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Politica

Se l’attualità non entra in università, gli studenti portano l’attualità in università

Una delle ragioni dell’occupazione di Palazzo Nuovo può essere la tendenza dei docenti UniTo di non parlare di temi “caldi”, come la guerra Israele-Palestina

Sandro Marotta

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TORINO – L’occupazione di Palazzo Nuovo non si capisce se non si tiene conto del fatto che per oltre un mese la guerra israelo-palestinese è stata ignorata dai docenti all’interno delle aule universitarie. E così, dopo settimane in cui l’attualità non è stata trattata all’interno dell’ateneo, gli studenti ce l’hanno fatta entrare, riempiendo aule da oltre 400 posti.

Mercoledì pomeriggio infatti un gruppo di studenti (“studenti per la Palestina), ha deciso di interrompere le lezioni di Palazzo Nuovo.

Che cosa hanno fatto?

Centinaia di studenti hanno partecipato a assemblee, incontri e approfondimenti sulla guerra tra Israele e Palestina. Eccone alcuni: “Le ragioni del boicottaggio accademico”, con il collegamento in video con l’università di Birzeit; “che cosa sta succedendo a Gaza: narrazione di un genocidio”, con la giornalista e scrittrice Chiara Cruciati, Cecilia Dalla Negra e Tamara Taher; l’incontro con i lavoratori Lear di Grugliasco (in sciopero da diversi giorni), con il delegato Fiom Antonio Gullo. Da ultimo l’incontro (assai discusso) con Leila Khaled.

Perche?

Gli studenti hanno voluto imporre la trattazione un tema che, per settimane, è stato ignorato da quasi tutti i docenti dell’ateneo. Pochi incontri, nessuna conferenza sul tema, nemmeno da parte dei corsi di studio che si occupano di storia, politica e informazione. “La questione è complicata”, si è detto (e si dice) spesso alla cattedra, quindi si ritiene sia meglio non affrontarla in modo da non contraddire nessuno.

Non stupisce quindi che, se del tema “caldo” della Palestina si parla continuamente sui media e in università tutto questo sia quasi ignorato, gli studenti trovino il modo di forzare i cancelli del sapere. Le forzature e il carattere radicale della protesta, compresi i suoi aspetti controversi (vedi Leila Khaled), forse potevano essere mitigate dai docenti, che avrebbero potuto dare le coordinate teoriche per riflettere (non per forza schierarsi) su un tema complesso come quello palestinese.

Le aule si possono ancora riempire

L’occupazione delle aule di Palazzo Nuovo ha dimostrato che gli studenti hanno voglia non solo di studiare i manualoni di storia, letteratura e filosofia, ma anche di capire quello che sta succedendo intorno a loro.

Palestina-Israele, lavoro, diritti, politica: questo è ciò che interessa a chi studia, ma non all’istituzione in cui lo si fa.

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