Cultura
50 grandi idee: medicina – intervista con Ottavio Davini
Un libro che racconta con passione e semplicità personaggi, intuizioni e scoperte che hanno cambiato la storia della medicina e dell’uomo
Abbiamo conosciuto il dottor Ottavio Davini in uno dei momenti più difficili della storia moderna quando, nel pieno della pandemia da Covid-19, riuscì a spiegare in maniera semplice ed efficace perchè bisognava fidarsi dei vaccini. Fu un articolo di grande successo e convinse molte delle persone in dubbio ad accettare il vaccino per proteggersi dal coronavirus.
Ora Ottavio Davini torna con un libro della collana di edizioni Dedalo “50 grandi idee“, naturalmente dedicandolo alla Medicina. Ammetto di essermi avvicinato al volume convinto di utilizzarlo come un libro da consultare, da tenere lì e prendere ogni tanto per approfondire un tema, un punto, magari incuriosito dal conoscere come è nata l’idea dela pillola anticoncezionale o chi è stato il primo a rendersi conto che l’igiene negli ospedali era fondamentale per salvare la vita dei pazienti.
Come è ovvio che sia però sono partito da pagina 1 e il mio volume di consultazione è diventato invece un libro di lettura scorrevole e affascinante, pieno di curiosità ed approfondimenti. Il tema (anzi i temi, perchè in fondo sono 50 temi diversi) sapevo che sarebbe stato interessante, quello che mi ha stupito è stata la scorrevolezza e la semplicità della narrazione di Davini, che ancora una volta riesce a trattare temi punto facili con parole comprensibili da tutti ed uno stile che rende il racconto intenso e affascinante.
Così ho finito per scoprire davvero un sacco di curiosità che attraversano l’intera storia dell’umanità, dalla preistoria ai giorni nostri. Incontrando illuminazioni, scoperte casuali, errori perpetrati per secoli e avendo la conferma che la medicina e la scienza sono in continua evoluzione, un’evoluzione che nell’ultimo secolo ha viaggiato a ritmi vertiginosi.
Ottavio Davini, il lavoro che ci presenti è enorme per varietà e approfondimenti. Quanto tempo hai impiegato a preparare questo libro?
Molto più di quello che avevo preventivato. Ogni volta che aprivo una porta se ne spalancavano altre dieci: era un continuo inseguire il dettaglio, le relazioni storiche, quindi cercare altre fonti, verificarle (e spesso, soprattutto su fatti remoti, esistono versioni diverse): un lavoro senza fine. All’inizio del volume c’è un QR code che consente di accedere alla bibliografia: dando un’occhiata a quella ci si può fare un’idea del materiale che ho dovuto leggere o consultare; e magari, per chi è curioso, trovare anche qualche spunto per approfondire. Alla fine, ci ho messo quasi due anni, pur lavorando su molto materiale che avevo elaborato in precedenza, ma è stato un viaggio incredibilmente affascinante; diciamo che non mi sono annoiato.
Qual è l’obiettivo di questo volume?
La mia speranza è di avere scritto un libro che possa interessare tanto i lettori “laici” quanto i professionisti. I primi spero riescano a farsi un’idea più precisa di come siamo faticosamente arrivati alla medicina di oggi, con i suoi limiti ma anche con le sue meraviglie, e quindi magari essere più difficilmente vittima di fake news o teorie complottiste, e al contempo maturare aspettative equilibrate e ragionevoli. Per esempio, credo che, leggendo la storia dei momenti cruciali, il lettore possa comprendere qualcosa sul metodo scientifico, più che attraverso lunghe e complesse spiegazioni. Ma anche i professionisti che si occupano di salute – sono convinto – avranno modo di scoprire qua e là aspetti o curiosità di cui erano all’oscuro, e la cosa mi è già stata confermata da diversi colleghi.
