Cultura
Barriera Domina, intervista con Marco Mirabelli
Un thriller tosto, con protagonisti un gruppo di ragazzini e ambientato in Barriera di Milano, quartiere alla periferia nord di Torino. E’ questo Barriera domina, il romanzo di Marco Mirabelli in cui ritroverete luoghi e sensazioni che forse conoscete.
Un orrore che arriva dal passato sembra ripresentarsi dopo anni e spinge Andrea a riunire i compagni di classe delle medie, per finire di affrontare quello che avevano lasciato in sospeso tanti anni prima. Trovate qui la recensione completa del libro.
Marco Mirabelli, come nasce l’idea di un thriller tosto ambientato nella periferia nord di Torino?
L’idea dell’ambientazione nasce dalla volontà di esprimere quello che potrebbe essere definito un conflitto irrisolto. Ho vissuto quasi quindici anni in Barriera di Milano – i primi quindici, quelli che ti formano – e ho amato tanti aspetti di questo quartiere, che sento sempre come una casa, un rifugio. Mi ci sono affezionato, ho tutti i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza legati a Barriera, che però purtroppo ha anche un’altra faccia: quella di zona difficile. Mentre la trama è inventata di sana pianta, il rapporto con il quartiere di Andrea e degli altri personaggi è simile a quello che ho potuto vivere anche io.
Si racconta un orrore irrisolto che ritorna dopo anni. I protagonisti sono cresciuti e inevitabilmente affrontano la questione in maniera diversa. Come si sviluppa la vicenda?
In Barriera Domina sono raccontate le vicende di un eterogeneo gruppo di ex-compagni di classe che si ritrovano a fare i conti con il ritorno di un incubo che ha rovinato loro l’adolescenza. I giovani, ora cresciuti, sono spinti, oltre che da un sentimento di vendetta a tratti anche poco mascherato, da un forte senso di appartenenza e di protezione nei confronti del quartiere di Torino che li ha cresciuti, Barriera di Milano. Andrea, la voce narrante, racconta quanto accaduto nel passato, partendo dalla morte del compagno di classe Umberto, alternando a tutto ciò la narrazione del presente e diversi aneddoti dell’adolescenza propria e degli amici.
L’idea di un gruppo di ragazzi che si ritrova dopo anni per una nuova avventura è un classico della letteratura. Quali sono i tuoi riferimenti?
Sono partito da un progetto preciso: il tentare di coniugare la suspense, il repentino cambio di tono e la scorrevolezza tipiche di autori come Stephen King con stili al limite del barocco come quello di Elena Ferrante. Volevo un thriller realistico, minuzioso nelle descrizioni, che però contemporaneamente fosse caratterizzato anche da tempi via via sempre più incalzanti. Ho cercato inoltre ispirazione per alcune scene anche nel mondo del piccolo schermo, puntando alle caratteristiche della narrazione di Breaking Bad e Better Call Saul di Vince Gilligan, due serie TV che amo e che trovo geniali in ogni singolo dettaglio.
Il romanzo tocca tanti temi, tra questi quello estremamente duro della pedofilia. Come hai deciso di affrontarlo?
Il tema della pedofilia, così come quello della fiducia nelle istituzioni o del senso di giustizia, viene affrontato con l’immediatezza e la grinta tipica dell’età adolescenziale dei personaggi: in loro c’è tanta voglia di combattere a testa alta contro una temibile minaccia. Manca, nel racconto, qualcuno che li fermi in questo loro volersi sostituire alle autorità e che li guidi con saggezza, evitando loro di commettere errori che per anni non si accorgeranno di aver commesso.
Protagonista è evidentemente anche il quartiere, con le sue tante difficoltà, tipiche di una zona di periferia di una grande città. Ci racconti “la tua” Barriera di Milano?
La mia Barriera di Milano è molto simile a quella dei personaggi del romanzo. Come dice Andrea in un certo punto, siamo stati fortunati ad aver avuto alle spalle famiglie di lavoratori serie ed oneste. Un altro aspetto molto importante per me è aver avuto insegnanti di elementari e medie davvero in gamba ed appassionati al loro lavoro nonostante le condizioni non semplicissime. Il ruolo dell’ambiente scolastico è fondamentale a prescindere, ma ancor di più laddove sia necessario colmare altre carenze del contesto sociale. Ho visto più volte le mie maestre risolvere situazioni difficili con tanto coraggio e tanta forza: per questo motivo sono tra le persone che più stimo e che ricordo sempre con tanto affetto. Da ragazzino ho visto molto da vicino spaccio, microcriminalità, povertà, bullismo, razzismo e tante altre cose sbagliate, che però un po’ per fortuna ed un po’ grazie a chi mi ha guidato non mi hanno mai toccato in prima persona. Sicuramente se io ed i miei amici ci fossimo trovati in una situazione come quella di Barriera Domina, avremmo avuto almeno un adulto in grado di capire che qualcosa non stava girando nel verso giusto e di aiutarci.
Come è cambiato il quartiere da quando eri ragazzo ad oggi?
La mia impressione è che una buona parte degli aspetti già negativi del quartiere possa essere peggiorata ulteriormente. Il degrado, lo spaccio, la malavita in generale sembrano prendere sempre più piede. Ad essere rimasta immutata è la presenza di tante famiglie per bene. Credo comunque che possa essere interessante capire quale sia la percezione di chi vive attualmente in zona: sto imbastendo la trama del seguito di Barriera Domina, ambientato nel presente, e per iniziare a documentarmi ho guardato delle interviste recenti a dei giovani legati al mondo dell’hip-hop. Sicuramente rappresentano una voce importante, in grado di affrontare con spontaneità tematiche sociali che meriterebbero di essere ascoltate.
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