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Cultura

Picnic al lago, intervista con Erica Gibogini

Gabriele Farina

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La splendida cornice del lago d’Orta ospita il nuovo romanzo di Erica Gibogini, un giallo molto classico che risponde al titolo di Picnic al lago, Morellini Editore. Siamo proprio sotto il Santuario della Madonna del Sasso, tra Boleto, Pella e Ronco, il panorama mostra lo splendore del lago e l’isola di San Giulio.

E’ Ferragosto e Massimo e Cristina, affermata coppia novarese, è lì per trascorrere una giornata sul lago, un sereno picnic. Cristina però scompare misteriosamente e intorno a Massimo compaiono una lunga serie di personaggi che scopriremo pian piano non essere degli sconosciuti, ma tutti legati (in un modo o nell’altro) a lui o a sua moglie. Il mistero si infittisce e la giornata di Ferragosto diventa un incubo che rivoluzionerà le vite di molte persone. Trovate qui la recensione completa del libro.

Erica Gibogini ha risposto alle mie domande.

Da cosa nasce l’idea di questa storia?

La prima idea è venuta nel voler raccontare una storia “estiva”, in contrapposizione a quella “autunnale” di “Rose bianche sull’acqua”, ed ecco immaginare una storia durante in giorno il ferragosto, e quindi… un “picnic”, tipico passatempo di un giorno di vacanza qui sul lago, e non solo. Ma ecco che, durante la scampagnata, accade qualcosa che sconvolge i piani dei protagonisti.

Abbiamo un luogo ed un tempo molto limitati ed un gruppo di persone che sembrano tutte coinvolte. Ami i gialli classici?

Sì, decisamente. La struttura del luogo ben definito in un tempo limitato, con i personaggi che si muovono in questo poco spazio è quello che sento più mio. Anche se, nelle letture, ogni storia che ha un profumo giallo mi attrae, sono sempre stata una grande appassionata di questo genere.

Come hai ideato i personaggi? Prendono spunto da situazioni/persone che hai incontrato?

La necessità di creare una rosa di persone che agisse, che fossero credibili calati nella storia. Ho quindi immaginato che tipi potessero essere amici e colleghi dei due personaggi principali, i quali mi si sono affacciati subito nella mente: belli e di successo. Ma a questi ho voluto affiancare persone del posto, che dovevano anch’esse essere credibili nella loro vita di provincia, che è anche la mia. Non ho preso spunto da nulla e da nessuno in particolare, anche se sicuramente chi scrive rovista più o meno inconsciamente in situazioni, e soprattutto in persone che ha realmente incontrato. Permettimi di aggiungere che il creare dei personaggi è una cosa che mi affascina molto, e mi sono resa conto, dopo un po’ di esperienza, che quando li hai tracciati, sono loro che ti guidano, e a volte rivendicano ruoli o avvenimenti a cui tu non pensavi. Sono spesso loro a indicarti la piega che la storia dovrà prendere, o meglio, che loro vogliono che prenda.

La costruzione della vicenda è molto efficace. Qual è secondo te il segreto per tenere il lettore incollato alle pagine del libro?

E’ la cosa più difficile, certamente. Una magia fatta dal saper catturare l’attenzione del lettore, depistarlo, e infine, stupirlo. La cosa a cui ambisco!

Da cosa nasce l’idea di ambientare la vicenda intorno al Santuario della Madonna del Sasso?

Voler contrapporre la sacralità del luogo con i toni terreni e decisamente cupi della storia. E offrire al lettore un altro bellissimo scorcio del mio lago, proprio di fronte a Orta, dove ho ambientato il primo romanzo.

Qual è il tuo rapporto con la zona del lago d’Orta?

Molto profonda. Ci sono nata, amo questi luoghi bellissimi. Vedo il lago da casa mia, non potrei farne a meno. E da quando ho deciso di calare la mia fantasia nella realtà di tutti i giorni, qui sul lago d’Orta, mi sembra di essermi avvicinata ancora di più a esso, lo guardo con ancora più attenzione.

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