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Epatite C, due positività rilevate e avviate alla cura grazie al progetto di screening “Comunità Zero C”

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A seguito del progetto di screening “Comunità Zero C” sono stati rilevati due pazienti positivi alla carica virale di Epatite C, che al momento hanno iniziato il percorso di cura. L’iniziativa di rilevazione, partita da Biella, è stata organizzata dal provider Letscom E3 e da AbbVie; gli obiettivi erano e sono la sensibilizzazione delle Comunità terapeutiche alla pratica di screening (per contribuire alla ricerca dei casi sommersi di Epatite), l’attivazione un programma che testi le persone direttamente nelle strutture residenziali e la progettazione di un iteri di collaborazione tra Comunità, Servizio Dipendenze locale e Centro di riferimento per la cura del virus C. Al progetto ha collaborato la Cooperativa Sociale ‘Il Punto’ con le sue tre sedi di Bioglio, Ivrea e Biella.

“I risultati di questa campagna di screening sono molto interessanti. – commenta Lorenzo Somaini, Direttore SC Ser.D., ASL di Biella, – “Abbiamo screenato 30 ospiti delle tre strutture afferenti alla comunità ‘Il Punto’ a Bioglio dove abbiamo trovato alcuni pazienti che erano già stati trattati per l’epatite C e tra questi non abbiamo trovato reinfezioni. Invece, nei 19 che non erano mai stati trattati abbiamo trovato due casi di pazienti non solo positivi all’anticorpo ma positivi alla carica virale e quindi meritevoli di un trattamento per l’eradicazione del virus. Come prosecuzione di questo progetto, questi due pazienti verranno inviati al nostro centro di riferimento e, sfruttando la loro permanenza nella comunità terapeutica, verranno trattati con le attuali terapie che portano a una guarigione del 98% dei casi”.

I casi sommersi di infezione, tuttavia, potrebbero essere ancora una quantità importante: alcuni gruppi sociali, per cause diverse, non hanno accesso ai programmi di screening per HCV. I soggetti più a rischio sono i detenuti e le detenute (per via delle pratiche di tatuaggio con strumenti non sterili) e le persone senza fissa dimora (a causa, anche qui, di aghi e materiali iniettivi non sterili).

C’è chi ha provato ad accendere una luce in questa zona buia della rilevazione; è il caso del dottor Paolo Scivetti, dirigente Medico dell’ambulatorio di Epatologia dell’Ospedale degli Infermi di Biella, che afferma: “A Biella ci siamo concentrati su realtà particolari, come quelle delle carceri e degli utenti Ser.D., di pazienti che per limiti di età possono rientrare nello screening. Quello che abbiamo fatto in questo progetto è andare in una comunità più piccola per fare una ricerca paziente per paziente, utente per utente, di chi avesse l’epatite C, e di portare subito al trattamento quei pazienti risultati positivi. È un modello organizzativo nuovo, che sicuramente può essere trasferito in altre aree. Da noi ha funzionato bene”.

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