Cultura
Senza ritocco. Eve Arnold a «Camera»
Aveva ragione Robert Capa quando affermava che il lavoro di Eve Arnold «cade a metà fra le gambe di Marlene Dietrich e la vita amara dei lavoratori migranti nei campi di patate». Lo dimostra la sorprendente mostra antologica ospitata fino al 4 giugno da CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia. Curata da Monica Poggi, la mostra, attraverso un corpus di 170 immagini, ripercorre la carriera di Eve Arnold (nasce nel 1912 in una famiglia di ebrei ucraini, si spegne a Londra nel 2012), una delle fotografe più importanti del secolo scorso, la prima donna, insieme all’austriaca Inge Morath, nel 1951 ad entrare a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos. Dai primi scatti in bianco e nero della New York degli anni Cinquanta fino ai lavori a colori degli anni Ottanta, l’esposizione ricostruisce l’opera completa della leggendaria fotografa americana, che ha saputo indagare il suo tempo e il suo mondo con inusuale versatilità e con un «appassionato approccio personale», profondo e spontaneo: ha documentato la povertà e la realtà degli afroamericani, la condizione femminile e il razzismo, ha realizzato reportage sociali e di viaggio, colto i primi minuti di vita di un neonato e scattato iconici ritratti di star del cinema.
Quando inizia a fotografare, Eve Arnold è una casalinga di 37 anni che ha da poco lasciato il lavoro per prendersi cura del figlio appena nato. Si iscrive al corso di Fotografia tenuto da Alexey Brodovitch, celebre direttore artistico di “Harper’s Bazaar” e realizza un reportage dedicato alle sfilate di moda di Harlem. Quegli scatti dai toni densi e fumosi sono rivoluzionari sia per la scelta del soggetto sia per lo stile: racconta i momenti spontanei dietro le quinte, l’attesa prima dello spettacolo, l’impazienza del pubblico ed esalta l’atmosfera intima degli ambienti, ponendo le basi del suo particolare stile dove la teatralità di un’illuminazione naturale e la vicinanza emotiva ai soggetti sono imprescindibili. Il servizio esce nel 1951 sulle pagine del londinese “Picture Post”, e la vita di Eve Arnold cambia rapidamente.
La sua fama è senza dubbio legata ai numerosi servizi realizzati sui set di film dove ha ritratto le grandi star del periodo. A cominciare da quello dedicato a Marlene Dietrich negli studi della Columbia Records. Quando la Dietrich vede gli scatti annota sulle immagini numerose indicazioni per ritocchi e aggiustamenti ma la fotografa decide di migliorare solo la qualità delle stampe e spedirle senza ulteriori interventi, preferendo esaltare la bellezza naturale della diva. Le foto vengono pubblicate prima da “Esquire” e poi diffuse in tutto il mondo, ottenendo un apprezzamento unanime. Negli anni successivi immortalerà Joan Crawford, Paul Newman, Jean Simmons, Orson Welles, Isabella Rossellini, Silvana Mangano (colta di profilo davanti a una statua di Brancusi al MoMA) ma soprattutto Marilyn Monroe, con la quale stringe un vero e proprio sodalizio artistico. Lavorano insieme in sei diverse occasioni ma gli scatti più noti sono quelli realizzati sul set del film “Gli spostati” (The Misfits): la coglie sorridente, in un giubbotto di jeans, spogliata di ogni divismo.
La grande capacità di entrare in sintonia con i propri soggetti, abbattendo barriere e reticenze, le consentirà di avvicinare Malcolm X, il controverso leader del movimento dei Black Muslims, riuscendo a intrufolarsi nel 1961 al raduno di Washington, dove erano presenti esponenti del partito nazista americano, con il quale i neri musulmani avevano stretto un patto per spartirsi l’America.
Per esorcizzare il dolore subito dalla perdita di un figlio, avvenuta nel 1959, Eve Arnold passa mesi all’interno del Mather Hospital di Port Jefferson, fotografando tutto ciò che avviene nei primi cinque minuti di vita di un bambino. Alcune immagini mostrano la delicatezza e l’intimità di certi gesti, altre il carattere freddo della prassi ospedaliera.
Tra i suoi lavori più curiosi, gli scatti con cui documenta un villaggio vietnamita completamente ricostruito nel North Carolina per le esercitazioni dei Marines (1966) e quelli dedicati al vivace mondo di Times Square e uno dei luoghi più iconici della città, l’Hubert’s Museum, locale che offriva curiose e bizzarre esibizioni. E poi i ritratti di Cicely Tyson, l’attrice e modella che con i suoi capelli fece scoppiare la moda dello stile afro, e i viaggi a Cuba prima della rivoluzione castrista e ad Haiti dove avrà accesso ai riti vudu. Nel 1961 Eve Arnold si trasferisce nel Regno Unito e inizia a viaggiare in tutto il mondo per il “The Sunday Times Magazine”, per il quale realizzerà due significativi reportages di viaggio, il primo dedicato al Medio Oriente e al velo delle donne (attraverserà l’Afghanistan, il Pakistan, il Turkmenistan, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, mostrando per la prima volta l’interno di un harem di Dubai), il secondo alla Cina (lavoro che le varrà nel 1980 il National Book Award). Che fosse una diva del cinema o una migrante china a raccogliere patate nei campi di Long Island, per Eve Arnold nessuno era da considerarsi ordinario o straordinario: «Li guardo semplicemente come persone davanti al mio obiettivo».
Attraverso 170 scatti, CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia rende omaggio a Eve Arnold
una delle fotografe più importanti del Novecento. Dalle sfilate di moda degli afroamericani ai set con le grandi star del cinema ai reportages sociali e di viaggio. Fino al 4 giugno.
www.camera.to
Emanuele Rebuffini
Foto: Anthony Quinn and Anna Karina on the set of Guy Green’s ‘The Magus’, Mallorca, Spain,
1976 © Eve Arnold / Magnum Photos
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