Dando per scontato l’interesse e l’accuratezza del racconto, quello che stupisce sempre è la semplicità con cui riesci a raccontare concetti non certo facili. E’ questa la forza del libro?
Naturalmente ho lavorato molto sul linguaggio, cercando di scrivere in un modo che fosse comprensibile anche a un pubblico non specialista, ma al tempo stesso non ho voluto cedere sul piano del rigore, il che ha comportato una grande attenzione; ho provato quanto più possibile a essere semplice senza semplificare in modo grossolano: devo anche ringraziare lo staff di Dedalo, che mi ha aiutato in questo lavoro infinito di continue limature e aggiustamenti. Ma sono convinto che anche il “format” del libro aiuti: quattro pagine per idea, con linea del tempo, riassunto, uno o due riquadri, citazioni e così via. Questo insieme dà al libro una veste grafica molto accattivante che facilita la lettura. All’inizio stare “lì dentro” mi sembrava una gabbia; eppure, dovermi muovere in un perimetro limitato è stata una fortuna, perché mi ha costretto a soppesare con attenzione ogni singola frase (e parola), senza mai essere prolisso o ridondante: ogni riga doveva avere un suo perché.
Mi aspettavo di incontrare un volume da consultare al bisogno ed invece mi sono appassionato leggendolo come un romanzo. Si può leggere anche come una storia con una cronologia temporale evidente?
Leggerlo “in sequenza” è la prima e più naturale modalità: c’è evidentemente una linea cronologica che attraversa il libro e collega le 50 idee. Ma credo che possa essere affrontato attraverso diverse chiavi di lettura. Faccio un esempio: un medico e grande storico della medicina, Fielding Garrison, nell’introduzione di un suo libro del 1913, scriveva: “La storia della medicina è, in realtà, la storia dell’umanità, con i suoi alti e bassi, le sue coraggiose aspirazioni alla verità e alla certezza, i suoi dolorosi insuccessi. Si può trattare l’argomento in vari modi, come una rappresentazione teatrale, un insieme di libri, una sfilata di personaggi, una serie di teorie, un’esposizione di errori umani, o come la vera essenza della storia della cultura. Dentro c’è tutta la vita umana.” Ecco, la storia della medicina è anche un modo di osservare la storia dell’umanità, il che è la ragione per cui ho sempre cercato di mettere in relazione il contesto (culturale, politico, religioso) con l’evoluzione medica: la relazione c’è, ed è fortissima, biunivoca, direi. Basti pensare allo scenario nel quale sboccia la Rivoluzione Scientifica, nell’Università di Padova, dove la libera Repubblica di Venezia garantiva una dose sufficiente di laicità. A Padova arrivano studenti e insegnanti da ogni nazione: gli astronomi esplorano i misteri dell’Universo, i matematici cercano le risposte ai problemi di geometria e algebra e i medici a quelli della vita. Copernico prepara la strada a Galileo; l’anatomista Vesalio sarà il precursore di Harvey e di Malpighi; Fracastoro apre la strada alla patologia moderna. È lì che germoglia la Rivoluzione Scientifica, ed è frutto dei tempi.
Come hai scelto le 50 idee da inserire?
Va premesso che il numero (50) era reso obbligatorio dalla splendida collana di Dedalo, nata nel Regno Unito, nella quale il libro andava a inserirsi e che affronta temi di carattere prevalentemente scientifico ma non solo. Ed è evidente che identificare i 50 momenti “magici” nella storia della medicina è stato un esercizio difficile e in larga misura anche arbitrario, ma questo non è – e non voleva essere – un altro libro di storia della medicina. Quindi ho fatto riferimento a tutte le fonti disponibili (per esempio il British Medical Journal qualche anno fa fece un sondaggio tra i suoi lettori per fare un elenco delle idee più rivoluzionarie), e poi, dato che il numero era esorbitante, sono andato per sottrazione. L’obiettivo del libro era quello di cogliere quelle circostanze, frutto di caso, duro lavoro e, qualche volta, di puro genio, che più di altre hanno dato una svolta al pensiero medico. Faccio l’esempio di una cosa che nel libro non c’è: l’acido acetilsalicilico (l’aspirina). Noi tutti ne benediciamo l’esistenza, ma non ha avuto l’influenza determinante dell’insulina, del cortisone o degli antibiotici (che invece ci sono). Poi, è ovvio, ogni “specialista” si sentirà sottorappresentato, ma questo l’ho messo in conto.
