Cultura
La medicina che non c’è, intervista con il dott. Ottavio Davini
Ricorderete il dott. Ottavio Davini perchè abbiamo ospitato su queste pagine un paio di suoi interventi molto efficaci e chiarificatori: il primo sulle bufale riguardanti il vaccino anti Covid19, il secondo sullo stesso tema con un approfondimento su come riuscire a parlare con chi si professa No Vax.
Ora è uscito per edizioni Dedalo un nuovo interessate libro di Ottavio Davini dal curioso ed evocativo titolo La medicina che non c’è. Si tratta di un’attenta riflessione sulla scienza medica, come nello stile dell’autore raccontata con parole semplici e comprensibili da chiunque, ma come sempre corroborata da numeri e riferimenti che non lasciano nulla al caso.
Abbiamo intervistato il dott. Davini.
Sbaglio a dire che spunto di questo nuovo libro è il cortocircuito che si è verificato tra scienza, politica e comunicazione in occasione della pandemia da Covid19?
In parte sì: stavo lavorando su una specie di “seconda parte” del libro che avevo scritto qualche anno fa (Il prezzo della salute, edito da Nutrimenti), poi la pandemia ha fatto esplodere alcune contraddizioni del nostro rapporto con la scienza e la medicina. E allora mi sono concentrato su quelle. Devo ringraziare l’Editore Dedalo che mi ha spinto a lavorare sulla sintesi, perché credo che alla fine il libro ne abbia guadagnato in efficacia e possa essere più facilmente digeribile da chi è interessato ad avere qualche strumento in più per capire quello che succede (e succederà).
Il libro è anche un approfondimento con il tuo tipico stile estremamente comprensibile sui metodi della scienza e della ricerca?
Ho sempre pensato, come molti colleghi, che fosse un dovere dei professionisti della salute garantire ai pazienti un’informazione piena e accurata. Credo che oggi, anche alla luce dell’esperienza pandemica, questa necessità sia ancora più forte, e debba creare le condizioni per cui i cittadini possano compiere lo loro scelte per la salute in modo informato e consapevole. Questo è anche fondamentale per la tenuta del Servizio Sanitario, che rappresenta una delle migliori conquiste della nostra Repubblica; ma nulla è acquisito per sempre, e solo la consapevolezza e la collaborazione di tutti può consentire a questa conquista di durare nel tempo. Se i cittadini non comprendono il percorso faticoso della ricerca e del metodo scientifico, e vengono travolti da una comunicazione approssimativa e che spara titoli a effetto, non ne verremo mai fuori. Ecco perché cerco di dare il mio contributo nel diffondere un’informazione che sia comprensibile ma che eviti la banalizzazione.
Il punto principale mi sembra essere questo: la scienza e la medicina non sono infallibili ma se non ci fossero sarebbe molto ma molto peggio…
Noi abbiamo una memoria cortissima, e anche un po’ confusa. Spesso capita di sentire qualcuno che idealizza il passato (e a castigarli ci ha pensato qualche anno fai il filosofo Zygmunt Bauman, con il suo libro “Retrotopia”), e non ricorda più quanto in un passato anche recente la vita fosse più dura, e soprattutto più breve. In un secolo l’aspettativa di vita è quasi raddoppiata, e se parte del merito è della maggiore ricchezza diffusa e delle migliori condizioni di vita, il contributo della medicina moderna (direi soprattutto negli ultimi decenni) non deve essere sottovalutato. Quando quarant’anni fa sono entrato in ospedale c’erano malattie che non lasciavano scampo e che oggi sono curabili; la mortalità acuta per infarto è precipitata, allunghiamo a dismisura il decorso di molte malattie croniche e si fanno cose che pochi decenni fa sarebbero sembrate fantascienza. Sì, senza la medicina – con i suoi inevitabili errori, e anche di questo parlo nel libro – vivremmo molto meno e molto peggio.
Ci anticipi in due parole quello che intendi per “medicina dell’ignoranza“?
Come dico nel libro nessuno si deve offendere: ognuno di noi porta sulle spalle uno zaino d’ignoranza e in tasca un briciolo di sapienza. Ma l’ignoranza, quando è responsabile delle scelte sulla propria salute, miete vittime. Si muore di diabete o di tumori curabili perché si ricorre a pseudo-medicine: le cronache (e le corsie degli ospedali) ci raccontano molte di queste storie.
