Cittadini
Chiara, Giulia, Elvira: noi, studentesse celiache fuorisede schiacciate dalla burocrazia dei buoni senza glutine
Il trasferimento da una Regione all’altra mette in difficoltà molti/e studenti a causa della burocrazia. “A Torino prodotti gluten free cari e scadenti”
TORINO – Tempi lunghi, burocrazia, richieste macchinose: gli studenti celiaci che sono andati a studiare fuori dal Piemonte (o che hanno scelto il Piemonte arrivando da fuori) stanno vivendo un’Odissea per i buoni mensili destinati all’acquisto di cibo senza glutine.
Cosa sono e come funzionano i buoni mensili per celiaci/celiache
Dato che i prodotti senza glutine sono il 47% più cari (in media) rispetto a quelli con il glutine, “a partire dal 1982 i celiaci hanno ottenuto la gratuità degli alimenti sostituitivi, confermata dal Decreto Veronesi”: così spiega l’Associazione Italiana Celiachia Piemonte. I soggetti a cui è stata certificata la celiachia hanno diritto a un accredito mensile sulla tessera sanitaria, con cui possono comprare tutti i prodotti inseriti in questo registro del Ministero della Salute.
La burocrazia per cambiare regione di spesa dei buoni
Per usufruire dei buoni quando si è domiciliati in Piemonte ma residenti fuori dai confini regionali occorre ottenere l’autorizzazione dell’Asl. Il processo tuttavia è macchinoso: “prima di tutto – spiega Chiara, studentessa torinese ora Padova – è necessario cambiare medico curante (modalità deroga a scadenza ndr); io dovrei sceglierne uno qui in Veneto e solo per questo ci vorrebbe qualche settimana o mese. Poi devo stampare il libretto, inviarlo all’Asl di Padova, che comunicherà con quella di Collegno e infine darà il via libera alla fornitura”. In tutto questo il denaro accreditato non varia da regione a regione.
“Torno a casa con una valigia da 10kg”
“Visti i tempi della pubblica amministrazione – continua Chiara – ho scelto di non fare il trasferimento. Per ora mi faccio spedire il cibo dai miei genitori con un pacco postale.”
Nella stessa situazione si trova Giulia, studentessa trevigiana di Comunicazione pubblica e politica presso UniTo: “con il fatto che torno una volta al mese e porto una valigia da dieci chili, posso comprare tutto ciò che mi serve quando torno a Treviso.”
Tempi troppo lunghi e “tremila cose da fare”
La “burocrazia del gluten free” è incompatibile con i ritmi naturali dei e delle fuorisede: nel caso in cui Chiara e Giulia facessero il trasferimento, tra un anno e mezzo (ovvero dopo la laurea) dovrebbero tornare a casa, quindi ricambiare medico, Regione e Asl. Nel frattempo chi spedirebbe loro il cibo?
Anche l’Erasmus e il tirocinio rappresentano una difficoltà per chi è intollerante al glutine: “Io sono stata via di casa un anno e mezzo in Portogallo con l’Erasmus – afferma Elvira, abruzzese, ora studentessa a Pavia – lì non avevo i buoni e mi facevo mandare il cibo dall’Italia. Poi in magistrale sono andata a Pavia e lì sono iniziati i problemi. Un po’ perchè non avevo tempo, un po’ perché non mi stavo trovando bene con l’università e non volevo rimanere in regione per tanto, sta di fatto che non ho fatto il trasferimento dei buoni. Ci sono davvero tremila cose da fare.”
“Mi sono sempre tovata malissimo”
“É sempre stato un macello procurarsi i buoni – continua Elvira – una volta mi erano scaduti i buoni annuali e sono rimasta senza credito per un mese, perchè era difficilissimo contattare il personale. In generale è molto difficile sia ottenerli che usarli in situazioni particolari come in altre regioni.”
Torino? In supermercati e farmacie marche care e scadenti
“Sono a Torino da quasi due mesi – conclude Giulia – nei supermercati o nelle farmacie ho trovato marche molto care ma scadenti. I negozi specializzati sono sparsi in vari quartieri anche lontani rispetto al centro, quindi non è facilissimo fare la spesa. C’è la possibilità di ordinare in farmacia, ma l’altro giorno ho provato a comprare del pane senza glutine: 8 euro e 50 per una cosa che faceva un po’ schifo.”
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