Piemonte
Il dott. Davini smonta le bufale contro il vaccino anti Covid-19 e spiega l’utilità del Green Pass
Abbiamo chiesto al dott. Ottavio Davini, di fare il punto sulla situazione Covid-19 e vaccini, nella speranza di chiarire gli ultimi dubbi agli indecisi grazie alla sua chiarezza e lucidità di spiegazione. Lo ringraziamo per l’approfondito testo che segue. (n.d.r.)
COMINCIAMO A SPERARE
Visti gli attuali numeri della campagna vaccinale si può cominciare a sperare di raggiungere un numero di vaccinati sufficiente a contenere la trasmissione del virus (e soprattutto lo sviluppo di varianti) e che nel giro di qualche anno ci si liberi del SARS-CoV-2.
Però sono preoccupato – e molto – per un’altra questione, che ancora forse non riusciamo a mettere a fuoco.
Ma andiamo con ordine.
Ormai è evidente che i no-vax duri e puri sono purtroppo irrecuperabili; sono pochi, anche se spesso rumorosi, e si nutrono – selezionandole con cura, intrappolati nella loro bolla – delle fandonie diffuse dai vari guru (che ci lucrano), da qualche ex-scienziato screditato, dai siti che teorizzano il complotto del nuovo ordine mondiale per la sostituzione etnica o lo sterminio della razza umana e anche – purtroppo – da qualche giornalista e politico senza scrupoli (dovrei dire senza etica, ma è parola troppo grossa). Dietro può esserci di volta in volta ignoranza, paura, convenienza, disagio sociale, adesione a un gruppo, amore per il complotto perché giustifica la loro sindrome da persecuzione; e qualche volta anche qualche problemino psichiatrico. I meccanismi mentali che operano nei no-vax sono tali che qualunque confutazione (ancorché pacata, razionale e documentata) delle strampalate teorie che propugnano va a sbattere contro un muro.
[J.Jetten, S.D. Reicher, S. A. Haslam, T. Cruwyslug: Together Apart: The Psychology of COVID-19, 2020, SAGE]
Continuano a circolare le stesse bufale (qualcuna anche ammuffita) che avevo già analizzato a gennaio; poi ci sono le new entry:
1. I vaccini non funzionano.
Funzionano eccome, basta saper leggere una tabellina per scoprire che chi è vaccinato si ammala e muore almeno dieci volte di meno (dati Istituto Superiore di Sanità, 20 luglio 2021).
2. I vaccini favoriscono le varianti.
Au contraire. Le varianti – che sono un fenomeno casuale e statistico – si determinano quando il virus ha l’occasione di moltiplicarsi. Nel soggetto vaccinato questo non accade, o accade in misura enormemente inferiore. Quindi le varianti originano in larga prevalenza nei soggetti non vaccinati e molto, molto meno nei vaccinati. È biologia, solo biologia (con un po’ di Darwin).
3. I vaccini indeboliscono il sistema immunitario.
Di nuovo, accade il contrario. E lo sappiamo da molto tempo, mica solo da ora (è uno dei tanti casi in cui non capisco come si faccia a tentare di ribaltare le evidenze scientifiche con qualche video su youtube o post sui social).
4. I giovani non fanno la malattia grave, per cui è inutile che si vaccinino.
No, è utile perché il long-Covid (le conseguenze a distanza della malattia) colpisce anche loro e perché anche i giovani, contagiandosi, contribuiscono a diffondere la malattia e a favorire l’insorgere delle varianti. [https://www.marionegri.it/magazine/long-covid]
5. Ci sono le terapie ma non ce lo dicono.
Ma come, si protesta urlando che un vaccino sottoposto a un trial clinico randomizzato in doppio cieco su 40.000 persone è una sperimentazione e poi si vogliono sdoganare terapie sulla base di storie aneddotiche? A parte che vaccino e terapia hanno obiettivi diversi, segnalo che attualmente sono in corso 6.000 (seimila) trial per farmaci anti-Covid, ma intanto idrossiclorochina, ivermectina e altri miracoli annunciati si sono schiantati contro il muro delle prove scientifiche. Buoni risultati li danno alcuni anticorpi monoclonali, ma in situazioni cliniche molto specifiche (e quelli sì, converrebbero a Big Pharma!). [https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19]
Ci sono speranze per il futuro, ovviamente, ma i virus si replicano dentro le nostre cellule, quindi è molto difficile farli fuori con un farmaco senza danneggiare l’ospite (che siamo noi). E (spoiler) gli antibiotici che funzionano con i batteri NON funzionano con i virus.
Non posso fare a meno di citare due evergreen:
1. I vaccini modificano il DNA.
Non è possibile che accada: la spiegazione si trova su un qualunque libro di scienze delle superiori.
