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Cultura

Ezio Bosso – la musica si fa insieme, intervista con Salvatore Coccoluto

Gabriele Farina

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Ezio Bosso, musicista totale (dagli Statuto alla direzione delle più grandi orchestre al mondo), torinese e mod nell’animo, anche quando la vita lo ha portato lontano nel mondo. Da poco (e troppo presto) scomparso, viene raccontato con passione e precisione da Salvatore Coccoluto in Ezio Bosso – la musica si fa insieme, Diarkos.

Partendo da Torino, anzi inevitabilmente da piazza Statuto, Coccoluto racconta Bosso attraverso i suoi amici, i suoi collaboratori, gli artisti con cui ha lavorato (e sono tantissimi perchè “la musica si fa insieme”). Trovate la recensione completa del libro sul mio blog. Qui di seguito invece l’intervista con Salvatore Coccoluto.

Un libro che racconta Ezio Bosso era a mio avviso necessario, perchè in tanti, troppi, ne conoscono il nome ma non la storia. E’ questo il motivo della riedizione?

Hai colto nel segno: nel 2016 lo scrissi con l’intento di raccontare il percorso artistico che aveva caratterizzato la carriera di Bosso fino a quel momento. In pochi conoscevano quanto fosse stato prolifico. Adesso è stato ripubblicato con gli aggiornamenti degli ultimi anni. Il mio libro era e resta un omaggio alla sua arte.

Bosso ha unito la musica popolare con la musica “alta” come pochi altri artisti. Questa è una delle sue doti principali?

Certamente! Nella sua carriera Bosso ha incontrato il rock e la musica elettronica, il rap e il blues, il folk e il jazz, intrecciando collaborazioni, nelle vesti di compositore e arrangiatore, con Pino Daniele e Billy Corgan, voce degli Smashing Pumpkins, con il pianista argentino Gustavo Beytelmann, i Dj Alessio Bertallot e Gruff, con i rapper Lucariello e Tai Otoshi. Insomma, non ha mai temuto la contaminazione musicale e il dialogo con la musica popolare.

Altra forza di Bosso è la capacità di comunicare, di raccontare, con la forza della sua musica e del suo sorriso. Ci racconti questo aspetto della sua arte?

Credo che l’emblema delle sue grandi doti comunicative sia la trasmissione televisiva “Che storia è la musica”, in cui ha dimostrato di essere un grande divulgatore di arte e di cultura, coniugando il linguaggio televisivo con quello più complesso e articolato della musica classica.

Il cuore del libro è però nel sottotitolo “La musica si fa insieme”. La collaborazione e la contaminazione (classica, cinema, teatro, balletto, camea…) sono alla base della musica di Bosso?

Sono convinto che la collaborazione e la contaminazione siano stati tasselli importanti nella storia musicale di Bosso. Questo suo dialogo con il cinema, per il quale scrisse colonne sonore straordinarie come quella del film “Io non ho paura”, con il teatro e la danza, che lo portò a lavorare con nomi del calibro di Bonachela, credo che abbia fortemente contribuito a farne il grande artista che abbiamo conosciuto.

Ezio Bosso e Torino. Ci racconti il suo rapporto con la città?

Bosso era nato e cresciuto a Torino. Era la città in cui aveva mosso i suoi primi passi da musicista. Ancora adolescente aveva suonato con gli Statuto e collaborato con altri artisti torinesi. Quindi era il luogo in cui ritrovava le sue origini, frammenti importanti della sua esistenza. Basti pensare che aveva poi donato all’Opera Barolo il suo pianoforte Gran Coda Blüthner, e periodicamente, sempre a Palazzo Barolo, metteva a disposizione dei giovani musicisti la sua esperienza, ascoltando le loro composizioni e dispensando consigli. Insomma, un legame con la città mai sopito.

Il Maestro è inoltre un esempio di coraggio e di forza. La malattia, che avrebbe potuto spingerlo ad abbandonare la musica, è invece diventata un’arma in più per raccontare la sua arte…

L’unica cosa che mi sento di dire al riguardo è che Bosso ha trasmesso energia, entusiasmo e coraggio a tante persone.

In chiusura: ci dai un motivo in più perchè è buona cosa leggere il tuo libro?

Per conoscere la vastità dell’arte di Ezio Bosso.

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