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Diavolo Rosso, intervista con Giorgio Boccassi

Gabriele Farina

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Avete mai sentito parlare di Giovanni Gerbi, il Diavolo rosso? Se siete appassionati di ciclismo questo nome qualcosa vi dirà sicuramente. Astigiano, ciclista dell’epoca eroica, vinse la sua prima gara, Asti-Moncalieri e ritorno, a soli 15 anni.

Grande innovatore, fu in pratia lui a traghettare il ciclismo italiano nel professionismo. Allo stesso tempo era però anche un combattente estremo, un pirata che non disdegnava di andare oltre il regolamento per prendere un vantaggio sui suoi avversari. A raccontarci la sua storia è Giorgio Boccassi, che di Gerbi è pronipote, nel suo Diavolo rosso – Anima di fuoco, caosfera edizioni. Trovate la recensione completa del libro qui.

Un uomo di teatro che si trova ad essere pronipote di un personaggio come Giovanni Gerbi non poteva che trarne uno spettacolo e poi un libro. Come è nata questa decisione?

La vita e le imprese del Diavolo Rosso, Giovanni Gerbi, sono così avvincenti e originali che mi hanno portato “inevitabilmente” a uno spettacolo, anche grazie al mio legame parentale. Ma per una compagnia professionale come la mia (Coltelleria Einstein), la produzione di uno spettacolo richiede programmazione e scelte legate anche al mercato dello spettacolo. Così ho meditato a lungo prima di metterlo in cantiere. Come scrivo nel libro, un primo input è arrivato da Giorgio Conte e Bruno Gambarotta con cui realizzai un evento teatrale. Furono loro i primi ad insistere, conoscendo la mia parentela. Poi ci fu un altro stimolo da Claudio Pesci (pittore che ha realizzato la copertina del libro), presidente dell’Associazione “Fausto e Sertse Coppi a Castellania”. Allora mi sono deciso.

Il diavolo rosso, più che un uomo, più che un ciclista… è una leggenda. Ci tratteggi il personaggio?

Giovanni Gerbi è stato un grandissimo campione che, nei primi anni del novecento, era quasi invincibile.
Giovanni Gerbi è stato un pioniere del ciclismo professionista: oltre a possedere una potenza incredibile, una resistenza eccezionale e una volontà ferrea, Giovanni Gerbi ha studiato sin dall’inizio della sua carriera le tecniche migliori per correre in bici.
E’ stato uno dei primi, se non il primo, a fare i sopralluoghi per studiare le corse, uno dei primi a usare il massaggio prima e dopo le gare, a adattare gli elementi della bici per migliorare la posizione in sella, a tagliarsi i capelli corti corti per essere più aerodinamico e così via.
Gerbi aveva un carattere forte e spesso irascibile. Voleva vincere a tutti i costi e calcolava precisamente la propria resistenza. Spesso dopo l’arrivo stramazzava al suolo. Aveva bruciato tutte le energie, sino all’ultima goccia.
Insomma io non correvo soltanto per vincere ma per dimostrare che i miei avversari mi erano inferiori di quei tanti minuti che ad essi guadagnavo sul percorso.” (Giovanni Gerbi)
Il Diavolo Rosso è stato amato dai suoi tifosi che erano tantissimi, è stato amato e odiato dai suoi rivali, che ne temevano la potenza e le strategie.

Giovanni Gerbi è allo stesso tempo il predecessore dei ciclisti professionisti e un pirata capace di violare ogni regola per vincere. Come convivono queste due anime?

Si,l’epos del Diavolo Rosso è fatto anche dei suoi stratagemmi incredibili, dalle sue trovate, dalle sue astuzie e spesso dai suoi inganni omerici, dalle sue scelte truffaldine. Alcune strategie erano lecite, altre no. Sicuramente, in ogni tempo, rompere le regole dello sport è negativo e perseguibile. Bisogna comunque contestualizzare la vicenda. Allora era una consuetudine cercare di truffare. Ci sono decine di episodi dove i professionisti del ciclismo fanno una brutta figura. C’era chi prendeva il treno e saltava tratti di percorso, chi si faceva trainare dalle moto o dalle prime automobili, nelle gare i giudici mettevano un piombino non solo alla bici ma anche al polso del corridore, per essere sicuri che quello che partiva era lo stesso che arrivava (perché quando arrivavano erano quasi irriconoscibili, pieni di fango e polvere delle strade bianche). Alla radice di tutto erano come sempre i soldi oltre che la gloria. C’erano premi importanti per chi vinceva. E, allora come adesso, i campioni erano richiesti in varie manifestazioni e pagati profumatamente. Come dice Gerbi a proposito della sua “brigantata” nella prima Milano-San Remo : Avevano ragione i giudici, ma non si dimentichi la miseria in cui ci si trovava….bolletta nera.
In quell’epoca, poi, il ciclismo era ai primi passi e i regolamenti erano quelli che erano e si faticava da morire…
Credo comunque che il Diavolo Rosso si divertisse anche a inventare queste stratagemmi illeciti….
E non dimentichiamo che la truffa sportiva è un’abitudine di tutti i tempi… purtroppo.

Il ciclismo eroico di quegli anni è più interessante dal punto di vista sportivo o sociale?

Dal punto di vista sportivo ogni epoca ha il suo fascino. La distanza temporale ammanta di eroismo e bellezza quelle imprese, ma sicuramente fra cento anni si parlerà come grandi gesta quelle di Alberto Tomba, di Zidane, di Sofia Goggia, di Usain Bolt, di Ronaldo, di Sara Simeoni, di Mennea e così via. Dal punto di vista sociale non bastano poche righe per analizzare. Credo che il ciclismo avesse un impatto molto più forte sul popolo, quasi quanto il calcio.

Come hai recuperato le informazioni di un tempo tanto lontano?

Mi sono valso soprattutto di alcuni testi astigiani sulla vita del Diavolo Rosso e di due libri di Claudio Gregori, giornalista della Gazzetta dello Sport il quale sicuramente ha attinto notizie dall’archivio del suo giornale. Bisogna ricordare che lo Sport è sempre stato al centro dell’attenzione delle testate giornalistiche, sin dai primi del novecento. E poi ho attinto anche dalla mia memoria e da quella dei nipoti di Giovanni Gerbi.

Come sei passato dallo spettacolo al libro?

Lo spettacolo “Diavolo Rosso” è una narrazione teatrale accompagnata da musiche. E’ un monologo intenso e avventuroso. Contiene dunque già la caratteristica di un testo letterario. Ma se nello spettacolo ho dovuto fare tagli e riduzioni, per ottenere efficacia teatrale, nel libro ho inserito notizie, considerazioni e appendici che lo arricchiscono. Inoltre ho fatto un’accurata (credo…) revisione del testo teatrale per renderlo più letterario.

Ci sarà modo di vedere nuovamente lo spettacolo, quando naturalmente torneremo a vivere come prima?

Si, ci sarà modo di vederlo ancora, anche se per ora non frequentemente Attualmente è programmato in due “tappe”, in Liguria, il 10 luglio a Genova e il 31 luglio a Busalla.
Tutto questo se l’emergenza Covid lo permetterà, secondo le norme di sicurezza.
Ma certo! Il Diavolo Rosso pedalerà ancora sulle strade del mondo!

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