2. Questi vaccini sono sperimentali.
Lo sono allo stesso modo in cui lo sono tutti i farmaci di nuova introduzione. E comunque attualmente sono state somministrate, nel mondo, 4 miliardi di dosi. Il risultato di questa sperimentazione di massa su noi povere cavie (compreso il sottoscritto) è che i morti, finalmente, stanno nettamente diminuendo (tra i vaccinati). Sulla base delle esperienze pregresse (miliardi di vaccini somministrati nei decenni passati) si può confidare che non ci saranno conseguenze “a lungo termine”, ma asserirlo in modo categorico sarebbe scientificamente scorretto, semplicemente perché non abbiamo ancora avuto un tempo di osservazione sufficientemente lungo: non è un limite, è onestà intellettuale. Ma è quello che succede tutti gli anni con il vaccino antinfluenzale (ogni anno il vaccino cambia in funzione dei ceppi prevalenti, che non sono altro che le varianti). È quello che succede con molti nuovi farmaci introdotti dopo trial clinici di dimensioni molto inferiori a quelli che abbiamo avuto per i vaccini, con l’obiettivo di dare una speranza supplementare ai malati. E, in tutti i casi (come ora con i vaccini), si prosegue con una stretta sorveglianza degli effetti collaterali. Tuttavia, nel mondo, durante le ondate passate, abbiamo avuto anche più di 15.000 morti al giorno. Cosa si doveva fare? Tenere i vaccini nei frigoriferi per un decennio in attesa della certezza assoluta? Quante decine di milioni di morti sarebbe costato? Quali macerie economiche e sociali?
IL PROBLEMA DEL CARRELLO
Devo confessare che la questione della vaccinazione mi ha ricordato un famoso problema, nato nel 1967 come esperimento mentale di filosofia etica, utilizzato come riferimento in molti contesti e ridivenuto recentemente attuale con la comparsa delle auto a guida autonoma. È il problema del carrello ferroviario (in originale “The trolley problem”, del quale esistono molte varianti).
Il problema del carrello ipotizza che ci si trovi in prossimità di uno scambio ferroviario e lo si possa comandare facilmente. Vediamo un treno che arriva lungo la rotaia, e scopriamo con terrore che dopo lo scambio ci sono cinque persone legate, destinate a essere travolte e uccise. Ma sull’altro binario, dove il treno andrebbe se agissimo sullo scambio, c’è un’altra persona, anch’essa immobilizzata! Quindi se noi agiamo sullo scambio il treno cambierà direzione e ucciderà comunque, ma una sola persona invece di cinque. Il dilemma etico sta nel fatto che per salvare cinque persone noi dobbiamo agire e decidere che ne uccidiamo un’altra.
Qualunque fosse la popolazione sottoposta al test, nella maggioranza dei casi la risposta è sempre stata: manovrerei lo scambio; quasi tutti convengono che sacrificare una vita per salvarne cinque sia etico e doveroso.
L’onda emotiva degli sporadici casi di decesso legati – con alta probabilità – alla vaccinazione ha fatto però saltare ogni riferimento razionale (una simpatica analisi del problema si trova qui: https://www.noncivuoleunascienza.it/posts/008-trombi-nograzie/).
Qualcuno riesce a spiegarmi la differenza tra il problema del carrello ferroviario con la vaccinazione di massa per SARS-Cov-2, dove a fronte della possibilità di avere qualche morto (misurabile in unità) si ha la certezza (basata sui dati di cui disponiamo a livello planetario) che si salveranno alcune decine di migliaia di vite?
Piccola nota: nell’articolo di gennaio avevo detto che vaccinarsi era pericoloso come attraversare la strada. Mi sbagliavo: nel 2019 sono morti 534 pedoni, e quando avremo vaccinato tutti gli italiani (disponibili) avremo certamente un numero di morti, in conseguenza del vaccino, inferiore di uno o due ordini di grandezza.
NO-MASK/VAX/PASS
Un anno fa avevamo i no-mask.
Poi sono arrivati i no-vax che ora si sono saldati con i no-pass.
Vediamo di capire: i vaccini obbligatori ci sono già (e sono dieci; vedere sito Ministero della Salute), come ci sono in metà dei Paesi del mondo [https://ourworldindata.org/childhood-vaccination-policies]. Quindi non sarebbe illegittimo anche per SARS-CoV-2 introdurre l’obbligo per tutta la popolazione (per i sanitari mi sembra il minimo sindacale: un medico che non vuole vaccinarsi ha seri problemi con sé stesso, ma per fortuna sono pochissimi). E dal punto di vista della Sanità pubblica sarebbe la soluzione ottimale. Ma la politica ha preferito non fare questo passo (e secondo me ha fatto bene), per evitare di radicalizzare lo scontro e lasciare i cittadini liberi di scegliere.
Parentesi: non sono convinto di quanto alcuni illustri colleghi affermano, e cioè che le decisioni in casi come questi debbano essere dettate solo dalla scienza. Io credo, in generale, che le decisioni politiche debbano essere informate dalla scienza, e in un ragionevole perimetro (scientifico) debbano tenere conto delle diverse sensibilità e della situazione sociale.
Una linea – prudente – di questo tipo non va confusa, come qualcuno maliziosamente tende a fare, con le catastrofi del caso Stamina o il recente inguardabile voto del Senato sull’agricoltura biodinamica.
