Cultura
Torino, operazione secondo tempo, intervista con Rocco Ballacchino
Rocco Ballacchino ha presentato il suo Torino, operazione secondo tempo, Fratelli Frilli Editori, come il capitolo conclusivo della saga di avventure del suo commissaio Sergio Crema e del critico cinematogafico Mario Bernardini. I due si sono incontrati nel 2014 in “Scena del crimine” ed insieme sono comparsi (con questo) in sette libri e mezzo.
In quest’ultima avventura (trovate qui la recensione integrale) Crema e la sua squadra si trovano nel mondo dei rider, tra sfruttamento del lavoro e lotte sindacali. Siamo a Torino nel febbraio del 2020 e il Coronavirus sta per trasformare l’Italia. Tutto parte da un rider scomparso, un rider impegnato sindacalmente contro lo sfruttamento.
Rocco Ballacchino ha risposto alle mie domande.
Non so da dove cominciare e allora vado subito al centro: davvero questa è stata l’ultima avventura di Crema e Bernadini?
Risposta da un milione di dollari. La mia convinzione in tal senso pareva granitica, ovviamente i pareri affettuosi dei lettori la fanno vacillare ma mi sento di escludere che nel breve loro due ritornino in pista. Mi sembrava il momento giusto, anche visto il contesto storico, per chiudere il cerchio e l’ho fatto.
Come sono cambiati i tuoi protagonisti da “Scena del crimine” a “Torino, operazione secondo tempo”?
In Scena del crimine (2014) debuttano Crema e Bernardini, la mia scommessa era quella di coniugare il lavoro di un professionista dell’indagine come il commissario con un investigatore fai da te come il critico cinematografico, spero di esserci riuscito.
In questa avventura siamo nel mondo dei rider e dello sfruttamento. Un tema molto attuale. Come mai lo hai scelto?
Nei miei romanzi ci sono spesso riferimenti alla realtà. Trovo che lo sfruttamento dei rider sia una forma moderna di schiavitù, come per altre categorie sottopagate. Il tema della diseguaglianza trova spesso posto nei miei libri perché penso che da lì derivino molti dei nostri mali.
Nel romanzo c’è anche un episodio legato ad una mancia mancata. Anche questo prende spunto da un avvenimento reale… se non ricordo male venne pubblicato un elenco dei Vip che non lasciavano la mancia?
Sì, confermo. Anche la scarsa generosità di chi ordina il cibo a domicilio è una delle riflessioni che si trovano nel mio giallo. Al di là dei provvedimenti governativi potremmo fare un po’ di più.
Siamo a cavallo tra gennaio e febbraio 2020. Anche il Coronavius inevitabilmente si affaccia nel tuo romanzo. Come affrontano la situazione i tuoi protagonisti?
Questo è uno degli elementi chiave del romanzo. Il mondo che racconto è quello ai confini con l’era Covid. Non so ancora se avrò voglia di descrivere questa realtà così dolorosa e condizionante.
E poi naturalmente ci sono le storie aperte. Non diremo come e se si concluderà il rapporto mai nato tra Sergio e Giulia ma ancora una volta sarà ben presente…
L’amore, solo accennato, tra Sergio e Giulia è uno dei temi che ha, da sempre, incuriosito molto i lettori. Lascio alla lettura del libro l’ardua sentenza…
Per chiudere torno all’inizio. Come ti senti a salutare due amici che ti hanno accompagnato per tanto tempo?
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