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Alessandria: chirurgo dimentica il catetere nel braccio del paziente ma arriva la prescrizione del reato

Pantaleo Romano

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Sono passati più di 10 anni anni da quando l’uomo, un alessandrino, fu sottoposto ad un intervento chirurgico in seguito ad una caduta.

L’alessandrino dopo l’intervento, che andò bene, iniziò a sentire dei forti dolori al braccio destro subito dopo l’intervento all’omero in seguito ad una caduta. Per mesi il dolore non passava e a nulla servivano i farmaci. La verità giunse quando l’uomo decise di sottoporsi ad una Tac.

Fu durante quella Tac che emerse la causa di suoi dolori: un catetere di drenaggio di circa 30 cm dimenticato nel braccio. Una seconda operazione lo liberò dal catetere e dal dolore continuo che provava.

Il paziente fu così intenzionato a passare alle vie legali e denunciò per lesioni colpose il chirurgo .
Da quel giorno partì una lunga causa che arriva fino alla prescrizione del processo.

Nel 2010 i difensori dell’uomo presentarono un esposto in procura per il quale vennero indagate 8 persone. Il chirurgo fu però l’unico imputato del processo.

Stefano Mazzianari, consulente della procura, ha ricostruito la cronologia dei fatti. L’intervento era avvenuto il 16 ottobre 2009 e nei giorni successivi il Chirurgo aveva riscontrato una certa difficoltà ad estrarre il catetere di drenaggio. Il medico, nel dubbio che fosse rimasto un pezzo di catetere nel braccio predispose una radiografia che tuttavia non evidenziò nulla. Su queste basi si fonda la difesa del medico: «Il chirurgo non ha responsabilità, perché il radiologo, cui chiese di verificare se era rimasto qualche residuo del catetere, non lo evidenziò. E sulla lastra non si vedeva» dichiara il difensore del medico.

Di altro avviso sono gli avvocati della difesa: «In modo tenue, ma si vedeva», i quali hanno poi chiesto il risarcimento per i dolori subiti dal loro assistito, dolori che gli impedivano anche di lavorare.

Il giudice di pace aveva condannato il medico per lesioni colpose a 200 euro di multa e stimato il danno in 2900 euro.

Nonostante la prescrizione del reato avvenuta poco tempo dopo la sentenza di primo grado, l’avvocato della difesa aveva ugualmente impugnato il verdetto per ottenere l’assoluzione piena, convinto dell’innocenza del chirurgo. Successivamente però neppure il giudice d’appello, Antonio Marozzo, ha ritenuto che ci fosse l’assoluta certezza della prova di innocenza e per queste ragioni si è limitato ad applicare la prescrizione.

Ora il processo è concluso e sarà versato il risarcimento di 2900 euro al paziente, il quale tuttavia non lo ritiene adeguato ai patimenti sopportati e per questa ragione i suoi legali intendono avviare una causa civile per ottenere un indennizzo maggiore.

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