Società
La lettera del padre del centauro morto in Valle Susa: dolore e umanità
Fabio adesso non c’è più, ha raggiunto la sua mamma ormai, il resto poco importa
Dopo la tragica morte in motocicletta di Fabio Vacca, la redazione di Valsusa Oggi ha ricevuto una lettera dal padre del centauro che esprime il suo dolore e riflette sull’informazione.
“Ciao papà” mi ha detto salendo in sella alla sua moto “ci vediamo stasera a casa”. Stavo per fargli le solite raccomandazioni ma si era già allacciato il casco e non le avrebbe sentite. L’ho salutato con la mano guardandolo mentre si allontanava. Così se n’è andato il mio Fabio, guidando spensierato in una calda e bellissima giornata d’estate mentre raggiungeva gli amici in montagna.
E’ accaduto sabato scorso, nella mattinata del 24 giugno; ho appreso la notizia molte ore dopo dai messaggi di cordoglio che amici e conoscenti hanno iniziato freneticamente ad inviarmi sul telefonino, dopo aver letto l’articolo pubblicato dopo la morte di mio figlio sulla pagina facebook del quotidiano on line “ValsusaOggi”.
Fabio adesso non c’è più, ha raggiunto la sua mamma ormai, il resto poco importa. Mi preme, tuttavia, esprimere il mio modesto pensiero circa la spasmodica necessità di dover dare la notizia, sacrificando così il diritto degli interessati di vivere il loro dolore, almeno nelle prime ore, in silenzio, senza dover necessariamente apprendere tali strazianti notizie dai social e dover sopportare anche la beffa dei soliti empi e irricevibili messaggi che – tra gli altri – purtroppo si leggono sotto tali drammatici post.
Io credo che non ci sia nulla di più sacro del dolore e che quando siamo meri spettatori del dolore altrui dovremmo avere la capacità ed il coraggio di restare perlomeno in silenzio.
Mettere in prima pagina nomi e cognomi senza neanche accertarsi che la famiglia sia stata informata dalle forze dell’ordine e dar la possibilità a tutti di poter commentare tali notizie senza alcuna censura, secondo me non è rispettoso e dimostra totale assenza di pietas nei confronti di chi, oltre al dolore, deve sopportare anche tale umiliazione.
Le chiedo, dunque, Egregio Direttore se le sembra accettabile che un padre debba subire questa tortura. Le domando, insomma, se l’inviolabile diritto/dovere di cronaca non possa essere ugualmente garantito utilizzando modi adeguati e rispettosi, in una parola: UMANI.
Credo che la risposta debba essere necessariamente affermativa poiché, a mio modesto avviso, nessuno è autorizzato ad aggravare deliberatamente il dolore altrui.
La mia speranza quindi è che, in casi analoghi, colui che si trovi a svolgere il prezioso lavoro di giornalista possa provare più empatia nei confronti delle famiglie travolte da quello che non è soltanto un asettico fatto di cronaca, ma un avvenimento tragico in grado di stravolgere fatalmente ed inesorabilmente intere vite, difendendo il loro dolore.
Empatia e rispetto che ha dimostrato un angelo sconosciuto di nome Elena, che non finirò mai di ringraziare, la quale sopraggiunta pochi istanti dopo l’incidente di mio figlio, mettendo a rischio la sua stessa incolumità, si è parata di fronte a quel corpo disteso sull’asfalto per impedire che qualche autovettura lo travolgesse, anche se ormai non c’era più nulla da fare.
Queste sono le storie che bisognerebbe raccontare di fronte alle fatalità, non i dettagli della tragedia. Questa è la mia speranza e, almeno questa, concedetemela. Ciao Fabio, ci vediamo a casa.
Gentile Papà Roberto, intanto mi permetto di dirle Grazie. Perché le sue parole sono importanti e preziose, che meritano ascolto, rispetto e condivisione. Non serve aggiungere commenti inutili o frasi vuote, rispetto all’immenso dolore di un Padre che ha perso un figlio in una circostanza così tragica: l’unica cosa che bisogna fare, in questi casi, è stare in silenzio e stringerci a Lei in un profondo abbraccio.
Pubblichiamo volentieri il suo contributo e la ringraziamo davvero delle parole e delle profonde riflessioni che ci ha inviato. Solo su un aspetto, da parte nostra è invece doveroso precisare, il tutto a onore del vero: la prima notizia dell’incidente è stata pubblicata dal nostro giornale senza inserire alcun nominativo, intorno alle 12.30. L’aggiunta del nome della vittima, e quindi l’aggiornamento della notizia (così come hanno fatto anche altri giornali) è stata inserita solo successivamente, circa 2 ore dopo la pubblicazione dell’articolo dell’incidente, intorno alle 14, e solo dopo aver ricevuto la conferma che la famiglia era già stata informata dalle forze dell’ordine. Questa è la procedura che viene utilizzata quando ci sono vittime di incidenti stradali. Sarà quindi importante capire bene quale problema ci sia stato, proprio grazie alla Sua testimonianza diretta.
La lettera di Elena dedicata a Fabio, che lei giustamente cita, l’abbiamo proprio ricevuta e pubblicata noi sui commenti di Valsusaoggi, proprio perché, a fronte delle tante idiozie e commenti inqualificabili che vengono pubblicati sui social, c’è anche tanto di buono e ci sono persone speciali. Proprio come lo era sicuramente Suo figlio Fabio. Un abbraccio da parte mia e di tutta la redazione.
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