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Cultura

Gec: una volta creata l’opera in esterno non spetta più all’artista rivendicarne le conseguenze

Gabriele Farina

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A seguito del furto delle gambe dell’opera di Rebor Cecità Diffusa, è nata una interessante discussione sul tema della vandalizzazione delle opere di street art. Se è evidente infatti che danneggiare un’opera “ufficiale” è un atto di vandalismo, come bisogna considerare gli atti compiuti ai danni di opere di street art quando queste sono “non autorizzate” e quindi consapevolmente e volontariamente abusive?

Abbiamo interpellato sulla questione Gec, uno dei più noti street artist che operano a Torino, il quale ha una posizione molto precisa.

“Credo che una volta piazzato il lavoro in esterno non sia più competenza dell’artista rivendicarne le conseguenze umane e naturali che inevitabilmente modificheranno l’opera nel tempo. – spiega Gec – Se l’azione nasce in maniera spontanea e priva di autorizzazione, tutte le dinamiche successive alla sua realizzazione non possono che risultare interessanti.”

Ma Gec è andato ancora oltre, approfondendo negli anni la questione per quanto riguarda le sue opere.

“Utilizzando la carta come materiale principale la successione di eventi e ancora più rapida ed effimera, per questo motivo torno sempre nei luoghi di intervento e fotografo tutte le dinamiche umane e ambientali che accadono. – spiega – Negli anni ho imparato non solo ad accettare, ma a trovare interessanti anche i furti, le scritte, le tag, i tentativi di cancellazione, le semi-distruzioni da intemperie”.

Nelle immagini della fotogallery alcune opere di Gec e l’evoluzione che hanno avuto dopo essere state realizzate.

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