Cultura
Stanotte o mai, intervista con Elena Genero Santoro
La notevole prolificità autoriale di Elena Genero Santoro ce la fa nuovamente incontrare con Stanotte o mai, Edizioni Leucotea, romanzo ambientato tra Torino (soprattutto) e Roma, che tocca temi vari e diversi livelli di pofondità.
Dara e Andrea sono sposati ed hanno un figlio. Lei lavora in famacia (ma vorrebbe fare ricerca), lui è un cantante ormai famoso. La loro vita mediamente serena viene sconvolta dall’apparizione di Giulia, storica fidanzata di Andrea, che ha ormai perso la sua lotta conto il cancro e sta sostanzialmente aspettando di morire. Prima di cedere vorrebbe però rivedere Andrea. Questo lo spunto di partenza da cui nasce la vicenda. Trovate la recensione completa del libro sul mio blog.
Elena Genero Santoro ha risposto alle mie domande.
La vita di una coppia mediamente serena viene rimescolata dall’apparizione di una ex fidanzata. Non si tratta però di un semplice amore di ritorno, perchè Giulia è malata terminale di cancro ed ha una richiesta precisa. Come è nata l’idea di questo romanzo?
Se fosse stata una semplice ex molesta sarebbe stato troppo scontato. Ci voleva qualcosa che toccasse la sensibilità del mio protagonista maschile, Andrea, che altrimenti, seduto comodamente all’interno di un matrimonio sereno con Dara, non avrebbe mai ceduto alle richieste di una ex che si rifaceva viva dopo anni. E dopo il modo in cui lo aveva trattato, per giunta! L’idea mi era nata già un bel po’ di anni fa, dopo aver visto un programma in tv che presentava lo stesso quesito. Quanto, un malato terminale, ha il diritto di insinuarsi nella vita degli altri, nella nuova famiglia di un ex, sapendo che presto “toglierà il disturbo”? Quanto può spingersi in là il desiderio di un condannato? E’ un bel dubbio morale.
Come al solito nei tuoi romanzi la vicenda principale è la guida per toccare temi molto differenti tra loro. Quali sono gli argomenti che vengono affrontati nel libro?
Il tema principale è la malattia di Giulia, che affronto dal punto di vista di chi le sta intorno, ma anche dal suo, con alcuni capitoli scritti in prima persona. Quello di Giulia è un viaggio che fa una lunga tappa nella negazione, ma che poi si evolve in altro. Inoltre è un libro contro la violenza. Dara, in crisi col suo matrimonio, vorrebbe supporto dai suoi amici, invece viene caricata anche dei loro problemi. Bepi, lasciato dalla moglie, sfoga la sua rabbia con un turpiloquio che non gli si addice; Simona, sposata la causa animalista, si fa coinvolgere da azioni estreme. Dara è estremamente vulnerabile di fronte a questi atteggiamenti aggressivi, perché ha vissuto la violenza del padre alcolizzato e di un ex fidanzato possessivo.
Tra i vari temi trattati ci proponi anche l’estemismo animalista, in particolare con un episodio che accadde alla Sagra delle rane di Villastellone. Cosa accadde?
Simona è diventata vegana, e fin qui tutto bene. Il problema nasce quando l’approccio verso la causa animalista diventa estremo. Infatti in un capitolo Simona annuncia di voler prendere parte a una manifestazione di protesta contro la Sagra delle Rane di Villastellone. La protesta nel 2014 ci fu per davvero: un gruppo di animalisti si presentò laddove le rane dovevano essere fatte saltare in una piazza e boicottò la manifestazione. Gli organizzatori riuscirono a smussare il clima di tensione che si era instaurato solo rinunciando alla gara delle rane, perché gli animalisti avevano casse piene di pile in macchina e le volevano tirarle addosso alla gente. Ed è questo ciò che io trovo folle: quando una causa per la vita (degli animali, nella fattispecie) diventa pretesto per sfogare rabbia, frustrazione e livore contro i propri simili.
I protagonisti vivono principalmente a Torino ed hai voluto inserire spazi precisi che molti riconosceranno. Sono luoghi a cui sei particolarmente legata?
Sono legata a Torino in generale: alla sua eleganza, ai suoi viali larghi, alle sue colline. E’ sempre un piacere usarla come scenografia.
Andrea è un cantante a cui un talent televisivo cambia (o dovrebbe cambiare) la vita professionale. C’è anche questo aspetto del mondo di oggi nel tuo romanzo…
Andrea è un bravo musicista che a un certo punto prova a dare una sterzata alla sua carriera come concorrente di un innominato talent. Ma presto si accorge che per sguazzare in certi meccanismi televisivi bisogna avere un carattere che lui non ha. Andrea regge male la tensione, patisce i giudizi degli esperti e del pubblico, e la prospettiva di dover tenere concerti impegnativi lo manda in crisi. Io credo che chi si cimenta nella carriera di cantante a certi livelli debba non solo avere una bella voce e proporre musica apprezzabile: deve anche avere una gran dose di energia e di freddezza. Non deve andare in tilt all’idea che se, quella sera 8, 80, 800, 8.000, 80.000 persone hanno pagato il biglietto per vederlo, lui su quel palco ci deve salire e deve garantire la sua performance, anche se è stanco o ha mal di pancia. In campo musicale, al netto di altri fattori, sfonda chi ha carattere e Andrea, sensibile e romantico com’è, quel carattere non ce l’ha. Come tanti altri, del resto. Questo è uno dei motivi per cui non tutti coloro hanno preso parte a un talent dopo riescono a fare carriera.
Ci hai abituato a lunghe saghe. Dara e Andrea avranno nuove avventure?
No e non ne prevedo. La storia di Dara e Andrea si chiude qui, anche se in un libro che ho ancora nel cassetto compaiono come cameo e il lettore capirà come il loro rapporto si è evoluto a distanza di quattro anni.
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