Cronaca
Grimaldi sul caso Raddi: il carcere deve essere estrema ratio
“Antonio Raddi cominciò ad affermare di avere problemi ad alimentarsi ad agosto. Dalle numerose testimonianze emerge che all’interno della casa circondariale molti operatori erano convinti che non fosse vero e oggi si difendono dicendo che non era collaborativo. Anche l’incuria può essere una forma di violenza ed è compito della Giustizia constatare se esistano delle responsabilità precise: spero che decida innanzitutto di riaprire uno spiraglio di luce su questa vicenda. So però che non vorrei più leggere di storie simili, che le pene alternative sono di certo più rieducative di ogni detenzione e mi piacerebbe che il carcere fosse ridotto a un’estrema ratio”
Sono le dichiarazioni del Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, Marco Grimaldi, al termine della conferenza stampa presso il Centro studi Sereno Regis di Torino, in cui la famiglia Raddi ha raccontato alla stampa il calvario di Antonio, morto nel carcere delle Vallette il 30 dicembre 2019 a 28 anni. Un caso di cui la Procura di Torino ha chiesto l’archiviazione, ma che la famiglia e gli avvocati chiedono di riaprire. Come emerso nel corso della conferenza stampa, la Garante delle persone detenute aveva segnalato il caso alla direzione delle Vallette nove volte, dall’agosto del 2019, senza mai ricevere una risposta. Il giovane è entrato in carcere il 28 aprile 2019 con il peso di 80 chili; a novembre la bilancia ne segnava 50. Durante gli ultimi colloqui con la famiglia era sulla sedia a rotelle. Il 13 dicembre 2019 Antonio ha iniziato a vomitare sangue, defecare e svenire, fino a quando in serata non è stato portato al pronto soccorso del Maria Vittoria, dove la notte stessa è entrato in coma e pochi giorni dopo è morto.
“Le domande poste oggi dalla Garante Gallo e dal papà di Antonio risuonano terribili” – prosegue Grimaldi: – “perché dopo il primo breve ricovero nessun medico del pronto soccorso ha saputo dichiarare che gli organi vitali di Antonio erano tutti compromessi e la sua situazione gravissima, come poi constatato il 13 dicembre? Quali delle autorità più e più volte sollecitate dalla Garante, dalla polizia penitenziaria, dal cappellano del carcere, dalla famiglia, si sono recate a vedere il ragazzo per verificare le sue condizioni? Come si poteva immaginare e sostenere che una situazione così compromessa fosse l’effetto di una simulazione per uscire dal carcere?”
“Sul Lorusso e Cutugno pesano al momento tre inchieste” – conclude Grimaldi – “e problemi strutturali gravissimi, che abbiamo denunciato nuovamente nel corso del nostro ultimo sopralluogo venti giorni fa e che ieri sono stati ribaditi dai Garanti per i detenuti Mellano e Gallo. Le condizioni di questi luoghi e la sofferenza aggiuntiva cui sono costrette le persone già private della libertà è davvero una sconfitta dello Stato. Fanno bene i Garanti a chiedere l’utilizzo dei fondi PNRR, ma serve anche una nuova mentalità e un’altra attenzione da parte di tutte e tutti. Certamente non potremo mai accettare che chi è sottoposto a misure restrittive sotto la tutela dello Stato possa essere privato della dignità, della salute e addirittura della vita”.
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