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Cultura

Il procuratore la caccia e la preda, intervista con Giorgio Vitari

Il sostituto procuratore Ròtari immpegnato in un’inchiesta su un omicidio nel bel mezzo di Mani Pulite

Gabriele Farina

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TORINO – Torna Giorgio Vitari con il suo personaggio, il procuratore di Torino Francesco Ròtari. Vitari ha questa particolarità di spostare avanti e indietro nel tempo le avventure del suo personaggio e così con Il procuratore la caccia e la preda, Neos Edizioni, ci ritroviamo nell’autunno del 1993.

L’Italia è scombussolata da Mani Pulite, le procure delle principali città sono al centro dell’attenzione sulla scia di quello che sta portando avanti la sede di Milano. A Torino però il sostituto Ròtari è impegnato con un caso di omicidio. Per risolvero, insieme al maggiore Ruggero, il nostro viaggerà sul filo del consentito. Quanto si può bluffera per far cadere un sospettato? Quanto può essere estrema la caccia pur di arrivare alla preda? Queste le domande che solleva il libro.

Vitari tratteggia un personaggio in evoluzione che si muove sullo sfondo di un Paese fragile, agitato, ferito, pronto a giudicare. E così le sue azioni finiscono sotto una lente speciale (anche perchè tra i sospettati c’è un giornalista che mira a presentarsi con un nuovo partito alle imminenti elezioni) ed hanno una risonanza che rischia di mettere a dura prova l’efficacia della Procura.

Intanto viaggiano le vite personali, con un Capodanno da organizzare, i rapporti con la famiglia ed una donna che si affaccia nella vita di Ròtari.

L’intervista con Giorgio Vitari

Ritroviamo il procuratore Ròtari nel 1993, in un’Italia sconvolta da Mani Pulite. Cosa ricordi di quel periodo?

Il 1993: anno di grande fermento, anche giudiziario. Sembrava che molte cose della vita pubblica fossero in procinto di cambiare radicalmente. Era finito il terrorismo, era cambiata la legge elettorale passando dal proporzionale al maggioritario, l’opinione pubblica e il sistema economico non sopportavano oltre una politica parassitaria e invadente. Sul piano individuale molte coscienze erano entrate in crisi, ribaltando opinioni che sembravano certe.
Il ruolo della magistratura è stato inizialmente enfatizzato per poi essere quasi criminalizzato.

Tra le varie tematiche del libro la più evidente è il limite verso il quale si può spingere la Procura per arrivare alla soluzione. E’ più importante arrivare alla preda o rimanere ben saldi nei limiti della caccia?

I limiti dell’operato della Procura è uno dei temi del romanzo tanto da essere evocato nel titolo. Il magistrato inquirente deve rispettare la procedura e più in generale i diritti del cittadino ma ha anche degli obblighi verso la comunità che si attende la repressione dei reati. Può quindi capitare che il percorso del Procuratore segua un crinale stretto se non impervio. Come giudicare tutto ciò: il romanzo fa delle proposte, l’autore si rivolge al lettore. In copertina ho anche indicato un indirizzo mail (procuratore.rotari@gmail.com) per chi volesse rispondere.

Una delle particolarità dei tuoi romanzi è che sposti l’azione di volta in volta nel tempo. Non è possibile definirli seriali anche se il protagonista è sempre lo stesso. Come mai questa scelta?

Non c’è un piano, seguo l’ispirazione. Per la verità per i primi quattro ho (più o meno) ricalcato la mia carriera: Torino, Ivrea, Vercelli ed Asti (invertendo queste due ultime sedi). Con il quinto, “Il procuratore la caccia e la preda” sono “tornato” a Torino e quindi indietro nel tempo.

 

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