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Cultura

Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo, intervista con Tiziana Lilò

Gabriele Farina

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Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo è un vero e proprio diario di viaggio. Tiziana Lilò lo ha scritto nel 2008, quando ha lasciato il verbano per tentare il tasferimento nel Regno Unito, e dato alle stampe in questi giorni.

Giorno per giorno l’autrice racconta le aspettative, i sogni, le difficoltà, gli obiettivi. La ricerca della casa, del lavoro, il disperato tentativo di imparare la lingua. Trovate qui la recensione completa del libro.

Tiziana Lilò ha risposto alle mie domande.

Quando è nato il bisogno di rendere pubblico un diario personale che risale al 2008?

Non sono partita con l’idea di scrivere un libro, ma semplicemente con l’intenzione di fare un’esperienza di vita all’estero… e non tornare più in Italia. Una volta lì, mentre i giorni passavano e affrontavamo le varie peripezie, in me è scattata l’idea di creare una sorta di “manuale di sopravvivenza” destinato a coloro che avessero voluto intraprendere la nostra stessa avventura, con l’indicazione, per esempio, delle pratiche burocratiche da dover espletare o dove recarsi per fare la spesa in maniera conveniente.

Leggendo il tuo racconto si capisce che siete partiti con tante speranze e nessuna certezza. Incoscienza o coraggio?

A quell’età direi 50 e 50. Proprio per il fatto di non avere nemmeno trent’anni l’incoscienza ha fatto parte di noi, complice la “presunzione” che lì sarebbe andato tutto meravigliosamente e che niente ci avrebbe potuto fermare…
Allo stesso tempo abbiamo avuto del coraggio specialmente nei confronti di chi disdegnava un po’ il passo che stavamo per compiere. Non abbiamo guardato in faccia a nessuno, non ci siamo fatti scrupoli sul fatto di avere già dei lavori che abbiamo lasciato perché in noi era vivo il desiderio di seguire un sogno.

Il ritratto che viene fuori dal tuo diario è quello di un paese dove le difficoltà sono più o meno le stesse degli altri paesi. Vi aspettavate qualcosa di diverso?

Decisamente! Come ho anche scritto nel libro, ci avevano raccontato delle bellissime favole su Newcastle (la nostra meta) non solo da parte del nostro “Aggancio”, ma anche le persone che avevamo avuto modo di incontrare quando avevamo fatto un primo giro di perlustrazione (prima di trasferirci lì definitivamente).
E noi ingenuamente ci avevamo creduto. Ma come insegna un po’ San Tommaso “finché non vedi non credi” e quindi solo una volta sul posto abbiamo toccato con mano la realtà che sì è rivelata diversa da quella che ci era stata prospettata. O meglio: diversa da quella che noi ci aspettavamo, in realtà molto simile a quella presente in Italia! Ci tengo però a precisare che ovviamente questa è la nostra esperienza, non sarà così per tutti, si vede che a noi doveva andare in quella maniera…

Il tuo stile narrativo è decisamente spietato. Come hai trasformato gli appunti di viaggio in libro?

Partita come una sorta di guida/di manuale, alla fine il “pathos” ha preso il sopravvento difatti tra quelle righe mi sono ritrovata a confessare tutto (ma proprio tutto) quanto accaduto in quei giorni sul suolo inglese, a partire dai miei limiti per l’apprendimento di una lingua straniera, le frustrazioni per cercare di integrarsi in un ambiente differente. E mi sono lasciata trasportare dalle parole, di fatti il libro consta di 380 pagine quindi di aneddoti raccontati ve ne sono davvero tanti! Probabilmente è stato il mio modo di elaborare quello che stavo affrontando. Il tutto condito dall’ironia, che nella vita ci vuole sempre.

Ritieni l’avventura vissuta un fallimento o un’esperienza che comunque andava fatta?

Assolutamente un’esperienza che consiglio vivamente di fare a tutti quelli (giovani e non) che hanno questa idea di voler provare a vivere fuori dal Bel Paese. Altrimenti ora sarei qui a piangermi addosso per non averci almeno tentato. D’altronde la vita è proprio questo: avere dei sogni e tentare di realizzarli. Perché è molto peggio vivere avendo dei rimpianti per il “non fatto”. E la vita è anche questo: ambire a qualcosa e scoprire che la realtà è differente, e come dice anche Luciano Ligabue “Va bene anche per forza così “.

Dal 2008 ad oggi cos’è accaduto? Come è proseguita la vita da aspirante migrante di Tiziana?

Io e Damiano (il mio compagno di avventura) siamo ancora una coppia e lo scorso anno ci siamo sposati. L’idea di vivere un’altra esperienza simile è tutt’oggi presente. Certo, vista anche l’età che ti fa acquisire un po’ di maturità, pretenderei qualche certezza in più ma nel mio CV ho specificato essere disponibile a trasferimenti all’estero. In attesa di una proposta, appena posso preparo la valigia e, assieme a Damiano, giriamo un po’ per il mondo. Per me è fondamentale avere sempre il passaporto in corso di validità (essendo una travel aholic come mi definisco).

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