiare, mio nonno e mia madre sono da sempre degli estimatori, le estati al mare passate a guardare “Notte Horror” sul balcone, da un televisorino portatile con il volume al massimo, è uno dei miei ricordi più cari. C’è da dire che, nonostante questa lunga gavetta, sono piuttosto fifona, gli zombie in particolare (mi riferisco a quelli che ci ha tramandato il cinema, Romero in primis) mi inquietano: oltre al loro alto mantenimento (gusti alimentari costosi, igiene discutibile…), simboleggiano qualcosa di grosso, di impegnativo da accettare…
Come tradizione horror vuole gli zombie nascondono riflessioni sociali non banali. Dal Covid alle invidie sopite per anni. Di che si parla in questo racconto?
Ecco appunto. Gli zombie sono, allo stesso tempo, estranei e familiari: hanno le fattezze di qualcuno che forse conosci e magari ami, ma sono anche qualcosa di diverso, non ti riconoscono più… E vogliono mangiarti il cervello, accidenti! Dieta a parte, capita più o meno la stessa cosa quando non ci si frequenta da anni: in fondo siamo sempre noi, ma siamo cresciuti, cambiati, abbiamo intrapreso altre strade e chissà cosa abbiamo combinato nel frattempo. Zombie revival, in estrema sintesi, parla proprio di questo: una rimpatriata liceale, a vent’anni dal primo giorno di scuola, tra cotte e screzi che si riaccendono, senso di rivalsa e la ciliegina sulla torta… un’invasione di morti viventi!
La protagonista, Rebecca, è una donna con un carattere preciso. Ce la racconti?
Rebecca, come ha scritto qualcuno, “è una di noi”: si barcamena tra vari lavori (è una partita iva), ha un’ironia caustica e una vena polemica che talvolta mettono a dura prova chi la circonda, è un po’ misantropa (“selettiva”, direbbe lei), ma determinata a realizzare i suoi sogni e a continuare a fare quello che le pare. Per certi versi è un po’ immatura, ma nessuno è perfetto… E non c’è niente di più efficace di una notte da incubo per crescere di colpo e capire ciò che conta davvero.
I tuoi vecchi compagni di classe potranno riconoscere alcuni loro tratti nei protagonisti del racconto o sono personaggi completamente inventati?
(Ghigno malefico seguito da espressione angelica) Ma certo, è tutto tutto inventato! A parte gli scherzi, io ho un bel ricordo del liceo, eravamo una classe molto varia e creativa, so che le mie compagne e i miei compagni stanno realizzando cose bellissime (dall’insegnamento alla chimica, dalla regia al giornalismo) e ne sono felice. In particolare, ricordo con molto affetto i ragazzi, sempre molto protettivi, attenti e divertenti, mi hanno fatto sentire meno figlia unica! E poi in quegli anni ho trovato e ritrovato amicizie importanti, che mi accompagnano ancora oggi. Di vero, nei personaggi di questo racconto, ci sono i caratteri delle mie amiche più strette, donne tostissime e speciali che ammiro e mi supportano e sopportano ormai da decenni; ci sono la goffaggine (ma anche la tenerezza) nel gestire le prime emozioni forti, l’amore per lo studio, la passione per certi giochi di parole, aneddoti e tormentoni che ritornano all’infinito, facendo sempre molto ridere.
Ma a te è capitato di partecipare ad una reunion con i vecchi compagni di classe?
Sì, più volte, ma vi assicuro che abbiamo sempre mangiato pizza e non ci sono stati risvolti paranormali… Forse.
Domanda di chiusura filosofica: secondo te c’è del romanticismo nella figura dello zombie?
Dipende dallo zombie! L’idea di un sentimento che continui (o addirittura sbocci) dopo che il cuore ha cessato di battere, anche quando si perdono i pezzi e il colorito non è proprio fresco, è romantica, sì… Opterei solo per un’alimentazione più equilibrata, ecco (ho una passione per il cibo, sono monotematica!).
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