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Cronaca

Sette richieste di rinvio a giudizio per la morte di Bashkim Toska, travolto da un cassero a Limone Piemonte

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Sono ben sette le richieste di rinvio a giudizio per la morte di Bashkim Toska, l’operaio di 59 anni che si era trasferito da circa un anno a Cuneo, travolto dall’inopinata caduta di un “cassero” in un cantiere edile di Limone Piemonte, sempre nel Cuneese, il 26 febbraio 2020 e deceduto tre giorni dopo, il 28 febbraio, in seguito ai gravissimi traumi riportati. Riscontrando la richiesta del Pubblico Ministero della Procura di Cuneo titolare del relativo procedimento penale, la dott.ssa Carla Longo, il Gip del Tribunale, dott.ssa Cristina Gaveglio, ha fissato per il 22 ottobre 2021, dalle 10, l’udienza preliminare di un processo dal quale si aspettano finalmente giustizia i familiari della vittima tra cui il fratello Hysen, assistito da Studio3A.

Il gravissimo incidente si è verificato, come detto, il 26 febbraio 2020, alle 11, in un cantiere di Limone in via Elmellina 2, dove era in corso la realizzazione di un complesso turistico-residenziale, in particolare una palazzina a piani sfalsati con diversi alloggi di cui al momento era stata completata quasi tutta la parte interrata ed erano state costruite le solette del primo piano ad altezze diverse. L’operaio, il quale lavorava per conto dell’impresa edile di un connazionale che aveva ricevuto in subappalto alcune lavorazioni, stava passando sulla soletta in prossimità di una parete di cassaforma (quel pannello di ferro di un armatura usato in edilizia per contenere e dare forma al cemento armato durante la fase di presa) che era stata appena montata per la costruzione dei muri: il responsabile della sua ditta lo aveva mandato a recuperare del materiale. E’ allora che questo cassero all’improvviso gli è crollato addosso, schiacciandolo. I colleghi l’hanno subito soccorso, hanno sollevato con una gru la pesante paratia, liberandolo, e hanno dato l’allarme: il cinquantanovenne è stato elitrasportato in condizioni disperate all’ospedale di Cuneo, ma i politraumi riportati erano troppo gravi e, nonostante i tentativi dei medici di salvarlo, è spirato lasciando la moglie e due figli, oltre al fratello a cui era molto legato e che, per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia, attraverso la consulente legale dott.ssa Sara Donati, si è affidato a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini.

Dalle indagini condotte dai carabinieri della stazione di Limone, che hanno subito posto sotto sequestro il cantiere, e dagli ispettori del Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro dell’Asl Cn1, erano emerse fin da subito pesanti responsabilità: “sembra che il cassero abbia ceduto perché gli ancoraggi non erano adeguati e perché quella lavorazione è stata effettuata in una giornata di forte vento quando avrebbe dovuto essere sospesa” avevano scritto nel primo rapporto i tecnici dello Spresal, che però poi, approfondendo le indagini, hanno riscontrato anche numerose altre violazioni oltre a quella, fatale, di aver continuato la posa in opera della cassaforma nonostante le condizioni meteorologiche avverse ne richiedessero lo stop, come peraltro imposto anche dal Piano Operativo per la Sicurezza. In particolare, la mancata valutazione dei rischi connessi alla realizzazione delle singole fasi di lavorazione, di quelli di interferenza tra le lavorazioni demandate alle diverse ditte che operavamo contemporaneamente nel cantiere, e di quelli relativi alle cautele da adottare in condizioni climatiche avverse come la presenza di raffiche di vento; la mancata delimitazione delle aree di lavoro delle singole imprese e della viabilità interna onde impedire anche l’accesso ad addetti ai lavori e a terzi in aree di manovra e a rischio, così come, nello specifico, dell’area in questione, priva di “bindelle di plastica” e segnali di avvertimento”; la mancata adozione di misure di prevenzione e protezione nella fase di montaggio dei casseri quando lo spazio risultava insufficiente per il fissaggio dei piombatori a terra, la loro installazione in violazione delle regole previste dal manuale di istruzione della ditta produttrice e nel Pos, eccetera. Insomma, in quel cantiere regnava la deregulation.

Per queso motivo, a chiusura delle indagini preliminari, il Pm ha ritenuto di chiedere il processo per tutti e sette gli indagati: si tratta del responsabile dei lavori per la sicurezza e di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione dell’impresa committente; del capo commessa e coordinatore di cantiere dell’impresa esecutrice dell’intervento; del caposquadra della stesa; di un socio amministratore dell’impresa a cui erano stati subappaltati i lavori di creazione dei muri in cemento armato, del legale rappresentante della stessa e di un suo operaio; infine del rappresentate legale e datore di lavoro dell’impresa per la quale la vittima lavorava e a cui erano stati subappaltati altri lavori di muratura.

Tutti devono rispondere, per i loro rispettivi obblighi, posizioni di garanzia e responsabilità, di omicidio colposo in concorso con l’aggravante di essere stato commesso in violazione delle norme antinfortunistiche “per aver cagionato il decesso di Bashkim Toska, che, transitando in area non delimitata, nella fase di posa in opera del cassero, il cui fissaggio era necessario per la successiva colatura del cemento armato, veniva travolto e schiacciato dallo stesso che, a causa dell’instabilità dovuta all’installazione in violazione delle disposizioni previste, si ribaltava e gli precipitava addosso” riassume la dott.ssa Longo nella sua richiesta di rinvio a giudizio depositata in cancelleria Gup il 22 maggio 2021 e riscontrata dal giudice con avviso del 7 giugno per la fissazione dell’udienza preliminare il 22 ottobre 2021, alle 10, presso il tribunale cittadino di piazza Galimberti.

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