Asti
Giornata internazionale anti-spreco: l’Italia ha ridotto quasi del 12% i cibi in pattumiera rispetto al 2019
“Più attenzione e consapevolezza nel consumo del cibo con una notevole riduzione degli sprechi“, è quanto emerge da autorevoli dati statistici in merito alle abitudini alimentari degli italiani. Oggi si celebra infatti la seconda “Giornata internazionale di consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari”, proclamata dalle Nazioni Unite per sensibilizzare il mondo intero, cittadini e Istituzioni, sulla centralità della questione dello sperpero di cibo. L’Italia è tra i Paesi più attenti allo spreco alimentare e alle corrette abitudini alimentari, tanto che nel 2020 ha sprecato l’11,78% di cibo in meno rispetto all’anno precedente.
“La pandemia e il conseguente periodo di lock-down che abbiamo vissuto lo scorso anno hanno contribuito a creare una maggiore consapevolezza nella gente sull’importanza del cibo“, affermano Gabriele Baldi e Mariagrazia Baravalle, rispettivamente presidente e direttore di Asti Agricoltura. “La convinzione che l’approvvigionamento delle risorse alimentari fosse scontato ha cominciato a vacillare durante i mesi di marzo e aprile del 2020, a pandemia appena scoppiata. Questo ha creato una maggiore comprensione da parte delle persone sul duro lavoro e sacrificio che esiste dietro alla produzione di ogni singola materia prima e sulla grande importanza che riveste quotidianamente il comparto agricolo per il nostro approvvigionamento alimentare. E’ giunto il momento di dare il giusto riconoscimento a tutte le aziende agricole e alle figure professionali che operano in questo settore”, dichiarano i vertici della Confagricoltura di Asti.
Un settore che da sempre è impegnato nella lotta allo spreco del cibo, applicando i principi dell’economia circolare, cercando di riutilizzare gli scarti, con la consapevolezza che ciò avviene sempre attraverso l’uso di risorse naturali ed energetiche che non vanno sprecate.
L’obiettivo dell’agricoltura però, non è solo quella dello “spreco zero”, ma anche della “fame zero” e della sostenibilità. A fronte di un progressivo aumento della popolazione mondiale nei prossimi decenni, la vera sfida è produrre di più, in quantità e qualità, ma con minore impatto sulle risorse naturali e senza aumentare la SAU.
“E’ doveroso garantire un’equa redistribuzione nella filiera della ricchezza che proviene dalla produzione, trasformazione e commercio del cibo – concludono Baldi e Baravalle – perseguendo le pratiche sleali nel commercio e preservando la dieta mediterranea, sinonimo di salute e biodiversità”.
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