Inoltre, l’ignoranza crea illusioni dove dovrebbe esserci realismo, genera conflitti dove dovrebbe esserci collaborazione, sposta risorse da ciò che è utile a ciò che è inutile, e fa altri danni ancora. Come diceva Guicciardini, l’ignoranza «non avendo né fine, né regola, né misura, procede furiosamente e dà mazzate da ciechi»
La crescita della complessità della società contemporanea è velocissima, e noi procediamo troppo lentamente nel fornire ai cittadini gli strumenti per comprenderla, così si creano gravi dissociazioni tra le percezioni dei singoli e la realtà.
Il capitolo più attuale è quello che prova a spiegare perchè non crediamo nella scienza. Qual è la risposta?
L’incomprensione del metodo scientifico e della sua faticosa ricerca della verità, l’illusione che ogni problema sia risolvibile per merito dello strapotere tecnologico, la scarsa alfabetizzazione scientifica che impedisce di comprendere anche solo i termini dei problemi, sono tutti ingredienti che, variamente combinati tra loro, generano sfiducia e distacco tra cittadini e scienza. Nella complessità di cui parlo nel libro si annidano certamente anche interessi di parte e manovre geopolitiche imponenti, ma l’emergere fortissimo, alimentato dai meccanismi social, delle teorie complottiste è soprattutto espressione della paura e dell’incapacità di comprendere e accettare gli eventi per quelli che sono, rifugiandosi in una pericolosa bolla anti-scientifica.
In definitiva… dobbiamo fidarci della scienza oppure no?
Se per fidarci intendiamo “avere fede” la risposta è no. Si può avere fede in qualcosa che non è “falsificabile” (come piaceva dire a Karl Popper), cioè qualcosa a cui si deve credere senza prove, e questa non sarebbe scienza, ma religione. Io piuttosto invito a credere nel metodo scientifico. Vorrei soprattutto che si capisse come funziona la scienza, che non sempre può darci immediatamente risposte semplici e categoriche, ma si sviluppa lungo un faticoso percorso di continue acquisizioni e aggiustamenti di rotta. Questa incertezza, spesso enfatizzata dai media, è in realtà la dimostrazione che la strada è quella giusta, perché è per approssimazioni successive che si arriva più vicini alla verità scientifica. E – pur con i suoi errori e con la fatica che ho descritto – è innegabile il contributo che la scienza ha dato nell’ultimo secolo. Quando non si poteva contare sulla scienza si moriva per malattie infettive anche banali o per piccoli traumi o ferite. Ma non finisce qua: sono molte le scelte decisive che l’umanità dovrà compiere nel prossimo futuro (e la prima sarà la sfida del cambiamento climatico), e solo partendo dai dati scientifici e non dalle fantasie di qualche guru o dagli interessi di agguerrite lobby, potremo sperare di vincerle.
Ultima domanda in parte fuori tema: secondo te a che punto siamo con la lotta alla pandemia da Covid19?
All’interno dell’UE le cose cominciano ad andare meglio, grazie all’alto numero di vaccinati. Tuttavia, con la variante Delta (che ha una contagiosità molto alta) e con la quota di irriducibili al vaccino sarà praticamente impossibile arrivare alla immunità di gregge. Quindi dovremo convivere qualche anno con un virus che diventerà endemico, il che vorrà dire mantenere comportamenti prudenti per un po’. E probabilmente sarà necessario somministrare la terza dose a buona parte della popolazione, ma questo saranno i dati che stiamo raccogliendo a dircelo. Ma c’è un punto cruciale: dobbiamo aiutare i paesi a basso reddito a vaccinare la popolazione. C’è una ragione etica, ovviamente, ma anche una egoistica: il virus non conosce i confini, e se non vacciniamo tutta la popolazione del pianeta cresce il rischio che compaiano varianti più pericolose e che sfuggono al vaccino. Torna buona la solita considerazione: nella società globale, qualunque sia il problema, nessuno si salva da solo.
Se volete approfondire il tema ed incontare il dottor Davini, il libro sarà presentato al Salone del Libro venerdì 15 ottobre alle ore 12.45 in Sala Rosa, Pad. 1. Avrò il piacere di condurre l’incontro con il dottor Davini, con il professor Guido Forni, già Ordinario di Immunologia presso l’Università di Torino, e con il professor Antonio Amoroso, Ordinario di Genetica Medica presso l’Università di Torino.
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