Cultura
Sotto sotto tutto è perfetto, intervista con Gianni Valente
Nel 1983 Gianni Valente rimane vittima di un temendo incidente stradale a Torino. Un camion lo travolge mentre è in bicicletta e lo trascina per decine di metri. Valente entrerà in ospedale per uscirne sono dopo un paio di anni e con menomazioni fisiche piuttosto gravi. A 40 anni da quel dramma, con Sotto sotto tutto è perfetto, Neos Edizioni, Valente trova la forza di raccontare quell’avventura, che è inevitabilmente diventata l’avventura che ha caratterizzato la sua vita. E lo fa senza piangersi addosso e senza cercare commiserazione, tutt’altro: lo fa invece con una forze e una lucidità davvero notevole. Trovate qui la recensione completa del libro.
Gianni Valente ha risposto alle mie domande.
Come mai, dopo quasi 40 anni, hai sentito la necessità di raccontare l’episodio che ha segnato la tua vita?
Non so spiegare neanche a me stesso perchè mi è venuto voglia di scrivere dopo così tanti anni. So che mi è venuto spontaneo questo desiderio, ho cominicato così, senza avere il progetto del libro. Ho fatto leggere qualcosa a mia moglie, a mio fratello medico, sono rimasti entusiasti e mi hanno incoraggiato. Poi i ricordi sono venuti fuori molto facilmente, quasi da soli.
Il tuo racconto è estremamente lucido e i ricordi sembrano molto vividi. Sono sempre stati lì o hai dovuto lavorare per ricostruirli?
Non ho dovuto faticare a ricostruirli. Li ho scritti essattamente come ce li ho in testa, non ho inventato o cambiato nulla. Però mi rendo conto come sia strano, come sia strana la mente, il flusso dei ricordi, e infatti ho scritto più volte sulla stranezza del flusso dei ricordi.
Mai, in tutto il libro, compare una parola che lasci intendere una tua richiesta di commiserazione. Sei sempre stato così forte o è la distanza temporale che aiuta?
Certamente la distanza temporale aiuta molto ad accettare quello che è successo, a dargli un senso. Quando ero “più vicino” mi domandavo spesso “perchè è capitato a me?” Abbastanza presto comunque ho iniziato a vedere anche le opportunità offerte dal mio incidente.
Il senso del libro, mi pare evidente, è che un uomo con delle passioni non può farsi fermare praticamente da nulla. Risulta chiaro dalla seconda parte del libro e dalla quotidiana testimonianza dei tuoi lavori…
Per me il senso del libro (e del titolo) è questo: nella mia vita è successo che gli avvenimenti in apparenza negativi (grandi e piccoli), mi hanno poi sempre offerto delle opportunità positive, evidenti però solo a distanza di anni, guardando le cose da lontano. Cioè non bisogna mai giudicare le cose solo sul momento (vedi la storiella di Piotr che ho riportato). Ovviamente non la ritengo una regola valida per tutti, universale, ma per me (e certamente non solo per me) è senza dubbio così. Ed è una concezione molto rasserentante.
Eppure girare per il mondo in luoghi spesso non serviti nemmeno dai servizi essenziali per una persona con le tue necessità non deve essere facile. Basta organizzarsi bene prima della partenza o c’è dell’altro?
Per quanto riguarda le difficoltà dei viaggi: a me è sempre piaciuta molto l’avventura, anche prima dell’incidente, per cui dopo non è stato un grande problema: ogni cosa era più avventurosa, più faticosa, ma anche più emozionante. Grazie ai soldi dell’assicurazione mi sono permesso il lusso di potere fare molti viaggi extra-europei, buona parte anche per lavoro.
Chiudo con una riflessione, che se vuoi puoi commentare. Nella mia mente una persona che decide di scrivere un libro in cui racconta il suo travaglio lo fa per esocizzare il male che ha dovuto vivere. Eppure questo non è il tuo caso, perchè la seconda parte del libro stesso dimostra come la tua rivincita sull’incidente te la sei abbondantemente presa negli anni seguenti…
Scrivere questo libro mi ha fatto molto molto bene. Forse è stata l’ultima tappa della piena accettazione di tutta la mia vita, anche dei lati più difficili. O comunque è stato un ulteriore passo in avanti di un cammino di accettazione e di apprezzamento di ogni aspetto della mia vita.
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