Eventi
L’energia dei Placebo sul palco del Sonic Park
“Never let me go” che si conferma, anche dal vivo, un disco bello e godibile
STUPINIGI – L’atmosfera era elettrica, l’impressione che sarebbe stata una serata diversa ed in qualche modo memorabile era nell’aria. Il Sonic Park, quest’anno, tra i grandi ospiti internazionali e nazionali, è riuscito ad acchiappare anche i Placebo.
Ormai storico gruppo britannico composto da Brian Molko, istrionico frontman e Stefan Olsdal, eclettico musicista, ha rappresentato una vera rivoluzione nel brit-pop, unendo stili ed influenze, in modo energico in una raffinata miscela di post-grunge e punk rock, unita a sperimentazioni elettroniche vicine alla dark e alla new wave. Il grande spazio dei giardini di fronte alla palazzina di caccia di Stupinigi si è riempito lentamente, nella calda serata di ieri, la cui temperatura è salita quando sul palco sono saliti Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio, ovvero i BSB, Bud Spencer Blues Explosion, che con il loro carico sound rock-blues fatto di chitarra-batteria, hanno cucinato, per bene, il pubblico prima dell’uscita di Molko&Co. Poco prima del concerto la discussione era su l’incessante pressing della band, con manifesti appesi un po’ da tutte le parti, che invitavano a non usare smartphone e godersi il concerto e a farsi trasportare completamente, senza distrazioni, dal momento.
La speranza era che lo show ripagasse, questo “piccolo sforzo”, con qualcosa di davvero memorabile. Ed infatti è stato così! I Placebo, dal 2015 rimasti un duo (Brian Molko e Stefan Olsdal), anche se da sempre accompagnato da musicisti di spessore internazionale, non hanno mai perso la loro bussola, quella che li porta a vivere costantemente il presente e che hanno offerto al pubblico del Sonic Park ieri sera. Da qui la scelta di suonare quasi tutto l’ultimo album, peraltro un pregevole lavoro, “Never let me go” che si conferma, anche dal vivo, un disco bello e godibile. “Forever chemical”, che apre lo show, “Beautiful James”, con la sua intensità, “Hugz” e “Scenes of the crime”, la commovente “Happy Birthday in the Sky”, l’estraniante “Surrounded by Spies”, “Sad White Reggae” e, poco dopo, “Try Better Next Time”. Il messaggio è chiaro, siamo qui a dire e (cantare) quello che siamo adesso, che pensiamo adesso e che vogliamo adesso. Ecco perché, un Molko davvero ispirato non ci mette molto ad attaccare frontalmente il governo italiano, dove chiama per nome il primo ministro Giorgia Meloni che definisce senza mezzi termini “fascista e razzista”, oltre ad una serie di insulti abbastanza espliciti. Ricorda al pubblico di difendere i diritti dei bambini e delle famiglie omo e trans e di combattere (tutti) per la parità di genere, tema molto caro alla band e da sempre affrontato all’interno delle loro profonde liriche. Il concerto prende quota, nonostante il pubblico apprezzi il grande spazio dato a “Never let me go” e arrivano alcuni dei brani che li hanno resi celebri e che ancora adesso, dopo quasi vent’anni, tutti cantano a memoria. “To many friends”, brano epocale sul senso di solitudine dovuto al bombardamento social che viviamo e alla quasi assenza di relazioni personali vere, da qui la battaglia di Molko per il no smartphone, che lo rende forse antipatico agli occhi di qualcuno, ma che in realtà vuole solo riportarci ad assaporare il gusto delle cose senza per forza farlo con uno strumento che ne distorce e altera il senso. E’ una sorta di ritorno alle radici della vita, con meno stimoli e più consapevolezza, come in “Slave to the wage”, altra superhit della band, dove Molko critica la ricerca del successo a ritmi frenetici, come una corsa di topi in un labirinto da cui non si esce mai. “Song to say goodbye”, una canzone sull’abbandono di qualcosa, di uno stile di vita, di un mondo, vero manifesto per la band e la meravigliosa “Bitter end”, che in qualche modo ci racconta la difficoltà nello staccarsi dalle relazioni tossiche, ci accompagnano verso la fine della serata.
Con “Infra-red” dall’album Meds, altro iconico pezzo, arriviamo agli encore, che ci aprono un mondo. Escono infatti sulle note fragorose di “Shout” immortale pezzo dei Tears for Fears, band molto amata da Brian e tutto il pubblico, incitato a più riprese, urla la propria protesta. Momento davvero forte, seguito da “Fix Yourself” prima della chiusura sulle note di un altro epico brano della musica inglese, ovvero “Running up that hill”, di Kate Bush che ha avuto una seconda giovinezza grazie alla serie tv Stranger Things. Salutano il pubblico, Stefan scende a stringere mani tra le prime file, resta il rammarico della canonica ora e trenta, la durata standard dei loro live e che in qualche modo è un marchio di fabbrica. Ieri sera onestamente ci sarebbe piaciuto andare avanti, almeno ancora un po’, ma sappiamo che loro sono fatti così e sono belli proprio per quello. La cosa davvero incredibile è che ci sono riusciti, di smartphone tirati su se ne sono visti davvero pochissimi e si è realizzato quell’atto di connessione con il pubblico che Brian auspicava. Grazie Placebo, speriamo di non aspettare anni prima che qualcuno decida di riportarvi sui nostri palchi. Questa sera si cambia musica al Sonic Park, dove arriva una leggenda assoluta della musica mondiale, Sting e domani sera i Black Eyed Peas, a chiudere un terzetto internazionale di assoluto prestigio.
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