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Cronaca

Torino, ribaltata la sentenza: è stupro da parte dell’ex coordinatore dei volontari della Croce Rossa

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“Sono dieci anni che piango. Ma oggi le mie lacrime sono di gioia: questa sentenza mi rende giustizia”. Dopo quattro processi finalmente può dirsi soddisfatta della sentenza del giudice della Corte d’Appello di Torino. All’ex volontaria della Croce Rossa è stato riconosciuta la violenza sessuale e il suo al tempo coordinatore, Massimo Raccuia, è stato condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione.

Nel primo processo l’imputato era stato assolto con formula piena dal tribunale che anzi aveva ritenuto inattendibile la vittima procedendo contro di lei per calunnia. “Non grida, non urla, non piange. Risponde alle chiamate di servizio mentre lui l’aggredisce, senza insospettire, anche solo involontariamente, il centralinista” – scrive il giudice nella motivazione della sentenza.

Anche il secondo processo in appello si concluse con un non luogo a procedere per un cavillo tecnico: la querela è stata intempestiva. Il caso approdò in Cassazione dove aveva dimostrato che si poteva procedere d’ufficio e perciò gli ermellini avevano richiesto un indagine sul rapporto gerarchico che esisteva tra la vittima e l’imputato.

Il secondo processo di appello, concluso oggi, mercoledì 20 ottobre, ha portato alla condanna. “Raccuia ha abusato del suo ruolo. La sua era una minaccia, non necessariamente esplicita, per raggiungere il suo obiettivo: che lei cedesse alle sue voglie, che erano violente”- spiega l’accusa. Nelle testimonianze si apprende che la vittima aveva denunciato ai colleghi le violenze e aveva chiesto cambi di turno.

“I miei colleghi mi sono stati tutti vicino ma è stata durissima. Ora posso dire che bisogna resistere ma tante volte ho creduto di non farcela – commenta la donna dopo il verdetto – quando ho sentito pronunciare la prima sentenza, in cui non ero stata creduta, ho pensato che non avrei mai dovuto denunciare. Mi sono sentita io sul banco degli imputati. Anche se ho sempre creduto nella giustizia e nelle forze dell’ordine, in senso assoluto, confesso che ho pensato di arrendermi: ho resistito solo per mia figlia, lei sì che ha sempre avuto fiducia in me”.

Ieri era anche arrivato un offerta risarcitoria di 10 mila euro da parte dell’imputato ma la donna l’ho ha rifiutato: “non l’ho accettata e non l’avrei fatto nemmeno se fossero stati 50 mila euro. Era una questione di principio. Questa storia mi ha tolto tutto”.

L’avvocata Virginia Iorio, sempre al fianco della vittima commenta: “È stata dura. Un processo complicato che ha richiesto davvero tanto impegno. Ma finalmente possiamo dire che giustizia è stata fatta e che le donne devono crederci sempre e trovare il coraggio di denunciare”.

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