Non vorrei una società governata da scienziati, non vorrei il dr. Stranamore al potere.
Comunque, la politica non ha potuto fare a meno di introdurre il green-pass; l’alternativa sarebbe stata una nuova strategia di chiusure, con conseguenze devastanti sull’economia. Certo, è un incentivo alla vaccinazione (dipende che tipo di vita uno vuole condurre, e quindi di nuovo è indenne il profilo della libertà), ma non è un obbligo mascherato: se non voglio vaccinarmi e voglio il green-pass faccio il tampone (be’, magari due o tre alla settimana). E non è impossibile gestirlo: ho già viaggiato in aereo (dove era obbligatorio) e non è stato un problema. Al cinema o in un museo devo mostrare il biglietto, in un circolo (anche una bocciofila, per dire), la tessera. Per un po’ mostreremo anche il green pass. Pazienza.
Un dibattito alto sul tema si potrebbe sviluppare – ci fosse il tempo – coinvolgendo tutti, anche i filosofi (un buon esempio lo trovate nell’articolo di Giovanni Boniolo su https://www.scienzainrete.it/). Ma il tempo non c’era: si doveva decidere e si è deciso. E vi prego, abbiamo il pudore di lasciare stare paragoni con la Shoah o altre bestialità del genere. Almeno per rispetto.
Lasciamo allora perdere i no-vax irrecuperabili, e sforziamoci di parlare e dialogare con gli “esitanti”, che sono più numerosi e rischiano di essere trascinati nel gorgo. E quando dico parlare e dialogare intendo anche che dobbiamo impegnarci a farlo cercando di comprendere le paure, i dubbi e le fragilità umane, senza menare schiaffoni (che, si sa da un po’ di tempo, non sono molto educativi).
È qui, però, che le preoccupazioni si fanno serie.
IL SOLE È UN PIANETA?
C’è una preoccupazione contingente: se troppi non si vaccineranno ci dovremo scordare l’immunità di gregge, soprattutto con la variante Delta che ha un R0 elevato. Conseguenza? Tutti quelli che non si vaccinano prima o poi si contageranno. Auguri sinceri.
Ma io ho una preoccupazione sul lungo periodo: che alla fine diventi maggioritario lo scetticismo nei confronti della scienza.
Abbiamo già avuto, nella storia europea, un periodo nel quale la scienza è stata dimenticata, ed è stato l’Alto Medioevo (gli storici considerano l’assassinio di Ipazia ad Alessandria, nel 415, il momento simbolo di questa svolta). Ma, tra mille stenti, siamo sopravvissuti; e poi, lentamente, abbiamo imparato a studiare i fenomeni, a risalire alla loro causa, a trovare le soluzioni (un ringraziamento speciale va a Galileo per averci regalato il primo metodo scientifico moderno).
Oggi però è molto più difficile che mille anni fa, perché la società globalizzata è incommensurabilmente più complessa di quella feudale, e senza una conoscenza diffusa è impossibile governarla.
E partiamo piuttosto male.
Un test, utilizzato in tutto il mondo, per valutare la cultura scientifica di base della popolazione fa ricorso a tre semplici domande:
1. Il sole è un pianeta?
2. Gli elettroni sono più piccoli dell’atomo?
3. Gli antibiotici uccidono sia i virus sia i batteri?
Nel 2013, data dell’ultima rilevazione su un campione rappresentativo della popolazione, il 14% degli italiani non sapeva rispondere correttamente a nessuna delle tre domande, e poco più del 20% rispondeva invece correttamente a tutte e tre; due italiani su cinque pensavano che il sole fosse un pianeta. Nell’OCSE ci collochiamo al quartultimo posto (piccola speranza: stiamo migliorando).
[https://www.observa.it/cresce-il-livello-di-alfabetismo-scientifico-degli-italiani/]
Ma se questo è lo scenario come possiamo sperare che i cittadini comprendano le incertezze della scienza, il senso dei trial, i criteri di probabilità, le distorsioni statistiche, e non siano invece affascinati dalle fake news sparate a caratteri cubitali sui social?
E non è un problema marginale. Perché ci aspettano decisioni cruciali, nel prossimo futuro, sul cambiamento climatico, la transizione ecologica, le energie rinnovabili, la mobilità, l’economia circolare, la salute globale e via dicendo. Le decisioni verranno prese dai politici, e i politici sono eletti dai cittadini.
E sono decisioni che dovrebbero essere prese sulla base delle prove scientifiche, almeno di quelle che abbiamo, se non vogliamo dirigerci a tutta velocità verso il baratro.
La scienza può sbagliare? Certo, ma è proprio della sua natura e del suo metodo la capacità di correggersi e migliorare.
E, alla fine, salva le vite.
L’ignoranza invece uccide. Perché, come diceva Guicciardini, “non avendo né fine, né regola, né misura, procede furiosamente e dà mazzate da ciechi.”
Ottavio Davini
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