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Cultura

La notte dell’equinozio, intervista con Mauro Ignazio Alò

Gabriele Farina

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Si chiama La notte dell’equinozio, ed è il romanzo d’esordio di Mauro Ignazio Alò, alter ego Edizioni. Siamo tra Torino ed un paesino ligure (ma c’è anche un bel finale nel Verbano) ed un uomo ha dei vuoti di memoria impressionanti.

Si rivolge così a due detective che, insieme ad un commissario di polizia, si trovano ad indagare su questa vicenda che sembra allargarsi fino a toccarne tante altre. In particolare abbiamo un laboratorio di ricerca a Torino dove si studia il cervello, ma nel quale (nel laboratorio, non nel cervello – si, ok, anche nel cervello, ma è un altro discorso) ci sono parecchi misteri. Trovate sul mio blog la recensione completa del libro.

Mauro Ignazio Alò ha risposto alle mie domande.

Da cosa nasce l’idea di questa vicenda, che è decisamente articolata?

L’idea nasce da una domanda che tutti noi, qualche volta, ci poniamo: perché siamo ciò che siamo? Quesito esistenziale un po’ scontato, cui tanti personaggi famosi hanno dato risposte. Io ne cercavo una semplice, diretta. Non ci riuscivo.
Poi, leggendo alcuni libri sulle neuroscienze, ho trovato una parziale risposta: noi siamo ciò che siamo perché abbiamo memoria del nostro passato. Possibile che fosse così semplice?
In realtà, almeno per me, non era tanto facile. Infatti ho dovuto scrivere un intero libro, e proprio lì, in quelle pagine, forse… forse sono riuscito almeno ad accennarla.

Al centro del mistero abbiamo il cervello umano, che di misteri ne cela un bel po’. Come sei arrivato a scegliere un tema così particolare?

Da sempre sono stato affascinato dalle neuroscienze, e in particolare dai misteri che si celano nel nostro cervello. Il modo in cui si è evoluto nel corso di milioni di anni, la natura dei sogni, la sede della coscienza, persino come gruppi di neuroni interagiscono per dar forma ad azioni. Tutto questo, ed altro ancora, è contenuto in poco più di un chilogrammo di materia. Davvero incredibile!

La vicenda è piena di personaggi, ognuno dei quali potrebbe essere il protagonista della storia. A chi di loro ti sei affezionato di più?

Difficile dirlo, mentre scrivo mi immedesimo in ognuno dei personaggi. Vivo letteralmente le loro vicende, mi sembra quasi di provare le loro emozioni. Se però devo sceglierne uno, direi il giornalista. La ragione non la posso dire, rivelerei troppo della trama!

La vicenda si svolge tra Torino e la Liguria. Qual è il tuo rapporto con la città?

Mia nonna e mia madre erano di Torino, e lì vivono ancora miei parenti. Proprio a Torino sono legati alcuni bei ricordi dell’infanzia, quando trascorrevo parte delle vacanze a casa di una prozia. E poi… è una bellissima città, elegante e un po’ misteriosa.

Il tuo romanzo è un giallo, perchè bisogna scoprire un mistero, è un thriller, perchè la tensione sale parecchie volte, ed ha un finale decisamente vicino all’horror. Ti piace l’idea di incasellarlo in un genere? In quale?

Hai centrato la questione, nel bene o nel male comprende diversi generi. All’inizio è più un giallo, poi diventa un thriller, infine è un po’ horror. Forse lo porrei tra il giallo e il thriller, però preferisco lasciare la scelta al lettore.

Se dovessi immaginare una trasposizione cinematografica del romanzo, quali attori ti piacerebbe interpretassero i tuoi personaggi?

Una trasposizione cinematografica! Sarebbe un sogno, non voglio aspirare a tanto. Però, se proprio devo sognare… beh, ecco alcuni nomi di attori italiani che vedrei bene: Elio Germano per il commissario Nardi, Diego Abatantuono per il medico legale, Alessandro Borghi per Elia Greco, Luca Ward per il giornalista. Chi manca? Ah sì, la protagonista, l’investigatrice. Direi che Kasia Smutniak sarebbe perfetta.

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