Cronaca
Sette persone arrestate a Torino per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa aggravata, falso ideologico e sostituzione di persona
Sette persone sono state arrestate, tre in carcere e quattro agli arresti domiciliari, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa aggravata ai danni dello Stato, falso ideologico e sostituzione di persona.
Si tratta di un’operazione della Guardia di Finanza di Torino con il coordinamento della Procura della Repubblica e Direzione Distrettuale Antimafia che ha portato al sequestro di circa 150mila euro. Pedinamenti e intercettazioni hanno permesso di scoprire che i sette coinvolti avevano dato vita a un’organizzazione in grado di garantire documenti per stranieri che non ne avrebbero avuto diritto in cambio del pagamento di circa mille euro.
L’attività è durata per oltre dieci anni al punto che i sette erano ormai il riferimento principale per questo tipo di operazioni all’interno delle rispettive comunità di stranieri. Attraverso imprese e società inesistenti fingevano di predisporre assunzioni e finti contratti per arrivare a garantire un permesso di soggiorno alle persone coinvolte, ma anche documenti vari per ottenere prestazioni dell’Inps o dell’Agenzia delle Entrate. Dal reddito di cittadinanza all’indennità di maternità, dal bonus baby sitter ad altri bonus fiscali, bonus e sostegni al reddito in relazione al “Covid”, NASPI e rimborsi IRPeF.
Dalle indagini, sono emerse almeno 65 false posizioni lavorative e oltre 600 certificazioni uniche non veritiere, per un ammontare certificato di oltre 6,5 milioni di euro, utilizzate sia per simulare redditi che non esistevano, che per favorire l’ingresso in Italia di cittadini stranieri. Le assunzioni fittizie avrebbero inoltre generato debiti nei confronti dell’Inps per un totale di circa 350 mila euro, dovuti al mancato versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
E’ stato inoltre possibile ricostruire flussi finanziari verso l’estero, tra il 2015 e il 2020, per oltre mezzo milione di euro, che i principali indagati sarebbero riusciti a esportare nonostante i consistenti debiti previdenziali dagli stessi accumulati.
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