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L’Asl Cn1 apre un’inchiesta per il caso del medico Renata Gili, con sintomi di COVID-19 ma obbligata a lavorare

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Domenica 26 aprile, durante il programma condotto da Fabio Fazio ‘Che tempo che fa’ in onda su Rai2 è intervenuto il dottor Roberto Burioni che ha voluto portare la testimonianza di una giovane dottoressa dell’Asl Cn1. Renata Gili è un medico sul territorio, a contatto diretto ogni giorno con decine di persone, spesso anziane e già malate.

Il 9 marzo Gili si accorge di avere i sintomi tipici del COVID-19: febbre, mal di gola, perdita dell’olfatto e del gusto, perciò avvisa l’ufficio di igiene per farsi esonerare dal lavoro, ma la risposta è stata di rimanere a casa e riprendere appena fosse andata via la febbre. Gili comunque spostando i turni è riuscita ad autoimporsi 14 giorni di quarantena.

Consapevole del rischio di contagiare colleghi e pazienti Gili ha insistito e ottenuto il 20 marzo il tampone per la ricerca del Sars-CoV-2, il cui risultato sarebbe arrivato quattro giorni dopo. Nel mentre il 23 marzo è quindi tornata al lavoro in centrale operativa, restando 12 ore in una stanza chiusa con molti colleghi e consapevole del rischio che stava facendo correre loro. Il 24 il tampone è risultato positivo e finora a più di un mese di distanza lo è ancora. Come la dottoressa Gili, molti suoi colleghi hanno ricevuto le indicazioni della medicina del lavoro e dei servizi d’igiene territoriali, di tornare al lavoro appena passata la febbre.

L’Asl Cn1, data la testimonianza, ha deciso di aprire un’inchiesta interna per capire cosa è successo. Sicuramente all’inizio dell’epidemia si è deciso di seguire le indicazioni ministeriali di fare tamponi solo a chi ha avuto contatto con pazienti COVID-19, escludendo quelli, pure con i sintomi che non sono stati a contatto, ma è chiaro che la situazione doveva essere diversa per il personale sanitario, più a rischio di contagio rispetto alla popolazione generale.

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