Cronaca
Verbania: ha forti mal di testa ma il pronto soccorso la rimanda a casa, insegante muore per tumore al cervello
Alessandra Taddei, docente di matematica e scienze di 54 anni alle medie Quasimodo di Verbania, è morta lo scorso 20 agosto, uccisa da un tumore al cervello che combatteva da un anno. Un dolore struggente per il marito Francesco Costa, anche lui insegnante nella stessa scuola media, per il figlio Federico e per tutti coloro che conoscevano ed erano affezionati alla donna, molto amata in tutta la zona per il suo impegno per la scuola e i ragazzi.
La coppia si è recata ben tre volte in pronto soccorso al Dea di Verbania a causa dei lancinanti mal di testa accusati dalla 54enne. Per tre volte è stata rimandata a casa e curata con del paracetamolo.
Proprio il marito di Alessandra ha deciso di dare voce – tramite una intervista a La Stampa – al lungo calvario dell’amata moglie iniziato il 13 settembre del 2021, primo giorno di scuola. “Mia moglie ha sempre sofferto di mal di testa, quella sera aveva dolori forti. Quella notte alle 3,07 andammo in pronto soccorso. Fu dimessa alle 4,44. Anamnesi: cefalea senz’aura, presente da anni e acutizzatasi questa notte. Prescrissero delle gocce e paracetamolo. La visita neurologica diceva “lucida e orientata””. Nel pomeriggio, alle 15,34, visto che i dolori continuavano, hanno chiamato l’ambulanza.
“Alessandra fu dimessa alle 19,06 – prosegue Francesco Costa – con anamnesi “crisi cefalgica in paziente affetta da emicrania”. E aggiunsero paracetamolo 1000 al bisogno”. Sono così tornati per la seconda volta a casa, “ma lei stava sempre male, con la tenaglia che la stringeva all’altezza delle tempie. Era sempre a letto”.
Fino al 21 settembre, un martedì, quando chiamarono di nuovo l’ambulanza. “Mia moglie non si reggeva in piedi, alle 14,38 eravamo in pronto soccorso”. L’anamnesi, dal verbale, arriva alle 15,41, le dimissioni solo due ore dopo. “Era la terza volta che tornavamo così chiesi di approfondire con esami diagnostici. Loro rimandarono al 25 settembre, quando già avevamo appuntamento per una risonanza magnetica dopo esserci rivolti a un neurologo. Così ho deciso di andare dai carabinieri a Intra che mi hanno ascoltato, quasi piangevo nel raccontare quanto stava succedendo”.
Sua moglie è stata poi dimessa nel tardo pomeriggio. “Chiamai di nuovo i carabinieri prima di andare via”. Il giorno dopo, il 22 settembre, una cugina è andata a casa per una visita e ha visto le condizioni della donna, “si è resa conto che era grave, il giorno dopo l’abbiamo portata al San Raffaele di Milano. È entrata in codice arancione, alle 13. Le hanno fatto esami e Tac, alle 18 il medico mi ha spiegato che avevano trovato una massa voluminosa che premeva contro il cervello. Era il tumore”.
Nei giorni successivi Taddei è stata sottoposta all’operazione, poi le radioterapie. Il tumore è tornato. Una lunga lotta che ha trovato il suo tragico epilogo quel 20 agosto, quando la lotta è terminata e Alessandra è spirata. “Mi chiedo perché nessuno, vedendo che era un caso sospetto, non abbia mandato mia moglie a Domodossola o Novara dove c’è la neurologia, so che mia moglie non si sarebbe salvata ma almeno non avrebbe sofferto quei giorni in più finché siamo dovuti andare in Lombardia”.
Francesco Costa ha deciso di raccontare quanto vissuto “perché i medici agiscano con meno leggerezza, sono deluso da questa sanità e mi chiedo come farò a tornare in pronto soccorso, dove mi sono sentito umiliato oltre che non ascoltato”.
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