Se dovessi indicare una o due idee che più di altre hanno cambiato la storia della medicina (e quindi dell’uomo) quali sarebbero?
Credo che abbia ragione un famoso storico della medicina, David Wootton, che, senza giri di parole, ha scritto che la medicina prima del 1865 faceva più male che bene, e quel 1865 lo riferisce all’affermarsi della teoria dei germi. Non dimentichiamo che fino a meno di un secolo fa la più banale delle infezioni poteva uccidere e le epidemie facevano stragi: l’aspettativa di vita nei Paesi “ricchi” all’inizio del XX secolo era intorno ai 40 anni, oggi è il doppio. E questo lo dobbiamo in larga misura al fatto di avere scoperto i batteri, il che ha permesso di mettere a punto tecniche di antisepsi (per esempio in sala operatoria) e lavorare sull’obiettivo di trovare quelli che venivano chiamati “proiettili magici”: i sulfamidici prima e gli antibiotici dopo, che hanno cambiato il mondo. Sempre a metà dell’Ottocento, inoltre, è stata inventata l’anestesia, che ha permesso finalmente alla chirurgia di osare anche sul torace e sull’addome, cosa che prima era quasi impossibile: i chirurghi bravi erano quelli veloci, anzi velocissimi, in grado di amputare una gamba in trenta secondi. In assenza di anestesia, la velocità era tutto.
Qual è invece il personaggio che più ti affascina tra i tanti di cui racconti nel libro?
Ti ringrazio per non avermi chiesto quello che reputo più importante, perché qualunque risposta avessi dato molti colleghi avrebbero disapprovato: ognuno ha la sua icona, a cominciare da Ippocrate. Ma il personaggio che mi affascina di più è certamente Vesalio, il medico fiammingo che ha “inventato” l’anatomia moderna. In pochi altri si trova quel mix di fattori ambientali (vicino a casa sua c’era una collina dove gli impiccati venivano lasciati a marcire, e lui fu incuriosito dall’anatomia di quei poveri resti), culturali (studia a Padova, che in quel momento era il faro della scienza in Europa, ed è aiutato nel preparare le tavole anatomiche da un grande pittore che è allievo di Tiziano) e personali, perché Vesalio era un genio, e un genio testardo e coraggioso, che dopo più di un millennio contesta gli intoccabili Ippocrate e Galeno, come farà qualche anno dopo Galileo con Aristotele e Tolomeo. Ecco, potremmo dire che Vesalio è il Galileo della medicina; più fortunato, perché divenne medico di re e imperatori, ma anche più sfortunato, perché morì a Zante, dopo un naufragio, appena cinquantenne.
Ma per chiudere vorrei dire che quello che più mi ha affascinato è stato l’homo sapiens: la sua voglia di comprendere l’incomprensibile, la tenacia, spesso il coraggio ai limiti dell’incoscienza, come quelli che si iniettavano i germi per vederne l’effetto su sé stessi. Ed è veramente questa la storia dell’umanità, disegnata dall’ansia di sapere. Il lavoro e lo sforzo di tantissimi ci ha portato sin qui: come scrivo nell’introduzione, sebbene alcuni nomi brillino più di altri, sono rarissime le conquiste attribuibili a un unico scienziato: la conoscenza non appare all’improvviso in quadretti ordinati e precisi, ma si accumula nel corso di decenni, come macchie di licheni su una parete rocciosa.
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