Cultura
Molta Torino e Piemonte nella nuova serie Netflix “La Legge di Lidia Poët”, prima avvocata d’Italia
Non si può negare che la storia di Lidia Poët sia affascinante di per sé, ma raccontata dalla nuova serie Netflix, in streaming dal 15 febbraio, con la produzione di Groenlandia, nella persona di Matteo Rovere, è ancora più coinvolgente e affascinante.
Un light procedural, o meglio un giallo contaminato da romanticismo e legal, è la chiave di lettura che gli autori Guido Iuculano e Davide Orsini hanno voluto dare ai 6 episodi. La vita della prima avvocata d’Italia, laureata in Legge, iscritta all’Ordine e poi cacciata perché donna, è d’ispirazione a “La Legge di Lidia Poët”, un punto di partenza per la creazione di un crime, con casi difficili a ogni episodio risolti con lo spirito anticonvenzionale e libero di una personalità che brilla per talento e anticonformismo, insomma, un vero e proprio inno alla libertà, come fa notare il produttore e regista delle prime due puntate Matteo Rovere.
La regista per i successivi quattro episodi è, invece, Letizia Lamartire che oltre a elogiare Matilde De Angelis per come “interpreta Lidia con grande aderenza alla psicologia del personaggio, seguendone il ritmo, la passione, la forza. Lo fa con naturalezza, quasi abitasse nell’interno e attraversasse le pieghe della sua anima”, rende omaggio anche a Torino “che si dispiega splendidamente, mostrando i suoi colori, la sua architettura, i suoi contorni, la cui bellezza non appartiene solo all’epoca narrata, ma continua il suo perdurare nello scorrere del tempo”.
Sullo sfondo una Torino di fine Ottocento, molto appariscente nelle varie scene, non solo per i suoi palazzi e le sue piazze ma anche per le vicende storiche in fermento in quel periodo: un imprenditore sta per fondare la FIAT. Nella città sabauda si mescolano comunità ebraiche, circoli anarchici, camorra napoletana, socialisti e la presenza di Anna Kuliscioff, legata sentimentalmente a Filippo Turati con cui ha diretto la rivista “Critica Sociale”. La fine Ottocento di Torino è lucente ma anche oscura, per la presenza di Cesare Lombroso con le sue teorie sull’antropologia criminale, degli ospedali psichiatrici, dei fanatici dello spiritismo, delle prime tangenti e delle prostitute. Insomma, Torino alla fine dell’Ottocento è un posto strano dove abitano persone strane, una città di duecento mila abitanti che Guido Iuculano definisce più volte “una polveriera”, perché pronta a scoppiare, pirotecnica, eccessiva, contraddittoria magniloquente, autodistruttiva.
Lidia è interpretata da Matilda De Angelis, attrice ventisettenne nata a Bologna, che ha già lavorato con Matteo Rovere, che l’ha scelta per il ruolo della protagonista femminile nel suo film di debutto “Veloce come il vento”. Emancipata e indipendente nella finzione come nella vita reale, De Angelis non si trattiene nel definirsi “testa di cazzo” perché sempre con la risposta pronta, come le ha insegnato la sua mamma.
Lidia diffida totalmente dell’amore e del matrimonio, finché non conosce Jacopo Barberis, giornalista trentacinquenne della Gazzetta Piemontese, interpretato da Eduardo Scarpetta. Personaggio totalmente inventato per rendere la storia più intrigante, Scarpetta riferisce di essersi basato totalmente per delineare il giornalista sul copione.
Pier Luigi Pasino è Enrico Poët, fratello maggiore di Lidia e avvocato a sua volta. Nella realtà Lidia ha avuto sei fratelli, uno dei quali avvocato, ma per la storia era necessaria solo la figura di Enrico e si è deciso di sintetizzare. Quarantenne conservatore, la cui vita verrà stravolta dal ciclone Lidia che porta casi di omicidi, strangolamenti, avvelenamenti, morti ammazzati e clienti poveri in canna, il cui destino però è di essere cambiato da questa scossa.
Personaggio apparentemente secondario è Teresa Barberis Poët, moglie di Enrico e sorella di Jacopo, interpretata da Sara Lazzaro. Nella serie è raffigurata come una donna nobile, fieramente un passo dietro a suo marito e dedita nella cura della casa e della famiglia. Una donna diametralmente opposta a Lidia e lo dimostra con le parole “Se Dio ti voleva avvocato, non ti faceva donna”, pronunciate nella prima puntata nella scena del pranzo, dopo che mestamente Lidia cerca rifugio nella casa del fratello perché rimasta senza casa, senza soldi e senza lavoro.
Marianna Poët, nella realtà Sinéad Thornhill, rappresenta la nuova generazione, più simile a Lidia che a sua madre Teresa, ma che a differenza della zia ha un animo romantico e il suo obiettivo nella vita è trovare il principe azzurro e sposarsi.
Il personaggio di Andrea Caracciolo, reso dalla recitazione di Dario Aita, viene introdotto già nelle prime scene come l’amante di Lidia, con cui intraprende una relazione all’avanguardia per quei tempi. Innamorato della libertà, il commerciante trentacinquenne non vuole legami che possano costringerlo a mettere radici, anche se il fatto di essere il miglior amico e l’amante occasionale di Lidia lo confonderà.
Dalla visione della prima puntata si notano i precisi dettagli dalla più piccola spilla alla più grande veduta di Torino, trasformata dalla scenografa Luisa Iemma anche grazie all’uso del VFX. Chilometri di strisce pedonali e parcheggi coperti, infissi rifatti, vetrine, citofoni, centraline elettriche, scivoli e ringhiere e anche l’asfalto coperti per esigenze di ambientazione. Anche se non tutto è filologicamente corretto, come la trasformazione di un coro ligneo di una chiesa in una sala settoria, la galleria dismessa di un mercato coperto in una fumeria d’oppio, una cartaria in una stazione, una farmacia in un negozio di tessuti, il risultato è comunque credibile, grazie a Torino e i suoi palazzi conservati quasi come erano in origine.
Potrete riconoscere molta Torino e Piemonte, nelle scene de “La Legge di Lidia Poët”, come l’Ex Curia Maxima di via Corte d’Appello, Palazzo Falletti Barolo, Palazzo dei Cavalieri, il Museo del Carcere Le Nuove, Villa Barberis oltre alle bellissime piazze Cavour, San Carlo e Carignano. Fuori città sono state usate location quali Villa San Lorenzo a Racconigi, interno di Casa Poët, l’ex lanificio Bona a Carignano e il Teatro Alfieri di Asti, a rappresentazione del più imponente Teatro Regio di Torino. Inoltre, sono stati protagonisti anche il Castello e la Certosa di Collegno, il Museo Ferroviario Piemontese di Savigliano, la Basilica di Superga e diversi scorci di Borgo Cornalese e Villastellone.
I costumi, molto ben curati da Stefano Ciammitti, sono ispirati dai tessuti della storica Tessitura Luigi Bevilacqua di Venezia, dove i velluti vengono ancora creati a mano con telai del XVIII secolo. La cura dei dettagli filologici “insegnato dal mio maestro Piero Tosi”, l’uso del colore e delle fantasie barocche “ispirate alla scuola inglese contemporanea”, i gioielli nel gusto orientale per gli insetti e della tassidermia, risaltano all’occhio dello spettatore, che può ammirarli dal 15 al 20 febbraio al Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Siete incuriositi da questa serie e dalla vita di Lidia Poët? Non dovete che aspettare altri due giorni, quando il 15 febbraio verrà resa disponibile sulla piattaforma di Netflix.
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