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“Torino è una città di merda” e ora l’imprenditore Morando si scusa

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Quindici minuti di notorietà di cui l’imprenditore del vino Franco Morando avrebbe fatto a meno. Ma, si sa, i social possono rappresentare una arma a doppio taglio: verba volant, certo, ma i video un po’ meno.

Ora, bacchettato come un bambino trovato con le mani nella marmellata, decide di chiedere scusa per le parole discutibili rivolte alla città di Torino e ai suoi ristoranti. Sui poveri neanche una parola.

Facciamo un passo indietro. “Torino è una città di merda, non ci vivrò mai”. Dopo quelle dell’avvocata Alessandra De Michelis  sono finite nella bufera anche le parole dell’imprenditore piemontese Franco Morando, che, nel video con l’avvocata protagonista di Pechino Express, ha espresso critiche ed esternazioni che non sono passate inosservate. Soprattutto hanno fatto storcere il naso alla Fiepet-Confesercenti e a tanti ristoratori e albergatori.

Nel video, infatti, l’imprenditore ha definito prima Torino una città “povera”, in confronto già alla periferia di Milano; poi, dopo averla etichettata come “Una città di merda” ha criticato la ristorazione: “Lo dico contro i miei interessi – dice – . Se volete mangiare e bere male venite a Torino. È imbarazzante. Fate 70 chilometri in più, siete a Milano e vivrete meglio”.

Immediata la reazione offesa e infuriata dei professionisti del settore: “Togliamo il suo vino Ruché e quelli della sua etichetta Montalbera dalle carte dei nostri locali. Non merita che lo proponiamo ai nostri clienti”.

Per questo Morando ora si batte il petto e chiede scusa, si dice pentito di quelle parole al vetriolo: “Dopo una serata goliardica, passata con amici, usciti da un noto ristorante (sottolineo non si tratta del ristorante Il Cambio) ho trovato la macchina rigata. La terza volta in tre mesi. Preso dall’ira, sono consapevole di aver utilizzato una frase che assolutamente non penso”.

E continua, come riportato da La Stampa, “sono state esternazioni di un momento di indignazione. Vivo, cammino, respiro, mangio e bevo quotidianamente a Torino. La città ha adottato i miei vini e le mie etichette per prima. Non denigrerei mai una realtà simile. Viaggio a testa alta, mi pento e chiedo scusa alle Associazioni di categoria per l’eventuale disagio che le mie parole hanno provocato.

Penso che per una battuta infelice esternata esclusivamente per questioni di delusione e sdegno ci sia un eccessivo accanimento nei confronti della mia persona. Fatica, sudore, eccellenza, presenza sul territorio sono state fino ad oggi e lo saranno sempre parole d’ordine e nessun video potrà mai distruggere un sogno chiamato Montalbera” conclude l’imprenditore.

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