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Cronaca

Torino, confermato l’ergastolo per Massimo Bianco che uccise la ex moglie con otto colpi di pistola

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Il 7 maggio 2021 attese la ex moglie, Angela Dargenio di 48 anni, sul pianerottolo di casa, un appartamento in corso Novara a Torino, da cui si era trasferito dopo la separazione, ma rimanendo nella stessa palazzina, e dopo aver discusso con lei l’ha uccisa sparando otto colpi di pistola con l’arma in dotazione, di cui cinque l’hanno raggiunta. Massimo Bianco, guardia giurata di 52 anni, è stato condannato anche in appello all’ergastolo.

Il procuratore generale Marcello Tatangelo e l’avvocato di parte civile, Stefano La Notte, che assiste i due figli, hanno voluto che per l’uomo non venisse applicata nessuna attenuante generica. La decisione è maturata perché “è stato – secondo il legale – un comportamento crudele. Lei era a terra agonizzante e lui ha atteso qualche minuto per spararle l’ultimo colpo. Questo omicidio è figlio di una cultura malata, una sub cultura per cui una donna non si può e non si deve mai separare dal marito. È stato terribile vedere che a sostenere le ragioni di Bianco c’era la suocera, secondo la quale, in fondo, Angela se l’era cercata”.

Fu proprio Massimo Bianco a spiegare il movente dell’omicidio: la sera prima aveva incrociato la ex-moglie con un uomo e mosso da gelosia il giorno seguente l’ha pregata di tornare insieme ma lei ha confermato di voler iniziare una nuova vita insieme al compagno. “Ho fatto una brutta cosa e mi dispiace per i miei figli. A loro chiedo perdono” – ha dichiarato spontaneamente Bianco in aula, aggiungendo “L’avevo vista con un altro e non ci ho capito più niente. Non so cosa mi ha preso”.

Il 52enne si trova ora in carcere ad Alessandria ma ha espresso il desiderio di essere trasferito in un’altra casa circondariale dove ci siano programmi di lavoro, per poter contribuire al mantenimento dei figli. Il suo difensore, l’avvocato Giacomo Casciaro, proponendo il carcere di Livorno ha dichiarato: “La pena non può essere l’ergastolo. Questo è un dolo d’impeto. E l’imputato, per quanto non possa essere considerato un malato di mente in senso stretto, è una persona disfunzionale a livello emotivo, con uno stato nevrotico e psicotico evidente”. Parole che preannunciano un ricorso in Cassazione.

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